Cass., sez. I, sent. 31 agosto 2017 n. 20625 (Pres. Di Palma, rel. Falabella)

 
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Notifica a mezzo PEC – Notifica della sentenza di primo grado – Notifica effettuata prima del 15 dicembre 2013 – Ammissibile – Notifica in corso di causa – Mancanza di elementi obbligatori – Irrilevante – Raggiungimento dello scopo – Sussiste – Notifica effettuata prima del 15 maggio 2014 – Nullità – Sanabilità

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

DI PALMA SALVATORE – Presidente –

DOGLIOTTI MASSIMO – Consigliere –

GENOVESE FRANCESCO A. – Consigliere –

BISOGNI GIACINTO – Consigliere –

FALABELLA MASSIMO – Consigliere Rel. –

ha pronunciato

SENTENZA

sul ricorso NN/AA proposto da:

H. P. SPA., in persona del legale rappresentante pro tempore, e L. R., in proprio, elettivamente domiciliatiin Roma, Piazza ***, presso l’avvocatoF. C., che li rappresenta e difende unitamenteall’avvocato M. A., giusta procure in calce al ricorso;

-ricorrenti –

contro

E. I. SRL, in persona del legale rappresentantepro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dagli avvocati V. F. e R. F., giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2144/2015 della CORTE D’APPELLO di

NAPOLI, depositata il 12/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/05/2017 dal cons. FALABELLA MASSIMO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale SORRENTINO FEDERICO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato F. C. (anche per il ricorrente L. R.) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’avvocato V. F. che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. — Il Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale, con propria sentenza del 17 luglio 2013, accoglieva le domande proposte da E. I. SRL nei confronti di H. P. SPA aventi ad oggetto la declaratoria di contraffazione di un marchio comunitario, l’inibitoria alla fabbricazione, commercializzazione e vendita del prodotto contrassegnato con il marchio contraffatto, il ritiro dal commercio del prodotto stesso e il pagamento di una penale per ogni violazione o inosservanza del provvedimento adottato. Lo stesso Tribunale respingeva, poi, la domanda riconvenzionale proposta dalla società convenuta e dall’interventore R. L. diretta all’accertamento della nullità del marchio comunitario nella titolarità dell’attrice.

2. — H. P. SPA e L. proponevano appello.

in esito al giudizio di gravame, nel quale si costituiva E. I., la Corte di appello di Napoli, con sentenza

pubblicata il 12 maggio 2015, dichiarava inammissibile l’appello, ritenendolo tardivo.

3. — Tale pronuncia è stata impugnata per cassazione da H. P. e L., i quali hanno fatto valere quattro motivi di ricorso. Resiste con controricorso E. I.. Le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. — Il primo motivo di censura ha ad oggetto la nullità della notifica della sentenza di primo grado, attuatasi a mezzo PEC il 28 settembre 2013, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 16 ter d.l. n. 179/2012. Secondo la ricorrente la sentenza impugnata avrebbe impropriamente ritenuto che la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata potesse aver luogo anche prima della data del 15 dicembre 2013 (di cui al cit. dell’art. 16 ter d.l. n. 179/2012).

1.1. — Con il secondo motivo è denunciata la nullità della notifica a H. P. della sentenza di primo grado per mancanza, nella relata, di obbligatori riferimenti; è dedotta altresì violazione e falsa applicazione dell’art. 3 bis, n. 6, I. n. 53/1994. La Corte di merito, ad avviso dei ricorrenti, aveva impropriamente ritenuto che la notifica della sentenza fosse atto avulso dal contesto del procedimento e, in conseguenza, aveva escluso ,che la relata di notificazione dovesse indicare l’ufficio giudiziario, la sezione, il numero e l’anno di ruolo.

2. — I due motivi, che involgono il tema della notificazione a mezzo di posta elettronica certificata della sentenza resa dal giudice di prime cure, vanno disattesi.

La Corte di appello ha richiamato l’art. 3 bis I. n. 53/1994, come novellato dall’art. 16 quater d.l. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, in I. n. 221/2012, secondo cui la notificazione con modalita’ telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante dai nominati pubblici elenchi. Ha inoltre fatto riferimento all’art. 16 ter del predetto decreto che dispone: «A decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 4 e 16, comma 12, del presente decreto; dall’articolo 16 del decreto legge

29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, dall’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia». Haritenuto, in proposito, che quest’ultima norma vada interpretatanel senso che dalla data del 15 dicembre 2013 debbanoconsiderarsi pubblici solo gli elenchi indicati e che il cit. art. 16ter obbedisca, quindi, alla finalità di stabilire che dopo quelgiorno non possano essere utilizzati, per le notifiche a mezzoPEC, altri pubblici elenchi. Del resto, ha aggiunto il giudicedistrettuale, il registro generale degli indirizzi elettronici, gestitodal Ministero della giustizia, doveva essere qualificato, comepubblico elenco già prima dell’art. 16 quater d.l. n. 179/R_012,giacché si tratterebbe di registro, già istituito, disponibile perl’accesso da parte di una comunità indiscriminata di soggetti egestito da un ente pubblico. Con riguardo, poi, al contenutodella relazione di notificazione, la Corte di appello ha osservatoche la notifica della sentenza era stata posta in attonell’osservanza delle prescrizioni di cui all’art. 3 bis, comma 5, I.n. 53/1994; non venendo in questione una notifica nel corso delprocedimento, non vi era necessità, ad avviso della stessaCorte, di indicare gli elementi previsti dal comma 6 dello stessoarticolo (ufficio giudiziario, sezione, numero e anno di ruolo),peraltro tutti contenuti nell’atto notificato.

