Notifiche a mezzo PEC: incostituzionale il limite delle ore 21.00 – Nota a Corte Costituzionale, sentenza 9 aprile 2019, n. 75

di Chiara Imbrosciano
Formatore PCT ed esperta in informatica giudiziaria applicata.

Con sentenza n. 75/2019, depositata in data 9 aprile 2019, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 16-septies del D.L. n. 179/2012 (conv. in L. n. 221/2012) “nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta”.
La pronuncia è densa di conseguenze pratico-applicative, considerato il consolidato orientamento della Corte di Cassazione che si è sempre espressa nel senso opposto, ritenendo tardiva la notifica eseguita via PEC dopo le ore 21.00 del giorno di scadenza del termine.
L’articolo muove pertanto dall’analisi del previgente quadro normativo e giurisprudenziale per poi ripercorrere il caso delibato dalla Corte e l’iter motivazionale seguito, al fine di metterne in luce implicazioni e conseguenze, anche alla luce della vigente normativa in tema di deposito telematico.

 

Sommario

Introduzione – Il previgente quadro normativo e giurisprudenzialeIl casoLa decisione della Corte costituzionale

Introduzione

Con sentenza n. 75/2019, depositata in data 9 aprile 2019, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 16-septies del D.L. n. 179/2012 (conv. in L. n. 221/2012) “nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta”.

La pronuncia è particolarmente significativa perché smentisce il diritto vivente, come emergente dal consolidato orientamento della Corte di cassazione, che si è sempre espressa nel senso di ritenere tardiva la notifica eseguita dopo le ore 21.00 del giorno di scadenza. E ciò anche dopo l’ordinanza con cui la Corte di Appello di Milano, già nel 2017, aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale del sopra citato art. 16-septies.

Il previgente quadro normativo e giurisprudenziale

L’articolo 16-septies è stato introdotto dalla L. n. 114/2014 di conversione del D.L. n. 90/2014 allo scopo – emergente dai lavori parlamentari – di estendere alle notifiche a mezzo PEC la fascia di orario dettata dall’art. 147 c.p.c. per le notificazioni effettuate tramite ufficiale giudiziario, con la precisazione, espressamente prevista dall’art. 16-septies, che la notifica, se eseguita dopo le ore 21.00, deve considerarsi perfezionata alle ore 7 del giorno successivo.

Per la definizione del momento in cui la notifica via PEC può dirsi eseguita, deve farsi riferimento all’art. 3-bis, co. 3, L. n. 53/1994, secondo cui la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione e per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna.

Nessun dubbio, pertanto, che deve considerarsi tempestiva la notifica eseguita l’ultimo giorno utile con ricevuta di accettazione generata prima delle ore 21.00, essendo pacificamente irrilevante l’orario di generazione della ricevuta di avvenuta consegna.

Controversa era invece la sorte della notifica eseguita via PEC dopo le ore 21.00, laddove entrambe le ricevute – di accettazione e di avvenuta consegna – fossero state generate dopo il limite di orario fissato dall’art. 147 c.p.c. (e richiamato dall’art. 16-septies D.L. 179/2012).

La questione era stata risolta da alcuni giudici di merito (si veda, ad es., App. Firenze 26 gennaio 2017 n. 189) nel senso di ritenere applicabile, anche alle notifiche a mezzo PEC, il principio di scissione soggettiva degli effetti della notifica, interpretando l’art. 16-septies, laddove prevede che la notificazione “si considera perfezionata alle ore 7.00 del giorno successivo” come riferita al solo destinatario. In questa chiave logica, veniva propugnata una lettura dell’art. 16-septies coerente con il principio scissionistico e idonea a tutelare sia il diritto di difesa del notificante, cui viene riconosciuto l’intero termine a sua disposizione (fino alla mezzanotte del giorno di scadenza), sia la sfera del destinatario, in capo al quale gli effetti si producono alle ore 7.00 del giorno successivo.

Tale interpretazione è stata considerata dalla giurisprudenza di legittimità in contrasto con il tenore letterale dell’art. 16-septies, sulla cui base la Corte di Cassazione, in plurime e univoche pronunce (si veda, ad es., ord. 21 marzo 2018 n. 7079), ha dichiarato inammissibile, perché intempestivo, il ricorso per Cassazione notificato a mezzo PEC l’ultimo giorno utile, sul presupposto che la notifica, la cui ricevuta di accettazione sia stata generata dopo le ore 21.00, deve considerarsi perfezionata, tanto per il destinatario quanto per il notificante, alle ore 7.00 del giorno successivo.

