Giugno 2016

Interruzione sistemi Giustizia Civile per installazione modifiche evolutive ed aggiornamento XSD

 

Con circolare del 16 giugno 2016, il Ministero della Giustizia ha comunicato che, al fine di consentire l’aggiornamento con le ultime modifiche evolutive, i sistemi della Giustizia Civile saranno interrotti:

presso gli uffici del distretto della Corte d’Appello di Milano, a partire dalle ore 15,30 del 17 giugno 2016 e sino alle ore 8,00 del 20 giugno;

presso gli altri uffici giudiziari, a partire dalle ore 15,30 dell’ 1 luglio e sino alle ore 8,00 del giorno 4 luglio.

Durante il periodo di interruzione non saranno disponibili i servizi di consultazione dei registri, sarà in ogni caso possibile per gli utenti esterni effettuare il deposito telematico degli atti presso gli uffici giudiziari interessati, salvo il ritardo nella ricezione dell’esito dei controlli automatici di cancelleria.

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Aggiornamento “Giurisprudenza” 15 giugno 2016

La sezione “Giurisprudenza” è stata aggiornata con l’inserimento dei seguenti provvedimenti:

Deposito per via telematica – Esito controlli automatici – Errore “imprevisto” – Segnalazione – Difetto di specificità (necessità di verifiche da parte dell’ufficio ricevente) – Istanza di rimessione in termini – Accoglimento

Ricorso per cassazione – Notifica via PEC – Termine annuale – Notifica effettuata dopo le ore 21 – Perfezionamento – Ore 7 del giorno successivo – Scissione del momento perfezionativo per il notificante e per il destinatario – Non applicabile

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Trib. Milano, sent. 3 febbraio 2016 n. 1432 (Pres. Servetti, est. Muscio)

 

ATTENZIONE
L’attività redazionale di anonimizzazione e di pubblicazione in un formato accessibile dei testi dei provvedimenti richiede un impegno notevole. I provvedimenti sono pubblici e possono essere liberamente riprodotti: qualora vengano estrapolati dal presente sito, si prega di citare quale fonte www.processociviletelematico.it
 
 
Omissis

Le questioni preliminari

Quanto alla richiesta verbalizzata dalla difesa A all’udienza del 28.10.2015, osserva il Collegio che le deduzioni, per quanto impropriamente inserite da parte attrice nel corpo della precisazione delle conclusioni, costituiscono considerazioni difensive sulla produzione documentale di parte convenuta, effettuata con nota del 6.10.2015 in esecuzione dell’ordine ex art. 210 c.p.c, che la difesa B ha tempestivamente, cioè nel primo momento per lei utile, formulato, evidenziandone l’incompletezza nella sua prospettiva.

In relazione ad esse la difesa A ha ampiamente argomentato la propria posizione e le proprie ragioni nella comparsa conclusionale, esercitando a pieno il suo diritto di difesa.

 

Quanto alla richiesta di dichiarare l’inammissibilità della comparsa conclusionale di parte convenuta, avanzata dalla difesa B nella sua memoria di replica sul presupposto che l’atto avversario, depositato in via telematica, non rispetti i requisiti richiesti dalle norme tecniche, non essendo un documento PDF, ma uno scanner di immagine, ritiene il Tribunale che non possa essere accolta sulla base delle seguenti considerazioni.

La disciplina del processo civile telematico, dettata dal legislatore con una normativa primaria e secondaria che continua a succedersi nel tempo in modo ben poco coordinato non solo tra i vari interventi, ma anche con l’impianto codicistico, pone questioni interpretative che vanno affrontate e risolte, ad avviso del Tribunale, cercando di contemperare, per quanto non espressamente previsto, la normativa stessa e le esigenze ad essa sottese con le norme del codice di procedura civile e con i principi più generali dell’ordinamento processuale civilistico che da esse si ricavano.

Ora l’art. 11 del DM 44/2011 e l’art. 12 del DM 16 aprile 2014 hanno dettato le cosiddette regole tecniche relative alle caratteristiche di forma che l’atto processuale informatico deve avere per essere depositato telematicamente.

Stabiliscono, in particolare, che “L’atto del processo in forma di documento informatico, da depositare telematicamente all’ufficio giudiziario, rispetta i seguenti requisiti:

a) è in formato PDF;

b) è privo di elementi attivi;

c) è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini;

d) è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata esterna secondo la struttura riportata ai commi seguenti;

e) è corredato da un file in formato XML, che contiene le informazioni strutturate nonché tutte le informazioni della nota di iscrizione a ruolo, e che rispetta gli XSD riportati nell’Allegato 5; esso è denominato DatiAtto.xml ed è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata”.