Reputa il Collegio vada valorizzato il rilievo per cui la partericorrente non fa questione della mancata conoscenza dell’attoinoltratogli a mezzo PEC, sicché deve ritenersi che l’atto,ancorché difforme, in via di ipotesi, dal paradigma legale, hacomunque raggiunto il suo scopo. Deve osservarsi che è infattipacifico il dato della ricezione, da parte dell’avvocato M.(difensore sia di H. P. che di R. L.), dellasentenza che E. I. aveva provveduto a notificarlea mezzo di posta elettronica certificata. Ove pure si reputi che,all’epoca, il registro generale degli indirizzi elettronici gestito dalMinistero della giustizia che riportava l’indirizzo telematico deldestinatario della notifica non potesse qualificarsi un registropubblico (connotazione che, secondo parte ricorrente, dettoregistro avrebbe assunto solo a partire dal 15 dicembre 2013),ciò non basterebbe ad escludere il detto raggiungimento delloscopo: specie ove si consideri che la notificazione è stata postain atto da un avvocato a ciò pacificamente abilitato, impiegandoun indirizzo telematico riprodotto nel medesimo registro — giàprevisto dall’art. 7 d.m. n. 44/2011 — di cui è fatta menzionenel cit. art. 16 ter. Allo stesso modo, la circostanza per cui larelazione di notificazione non contenesse le indicazioni di cui alcit. art. 3 bis, comma 6, non ha impedito alla notifica diassolvere alla funzione sua propria, visto che la sentenza erachiaramente riferibile al procedimento che la medesima avevadefinito e gli elementi identificativi della causa menzionati dallanorma erano tutti presenti nel provvedimento notificato, comeaccertato dalla Corte di appello.

Deve, in particolare, trovare applicazione il principio, affermato dalle Sezioni Unite, per cui l’irritualità della

notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Cass. Sez. U. 18 aprile 2016, n. 7665).

Alla luce dei rilievi svolti le esposte censure risultano dunque prive di decisività.

Esulano dal perimetro dei motivi e non sono comunque risolutivi, alla luce delle considerazioni che precedono, i rilievi svolti dalla difesa dei ricorrenti nella memoria ex art. 378 c.p.c., e incentrati sulla nullità della notifica in quanto attuata prima del 15 maggio 2014: a quest’ultimo proposito mette conto di osservare come in caso di notifica a mezzo PEC attuata prima di quella data, che indica il giorno in cui entrarono in vigore le norme tecniche di cui è parola nell’art. 18 d.m. n. 44 del 2011 (le quali resero concretamente attuabile, secondo i ricorrenti, la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata), la

notificazione risulterebbe essere comunque nulla, non inesistente (cfr. Cass. 9 luglio 2015, n. 14368, non massimata): ed è allora agevole osservare che, venendo in questione una notificazione nulla, risulterebbe per certo operante la sanatoria per il raggiungimento dello scopo.

3. — Il terzo motivo oppone la nullità della notifica della sentenza di primo grado, operata a mezzo PEC in data 28 settembre 2013 a H. P. mediante consegna dell’atto ad uno dei suoi plurimi difensori con uguali potere di rappresentanza, in un domicilio diverso, e fuori dalla circoscrizione del giudice adito, rispetto a quello eletto nel mandato e confermato dai difensori per tutto il corso del procedimento; il motivo oppone, altresì, il travisamento della posizione processuale dei difensori costituiti e la violazione e falsa applicazione dell’art. 82 r.d. n. 37/1934, in relazione agli artt. 141, 170 e 285 c.p.c.. Doveva trovare applicazione, ad avviso dei ricorrenti, la giurisprudenza di questa Corte in tema di notificazione della sentenza in presenza di procuratori esercenti fuori dal loro circondario, con domicilio eletto ex art. 82 r.d. cit.. Nella circostanza, viene spiegato, erano stati officiati tre difensori, con pieni poteri di rappresentanza, i quali esercitavano extra districrum e avevano perciò eletto domicilio presso altro difensore, con identici e pieni poteri, esercente nel circondario ove era stata radicata la lite.

4. — Il motivo non è fondato.

