Trib. Milano, sez. lav., sent. 31 ottobre 2014, n. 2824 (est. Colosimo)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

con ricorso depositato il 29 aprile 2014, FP conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Milano – Sezione Lavoro – AC s.a.s. di WK & C., chiedendo di:

  • accertare e dichiarare l’esistenza e la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con la convenuta tra l’1/4/2008 e il 18/10/2013, con diritto all’inquadramento nel III livello C.C.N.L. Piccola Industria Metalmeccanica;
  • accertare e dichiarare la validità del credito da lavoro dipendente vantato in conseguenza del rapporto di lavoro intercorso, e delle varie voci retributive a questo connesse elencate in ricorso e, conseguentemente, condannare AC s.a.s. al pagamento della complessiva somma di € 162.863,82 a titolo di differenze retributive, mensilità non corrisposte, 13° mensilità, indennità per ferie non godute, indennità di mancato preavviso, permessi e TFR, oltre al versamento degli oneri contributivi previdenziali non versati, previa chiamata in causa dell’INPS ove ritenuto sussistente il litisconsorzio necessario.

Il tutto con interessi e rivalutazione e, in ogni caso, con vittoria delle spese di lite.

Si costituiva in giudizio AC s.a.s. di WK & C., eccependo l’infondatezza in fatto e in diritto delle domande di cui al ricorso e chiedendo il rigetto delle avversarie pretese. 

Con vittoria delle spese di lite.

Esperito inutilmente il tentativo di conciliazione e ritenuta la causa matura per la decisione senza necessità di istruzione probatoria, all’udienza del 2 ottobre 2014, il Giudice invitava le parti alla discussione all’esito della quale decideva come da dispositivo pubblicamente letto, riservando il deposito della motivazione a 30 giorni, ai sensi dell’art. 429 c.p.c. così come modificato dalla Legge 133/2008.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

Sull’eccezione di tardività sollevata dal ricorrente con riferimento alla costituzione in giudizio della convenuta, si osserva quanto segue.

All’udienza del 24 luglio 2014, parte attrice ha insistito sulla tardività della costituzione di controparte, avvenuta in via telematica, in quanto dalla stampa del report della piattaforma Polisweb risulta che il deposito della memoria è intervenuto il 16/9/2014 (rectius 16/6/2014, ndr) alle ore 9:06 (cfr. stampata prodotta in udienza).

Parte convenuta ha insistito sulla regolarità e tempestività della propria costituzione producendo copia della “ricevuta breve di avvenuta consegna” emessa dal sistema, dalla quale emerge che l’atto di costituzione è stato consegnato nella casella di destinazione “il giorno 15/06/2014 alle ore 18:29:55 (+0200)” (cfr. e-mail prodotta in udienza).

Lo scarto temporale tra “deposito telematico” e registrazione dello stesso nello “storico” del fascicolo d’ufficio telematico trova la sua ragion d’essere nel tempo di lavorazione del deposito medesimo da parte della Cancelleria.

L’udienza di cui all’art. 420 c.p.c. era stata fissata per il giorno 25 giugno 2014.

Ritenuta l’ammissibilità della costituzione in via telematica del convenuto per le ragioni evidenziate nell’ordinanza del Tribunale di Milano, Sezione IV Civile, 7 ottobre 2014 (le cui motivazioni sono integralmente condivise e debbono ritenersi qui richiamate, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 118 disp. att. c.p.c.), deve escludersi – a pena di vanificare la funzione stessa del Processo Civile Telematico e di contraddire la ratio posta a fondamento della riforma in esame – che i tempi e le modalità della costituzione telematica debbano essere vincolati dai tempi e le modalità della costituzione mediante deposito cartaceo degli atti e, più nello specifico, dalle fasce orarie che caratterizzano questi ultimi.

Con la costituzione telematica il difensore sottoscrive la memoria con firma digitale ed effettua il deposito utilizzando le regole tecniche e le specifiche previste dalla normativa regolamentare del Processo Civile Telematico.

L’atto di deposito e costituzione in via telematica è il corrispettivo dell’atto di deposito e costituzione cartacea: nel momento esatto in cui la memoria di costituzione viene consegnata alla cartella di destinazione, questa è disposizione della Cancelleria che provvede a certificarne il deposito, in uno con i documenti alla stessa allegati, e li mette a disposizione del Giudice e delle altre Parti processuali.

L’eventuale scarto temporale tra il deposito in via telematica, la lavorazione della “busta” da parte della Cancelleria e la messa a disposizione di memorie e documenti è del tutto ininfluente ai fini della valutazione circa la tempestività della costituzione, poiché a tal fine non può che risultare rilevante il solo momento in cui è materialmente intervenuto il deposito, ossia la consegna della busta contenente costituzione e documenti.

Quanto sin qui osservato è sufficiente per concludere per l’infondatezza dell’eccezione sollevata da parte ricorrente; in ordine alla costituzione in esame, tuttavia, altri rilievi risultano necessari.

Parte convenuta si è costituita il 15/6/2014, ossia nella giornata di domenica.

L’art. 51 D.L. 90/2014 ha stabilito: “all’articolo 16-bis del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, al comma 7 sono apportate le seguenti modificazioni: a) le parole: “di cui ai commi da 1 a 4” sono sostituite dalle seguenti: “con modalità telematiche”; b) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all’articolo 155, quarto e quinto comma, del codice di procedura civile. Quando il messaggio di posta elettronica certificata eccede la dimensione massima stabilita nelle specifiche tecniche del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del ministero della giustizia, il deposito degli atti o dei documenti può essere eseguito mediante gli invii di più messaggi di posta elettronica certificata. Il deposito è tempestivo quando è eseguito entro la fine del giorno di scadenza»”.