Ciò significa che l’atto non potrà mai essere costituito dalla scansione di un atto originariamente cartaceo, bensì dovrà consistere necessariamente in un atto nativo digitale, ossia un documento .pdf testuale e non un documento .pdf immagine.

Nessuna sanzione in caso di inosservanza delle suddette regole tecniche è stata, però, ad oggi prevista dalla normativa primaria di riferimento e di conseguenza dalla normativa secondaria.

Ciò premesso, questo Tribunale, pur consapevole di altri diversi indirizzi assunti dalla giurisprudenza di merito, invocata dalla difesa dell’attrice, che affermano l’inammissibilità dell’atto che non ha i requisiti tecnici richiesti (Tribunale Roma ordinanza 13.7.2014 est Castaldo) o la sua nullità, sanabile sulla base del principio del raggiungimento dello scopo (Tribunale Livorno Ordinanza 25 luglio 2014 est. Pastorelli) o addirittura non sanabile (Tribunale Reggio Calabria ordinanza 18.2.2015 est Genovese), a seconda della funzione che viene attribuita all’atto processuale, ritiene che, in mancanza di una sanzione processuale qualificata dal legislatore, l’inosservanza della normativa tecnica costituisca una mera irregolarità.

Ciò in applicazione del principio consolidato affermato in più occasioni dalla Suprema Corte in relazione a fattispecie diverse, ma accumunate dalla mancanza del rispetto di forme processuali non espressamente sanzionate secondo cui il deposito irrituale di un atto processuale dà luogo ad una mera irregolarità sanabile per effetto della successiva regolarizzazione o in ogni caso per effetto del raggiungimento dello scopo (confr. da ultimo Cass. Sez. I 20.7.2015 n. 15130, Cass. Sez. II 2.3.2015 n. 4163, Sez. Unite 4.3.2009 n. 5160).

Sulla necessità poi che la suddetta irregolarità venga superata attraverso un ordine del giudice che imponga di ridepositare l’atto che abbia le necessarie caratteristiche tecniche, sono poi opportune ulteriori considerazioni dirette a bilanciare le esigenze c.d. informatiche e la necessità che le stesse vengano rispettate con i principi processuali di rango anche costituzionale che non possono essere alle stesse subordinate, in mancanza di norme di legge primaria che in tal senso dispongano.

Lo scopo dell’atto processuale, ancorchè telematico, è e rimane, infatti, ad avviso di questo Tribunale, quello di consentire lo svolgimento del processo e l’esercizio del diritto di difesa e, quindi, deve ritenersi raggiunto tutte le volte in cui l’atto perviene a conoscenza del Giudice e della controparte; ciò accade una volta che l’atto depositato telematicamente, anche se non rispondente alle norme tecniche, viene accettato dalla cancelleria e inserito dal sistema nel fascicolo processuale telematico.

E’, infatti, visibile e leggibile dal Giudice e dalle parti ed ha, quindi, certamente raggiunto il suo scopo primario.

La funzione propria e primaria delle regole tecniche è, a giudizio del Collegio, quella di assicurare la gestione informatica dei sistemi del PCT e non tanto e non solo quella di garantire la navigabilità degli atti da parte del Giudice e delle parti, come pure sostenuto da una parte della giurisprudenza di merito sopra citata.

Si impone, quindi, certamente la necessità di una regolarizzazione dell’atto depositato telematicamente che non rispetta la normativa tecnica attraverso un ordine del Giudice, in analogia a tutte le ulteriori ipotesi previste dal codice di procedura civile in cui si consente la regolarizzazione (ad esempio la disciplina di cui all’art. 182 c.p.c), proprio al fine di assicurare una corretta implementazione del fascicolo informatico e del funzionamento del sistema del PCT, tutte le volte in cui la regolarizzazione consente contemporaneamente la prosecuzione del giudizio, non essendovi alcuna lesione del diritto di difesa, dato che l’atto è comunque già disponibile alla parte e tenendo conto, però, che le esigenze e le necessità dello strumento informatico non possono pregiudicare, in assenza di una norma di legge, il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, tutte le volte in cui non sussiste una lesione del diritto di difesa, come ormai ripetutamente ha affermato la Suprema Corte.