La Corte di appello ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui la notificazione della sentenza ad uno soltanto dei plurimi difensori nominati dalla parte è idonea a far decorrere il termine breve per impugnare, di cui all’art. 325 c.p.c., a nulla rilevando che il destinatario della notifica non sia anche domiciliatario della parte (Cass. 27 maggio 2011, n. 11744; Cass. 7 giugno 2007, n. 13361; Cass. 31 maggio 2006, n. 12963). Infatti, l’elezione di domicilio che il procuratore deve fare all’atto della costituzione in giudizio, se questo si svolge fuori della circoscrizione del tribunale cui è assegnato (art. 82, comma 1, r.d. n. 37/1934), non gli dà diritto di ricevere le notifiche soltanto in tal luogo, sicché se la sentenza impugnata è

notificata presso il suo studio professionale da tale data decorre il termine breve per impugnare previsto dall’art. 325 c.p.c. (Cass. 20 aprile 2009, n. 9349; Cass. 17 marzo 2006, n. 5892).

5. — Con il quarto mezzo è dedotta l’inesistenza di qualsiasi notifica della sentenza di primo grado nei confronti del ricorrente L., l’invalidità dell’equiparazione della notifica a mezzo PEC della sentenza di primo grado a H. P., come effettuata anche al predetto L. in proprio, in violazione degli artt. 285 e 170 c.p.c., in relazione all’art. 3 bis, n. 6, I. n. 53/1994, la violazione e falsa applicazione degli artt. 141, 170 e 285 c.p.c. in relazione all’art. 82 r.d. n. 37/1934 e la contraddittorietà della motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalla parte e rilevabile d’ufficio. Viene esposto che l’accoglimento anche di uno solo dei tre motivi precedenti determinerebbe la nullità, o meglio l’inesistenza della notifica stessa alla litisconsorte R. L. in proprio. Poiché la mancata effettuazione della notifica della sentenza di primo grado nei confronti di quest’ultimo sarebbe pacifica, il termine breve per appellare non sarebbe mai decorso. Di contro, lamentano i ricorrenti, la sentenza si sofferma sulla circostanza per cui i quattro procuratori costituiti avrebbero difeso ambedue le parti, senza tener conto che queste avevano posizioni processuali affatto diverse. Viene inoltre ravvisata una insanabile contraddizione tra il capo della sentenza relativo alla sola singola notifica intervenuta (quella attuatasi nei confronti di H. P.), giudicata valida perché completa di tutte le indicazioni di legge, e altro capo della sentenza che ne aveva «equiparato gli effetti anche nei confronti del litisconsorte necessario», cui l’atto non era stato notificato. Viene infine dedotto che la notifica nei confronti della società era nulla, anzi inesistente se riferita a L., in quanto priva della tassativa indicazione degli «elementi propri del notificando» previsti dall’art. 3 bis, n. 6, I. n. 53/1994.

6. — Nemmeno tale motivo è fondato.

Anzitutto, con riferimento all’ultima delle doglianze esposte va richiamato quanto rilevato, in proposito, trattando dei primi due motivi.

Deve poi evidenziarsi che la censura circa la contraddittorietà della motivazione non può avere ingresso: per un verso, in tema di errores in procedendo, spetta alla Corte di cassazione accertare se vi sia stato, o meno, il denunciato vizio di attività processuale, attraverso l’esame diretto degli atti, indipendentemente dall’esistenza o dalla sufficienza e logicità dell’eventuale motivazione del giudice di merito sul punto (Cass.

10 novembre 2015, n. 22952); per altro verso, nella nuova formulazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c. risultante dall’art. 54 d.l. n. 83/2012, convertito in I. n. 134/2012, è mancante ogni riferimento letterale alla «motivazione» della sentenza impugnata, con la conseguenza che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054), nella fattispecie insussistente.

Per il resto, si deve rilevare che in base all’art. 285 c.p.c., la notificazione della sentenza, al fine della decorrenza del termine per l’impugnazione, si fa, su istanza di parte, a norma dell’articolo 170 c.p.c.: a seguito della modifica introdotta con l’art. 46, comma 10, I. n. 69/2009, applicabile al presente giudizio, è operante — dunque — anche il secondo comma dell’art. 170 c.p.c., a mente del quale ai fini notificatori è sufficiente la consegna di una copia dell’atto anche se il procuratore è costituito per più parti. Ne discende che la consegna all’avv. M., costituitasi sia per H. P. e che per R. L., ha fatto decorrere il termine breve per

l’impugnazione per entrambi gli odierni ricorrenti.

7. — Il ricorso contiene due altri motivi che, tuttavia, non hanno consistenza di autonome censure, dal momento che ineriscono a questioni su cui la Corte di appello non si è pronunciata, essendo rimaste assorbite dalla pronuncia di inammissibilità. E infatti, i ricorrenti li sottopongono all’esame di questa Corte per la sola ipotesi in cui essa «decidesse di statuire anche su questi ultimi»: cosa, all’evidenza, non possibile.

8. — Al rigetto del ricorso fa seguito la condanna dei ricorrenti, secondo soccombenza, al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in C 7.200,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre oneri accessori e rimborso delle spese generali in ragione del 15%; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1^ Sezione Civile, in data 29 maggio 2017.

Il Consigliere Estensore                                                                        Il Presidente