Cass., sez. VI-L, ord. 5 aprile 2019 n. 9562 (Pres. Doronzo, rel. Esposito)

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Impugnazioni – Notifiche a mezzo PEC – Notifica dell’atto di appello – Notifica a difensore costituito in primo grado – Cessazione del rapporto di impiego del difensore (INPS) – Rinnovazione – Notifica a mezzo PEC all’INPS – Invio all’indirizzo risultante dal ReGIndE – Mancata indicazione – Inammissibilità

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE – L

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADRIANA DORONZO – Presidente –

Dott. LUCIA ESPOSITO – Rel. Consigliere –

Dott. GIULIO FERNANDES – Consigliere –

Dott. PAOLA GHINOY – Consigliere –

Dott. LUIGI CAVALLARO – Consigliere –

Ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso NN-AA proposto da:

C. F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati O. L., P. S.;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, ***, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati A. C., V. T., V. S.;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1410/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 14/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/12/2018 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA ESPOSITO.

RILEVATO CHE

Il Tribunale di Bari accoglieva l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dall’Inps nei confronti di C. F.;

la Corte d’appello di Bari, adita a seguito di impugnazione del C., dopo aver disposto il rinnovo della notificazione dell’atto all’Inps presso la sede legale in Roma, a seguito dell’accertata notifica dell’atto d’impugnazione al difensore costituito per l’Istituto in primo grado che era cessato dal rapporto di impiego, dichiarava inammissibile l’impugnazione perché l’appellante aveva rinotificato l’atto presso la sede dell’Inps di Bari;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione C. F. con tre motivi;

l’Inps resiste con controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

CONSIDERATO CHE

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 301 c.1 c.p.c., rilevando che la Corte d’appello avrebbe dovuto applicare quanto disposto nell’art. 301 c.p.c. e dichiarare il processo interrotto;

con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 85, 291 c. 1 e 330 c.p.c., specificamente: 1) in relazione all’art. 85 c.p.c., poiché l’ordinanza con cui era stata disposta la rinotifica doveva ritenersi viziata, non essendovi traccia della cancellazione dall’albo del difensore in primo grado 2) in relazione all’art. 330 c.p.c., poiché l’atto doveva essere ritenuto validamente notificato al domicilio eletto per il giudizio, e ciò sia in caso di persistenza che in caso di perdita dello ius postulandi 3) in relazione all’art. 291 c.p.c., poiché era stata effettuata validamente anche la rinotifica all’Inps di Roma a mezzo pec;

con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., perché era stata omesso l’esame della domanda nel merito in ragione della pronunciata inammissibilità;

il primo motivo di ricorso è inammissibile, poiché ogni questione attinente alle condizioni che avrebbero legittimato l’interruzione del processo risultano superate in ragione della intervenuta concessione di nuovo termine per la notifica;

in ordine al secondo motivo, quanto ai profili sub 1 e 2, oltre a valere il rilievo esposto con riferimento al primo motivo, si evidenzia la carenza di specificità, in mancanza di adeguata allegazione e trascrizione in termini di autosufficienza, specificamente con riferimento alla documentazione da cui risulti l’asserita iscrizione all’albo del difensore costituito per l’Istituto nel giudizio di primo grado (Cass. n. 5478 del 07/03/2018);

in relazione al terzo profilo, va rilevata la carenza di specificità in relazione alla presunta valida notifica mediante PEC, poiché non è stato dedotto che l’indirizzo al quale è stata inviata la notifica sia quello risultante dal Registro Generale degli indirizzi elettronici (ReGindE), né è stata prodotta copia di detto registro (si veda Cass. n. 11574 del 11/05/2018: <In tema di notificazione a mezzo PEC, ai sensi del combinato disposto dell’art. 149 bis c.p.c. e dell’art. 16 ter del d.l. n. 179 del 2012, introdotto dalla legge di conversione n. 221 del 2012, l’indirizzo del destinatario al quale va trasmessa la copia informatica dell’atto è, per i soggetti i cui recapiti sono inseriti nel Registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia (Reginde), unicamente quello risultante da tale registro. Ne consegue, ai sensi dell’art. 160 c.p.c., la nullità della notifica eseguita presso un diverso indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario>, conforme Cass. n. 13224 del 25/05/2018), ed inoltre non risulta dimostrata la tempestività della notifica rispetto al termine concesso, tanto più che la stessa risulta effettuata il giorno in cui si è tenuta l’udienza;

il terzo motivo resta assorbito a seguito della declaratoria di inammissibilità degli altri due, risultando confermata la decisione in rito della causa, in quanto tale preclusiva della decisione nel merito;

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va dichiarato inammissibile, con liquidazione delle spese secondo soccombenza;

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 2.000,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma il 18/12/2018

Il Presidente

Adriana Doronzo