Ora nel caso di specie, posto che la comparsa conclusionale di parte convenuta, pur essendo uno scanner di immagine, è stata accettata dal sistema del PCT, è inserita nel fascicolo processuale telematico, visibile al Giudice e alla parte attrice che nella memoria di replica si è puntualmente difesa nel merito delle questioni nel pieno esercizio del diritto di difesa, l’eventuale regolarizzazione del suddetto atto processuale, che imporrebbe una remissione della causa sul ruolo, comporterebbe una retrocessione del processo assolutamente non necessaria e incompatibile con il prevalente principio della ragionevole durata del processo.

In altre parole, la normativa relativa ai requisiti dell’atto informatico da depositare telematicamente non prevede una sanzione per l’ipotesi di sua violazione che costituisce, quindi, una mera irregolarità.

La stessa trova soluzione con l’invito alla parte a regolarizzare l’atto introduttivo o l’atto endoprocessuale con un nuovo deposito nel rispetto delle forme previste entro un termine concesso, consentendo tale soluzione di realizzare contemporaneamente la funzione propria della norma tecnica come sopra indicata con la prosecuzione del processo, avendo in ogni caso gli atti del processo raggiunto lo scopo loro proprio nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo.

Nel caso degli atti processuali conclusivi (comparsa conclusionale e memoria di replica), avendo come detto gli stessi raggiunto lo scopo loro proprio, essendo visibili e conoscibili dal Giudice e dalle parti cui è consentito pienamente l’esercizio del diritto di difesa, la remissione della causa sul ruolo, per consentire una regolarizzazione funzionale ad uno scopo diverso da quello primario dell’atto processuale che è consentire lo svolgimento del processo e l’esercizio del diritto di difesa, si traduce in una violazione del principio della ragionevole durata del processo inammissibile in mancanza di una esplicita statuizione normativa.

Omissis

Trib. Milano, sent. 3 febbraio 2016 n. 1432 (Pres. Servetti, est. Muscio) Leggi tutto »

Trib. Napoli, ord. 16 dicembre 2015 (est. Lupi)

 

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N. nn/aaaa Reg.Gen.Aff.Cont.

Tribunale Ordinario di Napoli

IV SEZIONE CIVILE

Il Giudice

sciogliendo la riserva;

esaminati gli atti;

rilevato che all’istanza era stato chiesto il deposito in modalità telematica del file contenente il messaggio PEC riguardante l’esito dei controlli automatici ma il medesimo ha depositato soltanto il relativo file.xml ed il testo della quarta ricevuta;

rilevato che, comunque, l’art. 153 c.p.c. consente la rimessione in termini qualora l’istante dimostri di essere in corso in una decadenza al medesimo non imputabile; considerato che nella fattispecie l’inosservanza del termine perentorio per il deposito della seconda memoria istruttoria, fissato all’8 settembre 2015, è stato determinato da un errore del depositante nell’indicazione del numero di ruolo del fascicolo in cui l’atto doveva essere inserito, 3577/aa invece di 3557/aa, e che tale errore era riconoscibile da parte del mittente già pochi minuti dopo il deposito quando è pervenuta la terza ricevuta PEC contenente gli esiti dei cd. controlli automatizzati previsti dall’art. 13, co. 7, del DM 44/2011 e dall’art. 14 del Provv. Resp. S.I.A. del 16 aprile 2014 nei quali si evidenziava “Numero di ruolo non valido: il mittente non ha accesso al fascicolo. Sono necessarie verifiche da parte della cancelleria”;

considerato che stesso la sera del 7 settembre 2015 (ma anche durante il giorno seguente) il mittente avrebbe potuto ancora tempestivamente ridepositare la memoria ed in suoi allegati se solo avesse controllato che il numero di ruolo del fascicolo, come emergenti dallo stesso testo del file.xml del terzo messaggio PEC che l’istante ha ritenuto di inserire nell’istanza in esame, non era quello del fascicolo in cui il predetto era costituito;

rilevato che dal predetto testo che qui di seguito riportato emerge nella parte centrale del testo il numero di ruolo indicato in 3577/aa (e non 3557/aa) mentre è irrilevante l’oggetto del messaggio nel quale, dopo le parole obbligatorie “DEPOSITO_” così come prescrive l’allegato 6 del Provv. 16 aprile 2014 già citato, è previsto un testo a campo libero che non implementa i sistemi a differenza degli altri dati che si leggono nel testo del file .xml;