Il caso

Il caso, sottoposto all’attenzione della Corte Costituzionale, ha riguardato l’ammissibilità dell’appello notificato a mezzo PEC con ricevuta di accettazione generata dopo le ore 21.00 (ma entro la mezzanotte) del giorno di scadenza del termine per impugnare. Al fine di decidere l’eccezione di tardività del gravame, la Corte di Appello di Milano, con ordinanza del 16 ottobre 2017, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16-septies, nella parte in cui prevede che “la disposizione dell’art. 147 c.p.c. si applica anche alle notificazioni eseguite con modalità telematiche. Quando è eseguita dopo le ore 21, la notificazione si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo”.

Secondo i giudici milanesi tale norma contrasterebbe:

– sia con l’art. 3 cost. trattando in modo eguale situazioni differenti, essendo l’art. 147 c.p.c. destinato a tutelare un bene giuridico che, nel caso della PEC, o non viene in gioco, non essendo configurabile alcuna lesione del diritto all’inviolabilità del domicilio (di cui è suscettibile il solo domicilio “fisico”) e, quand’anche venisse in gioco, non sarebbe comunque efficacemente tutelato dall’art. 147 c.p.c. che non permette al destinatario, il cui riposo venisse leso, di bloccare la ricezione del messaggio PEC (che, per le caratteristiche proprie della posta elettronica certificata, non può essere rifiutato);

– sia con gli artt. 24 e 111 cost., violando il diritto del notificante di difendersi sfruttando per intero il limite giornaliero che gli viene riconosciuto dalla legge e che è stato pure sancito dalle Sezioni Unite (Cass., SS. UU., 9 dicembre 2015 n. 24822).

Un’interpretazione costituzionalmente orientata – continua la Corte d’Appello – nascerebbe dal coordinamento della norma in esame con il principio di scissione soggettiva. In tal modo gli effetti della notifica effettuata dopo le ore 21.00 (ma prima delle ore 24.00) si produrrebbero nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna in capo al notificante (che potrebbe notificare fino alla mezzanotte del giorno della scadenza) e alle ore 7.00 del giorno successivo in capo al notificato (che non avrebbe l’onere di controllare la propria PEC nelle ore notturne).

La Corte d’Appello aveva però escluso la possibilità di procedere autonomamente a tale interpretazione, che, alla luce del previgente quadro normativo e giurisprudenziale, di cui abbiamo sopra riferito, avrebbe comportato di fatto un’abrogazione della norma, come interpretata dal diritto vivente.

 La decisione della Corte costituzionale

All’esito dell’udienza di discussione tenutasi il 19 marzo u.s., la Corte Costituzionale, con sentenza depositata in data 9 aprile, ha ritenuto fondata la questione di legittimità sollevata dalla Corte di appello di Milano.

In particolare, rigettate le eccezioni di inammissibilità della questione, la Corte ha ritenuto l’art. 16-septies irragionevolmente lesivo del diritto di difesa del notificante in quanto:

– impedisce al difensore di sfruttare appieno il termine che l’art. 155 c.p.c. computa a giorni,

– viola l’affidamento del notificante “nelle potenzialità tutte del sistema tecnologico (che lo stesso legislatore ha ingenerato immettendo tale sistema nel circuito del processo)”.

A quest’ultimo riguardo, la Corte, con un’argomentazione senz’altro convincente, compara il limite previsto dall’art. 16-septies con la disciplina del deposito telematico che, ai sensi dell’art. 16 bis D.L. 179/2012, è tempestivo se la ricevuta di avvenuta consegna è generata “entro la fine del giorno di scadenza”. Paragone che – aggiungiamo – risulta ulteriormente rafforzato dal fatto che proprio tale norma è, a sua volta, il risultato di un’analoga evoluzione – culturale, prima che legislativa – che ha condotto al superamento del limite delle ore 14.00, inizialmente previsto per il deposito telematico.

Né può dirsi che tale vulnus corrisponda alla necessità di tutelare il diritto al riposo del destinatario. Esigenza che è adeguatamente tutelata con il differimento – per il solo destinatario – degli effetti della notifica alle ore 7.00 del giorno successivo. È questa la via seguita dalla Corte per ricondurre a legittimità l’art. 16-septies che viene dichiarato incostituzionale limitatamente alla parte in cui prevede che la notifica eseguita a mezzo PEC l’ultimo giorno utile (con ricevuta di accettazione generata dopo le ore 21.00 e entro le ore 24.00 del giorno di scadenza) si perfezioni per il notificante alle ore 7.00 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta.

La pronuncia della Corte costituzionale ha pertanto il pregio di uniformare la disciplina delle notifiche in proprio a mezzo PEC a quella del deposito telematico, con la conseguenza che deve considerarsi tempestiva la notifica eseguita via PEC l’ultimo giorno utile, all’unica condizione che la ricevuta di accettazione del messaggio PEC di notifica venga generata entro la fine del giorno di scadenza del termine.