ritenuto che nella fattispecie non possa trovare applicazione l’art. 153 c.p.c. poiché, pur volendo ritenere che il cancelliere avrebbe dovuto subito rifiutare l’atto già nella mattina del giorno 8 settembre 2015 e non il giorno 14 settembre così consentendo all’istante di avere conoscenza del suo errore e di avere la possibilità di ripetere tempestivamente il deposito, l’inosservanza del termine perentorio è comunque attribuibile in parte anche al medesimo mittente che non solo ha indicato un numero diverso ma non si è neppure attivato per i necessari controlli sui propri applicativi per comprendere le cause della segnalazione della mancanza di legittimazione all’accesso in quel fascicolo evidenziata nel terza ricevuta PEC;

ritenuto, pertanto, che non possa ritenersi ricorrente nella fattispecie l’ipotesi della non imputabilità al mittente della causa che ha determinato la decadenza;

ritenuta la causa matura per la decisione in mancanza dell’indicazione dei testimoni da escutere sui capitoli articolati già in citazione;

visti gli artt. 153 e 186 c.p.c.

P.Q.M.

rigetta l’istanza di rimessione in termini.

Rinvia per la precisazione delle conclusioni all’udienza del ***, ora di rito.

Si comunichi alle parti.

Napoli, 16/12/2015.

Il Giudice

(dott. Pietro Lupi)

 

L’originale di questo provvedimento è un documento informatico sottoscritto con firma digitale (artt. 1, lett. s, 21 e 24 D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82) e depositato telematicamente nel fascicolo informatico ai sensi degli artt. 15 e 35, co. I, D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, come modificato dal D.M. 15 ottobre 2012 n. 209.

 

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Trib. Lodi, ord. 4 marzo 2016 (est. Dazzi)

 

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N. R.G. aa/nnnn

TRIBUNALE ORDINARIO DI LODI

SEZIONE PRIMA CIVILE

Il Giudice dott. Damiano Dazzi,

a scioglimento della riserva assunta all’odierna udienza del 04.03.2016

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

Osservato:

– che nelle more del processo è intervenuto il Fallimento di *** S.p.a in liquidazione, dichiarato con sentenza del Tribunale di Lodi depositata in Cancelleria il 07.04.2015; ne è derivata l’automatica interruzione dei processo ex art. 43, L. Fall ;

– che il Comune di ***, con ricorso in formato cartaceo depositato in Cancelleria in data 29.06.2015, ha riassunto il processo interrotto;

– che detto ricorso in riassunzione ex art. 303 c.p.c., depositato in cancelleria in formato cartaceo, deve essere dichiarato inammissibile, atteso che, per sua natura, l’atto di riassunzione non è un atto introduttivo, ma riguarda una parte già precedentemente costituita, cosicché l’atto di riassunzione avrebbe dovuto essere depositato con modalità telematiche, rientrando appunto tra gli atti da depositare esclusivamente con modalità telematiche ai sensi dell’art. 16 bis del DL 179/2012 (“… a decorrere dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche …. ” (in tal senso, cfr. Trib. Torino Ord. 26/03/2015);

– che, pertanto, è decorso il termine perentorio di tre mesi (comprensivo di sospensione feriale) previsto dall’art, 305 c.p.c. senza che sia stato depositato, con modalità telematiche, il ricorso in riassunzione;

– che, a prescindere dalle eccezioni sollevate sul punto all’odierna udienza, per la dichiarazione di estinzione non è necessaria l’eccezione di parte, che si riteneva invece indispensabile nel regime previgente alla L. 18.6.2009 n. 69, ma la stessa è comunque rilevabile d’ufficio dal Giudice;

Ritenuto quindi

che sussistono i presupposti per dichiarare l’estinzione del processo ai sensi degli artt. 307-308 c.p.c.;

che le spese del processo estinto restano a carico di chi ebbe ad anticiparle;

P.Q.M.

o visti gli artt. 307-308 c.p.c., dichiara l’estinzione del processo;

o dà atto che le spese del processo estinto restano a carico di chi ebbe ad anticiparle.

Si comunichi.

Lodi, 4 marzo 2016

Il Giudice

Dott. Damiano Dazzi

Trib. Lodi, ord. 4 marzo 2016 (est. Dazzi) Leggi tutto »