Quindi, l’art. 16bis, co. 7, D.L. 179/2012, convertito in Legge 221/2012, oggi dispone: “il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero della giustizia. Il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all’ articolo 155 , quarto e quinto comma, del codice di procedura civile. Quando il messaggio di posta elettronica certificata eccede la dimensione massima stabilita nelle specifiche tecniche del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del ministero della giustizia, il deposito degli atti o dei documenti può essere eseguito mediante gli invii di più messaggi di posta elettronica certificata. Il deposito è tempestivo quando è eseguito entro la fine del giorno di scadenza”.

Dunque, al deposito degli atti con modalità telematiche si applicano le disposizioni di cui all’art. 155, co. 4 e 5, c.p.c.

Recentemente, la Suprema Corte di Cassazione ha affermato: “la proroga del termine, che scada in giorno festivo o di sabato, al primo giorno seguente non festivo, prevista dall’art. 155 commi 4 e 5 c.p.c., si applica non solo con riguardo ai termini “a decorrenza successiva”, ma anche a quelli che si computano “a ritroso”, con la particolarità che, rispetto al termine a scadenza successiva, la proroga in questione opera, in tal caso, in modo speculare (ovvero a ritroso, nel senso che l’atto deve essere compiuto in anticipo, nel primo giorno antecedente non festivo, rispetto alla scadenza naturale), in ragione della relativa modalità di calcolo. (Nella fattispecie, la Suprema corte ha rilevato la tardività di una memoria difensiva che, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., doveva essere depositata in cancelleria almeno cinque giorni prima dell’udienza)” (Cass. Civ., Sez. III, 30 giugno 2014, n. 14767).

La Corte, in particolare, ha osservato: “orbene, nel condividersi e ribadirsi siffatta ratio, va al riguardo sottolineato come debba invero più correttamente affermarsi che le norme di cui all’art. 155 c.p.c., commi 4 e 5 trovano in effetti applicazione anche relativamente al termine come nella specie a ritroso, con la particolarità che rispetto al termine a scadenza successiva la proroga in questione necessariamente opera in tal caso in modo speculare, in ragione della relativa modalità di calcolo. A tale stregua, nei termini a ritroso lo slittamento contemplato all’art. 155 c.p.c., commi 4 e 5 va invero inteso come necessariamente riferito al giorno cronologicamente precedente non festivo rispetto al giorno festivo o al sabato in cui cada il 5 giorno, costituente il dies ad quem, escluso dal computo -come detto- il dies a quo costituito dal giorno dell’udienza. Orbene, con riferimento all’udienza pubblica del 28/2 il termine a ritroso ex art. 378 c.p.c. è nel caso scaduto il precedente venerdì 21/2. Escluso il dies a quo (28/2), il 5 giorno (dies ad quem) cadeva di domenica (23/2), con proroga pertanto ex art. 155 c.p.c., comma 4, al sabato 22/2, nonché ex art. 155 c.p.c., comma 5, (ai sensi della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 3, applicantesi a tutti i procedimenti, anche se instaurati anteriormente al 1/3/2006) al suindicato venerdì 21/2. La memoria ex art. 378 c.p.c. dal ricorrente nella specie depositata in Cancelleria il 24/2 è pertanto tardiva, in quanto inammissibilmente depositata oltre il termine come sopra calcolato, con abbreviazione pertanto dell’intervallo normativamente stabilito e costituente il lasso di tempo minimo garantito -oltre che al giudice- alla controparte per esaminare tale atto, con conseguente violazione del relativo diritto di difesa ex art. 24 Cost. (cfr. Cass., 4/1/2011, n. 182)” (parte motiva).

Nel caso di specie, escluso il dies a quo (25/6/2014), il decimo giorno (dies ad quem) cadeva di domenica (15/6/2014), con proroga pertanto ex art. 155 c.p.c., co. 4, a sabato 14/6/2014, nonché ex art. 155 c.p.c., co. 5, a venerdì 13/6/2014.

La parte convenuta, dunque, si è costituita in giudizio il 15/6/2014, ma avrebbe dovuto provvedervi il 13/6/2014.

La tardiva costituzione del convenuto ne determina, a prescindere dalla relativa eccezione della controparte, e nonostante l’erroneità dei profili di contestazione della tardività da quest’ultima rilevati, la decadenza dalle eventuali domande riconvenzionali, dalle eccezioni in senso proprio di merito e processuali, e dalle deduzioni probatorie.

Per le ragioni sopra evidenziate, la costituzione di AC S.A.S. deve ritenersi tardiva, con ogni conseguenza in punto di decadenze e preclusioni.

La costituzione tardiva non inficia, in ogni caso, la contestazione dei fatti affermati dalla parte ricorrente e le difese in ordine alle questioni sulle quali il giudice deve provvedere d’ufficio, né impedisce la valutazione del contenuto complessivo delle deduzioni e argomentazioni opposte.

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Ciò posto, nel merito, deve osservarsi quanto segue.

FP agisce in giudizio al fine di ottenere l’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con AC S.A.S. a partire da aprile 2008.

Il rapporto in questione risulta formalizzato quale rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con lettera di assunzione del 28 settembre 2012 in atti (doc. 2, fascicolo ricorrente): rapporto dal quale il ricorrente dovrebbe essersi dimesso per giusta causa il 18 ottobre 2013 (doc. 3, fascicolo ricorrente).

Orbene, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte è possibile ritenere accertata la natura subordinata di un rapporto di lavoro soltanto ove sia dimostrata la sussistenza di una serie di indici quali, in particolare, l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro. In via sussidiaria, ma tra loro concorrente quantomeno per una valutazione in via presuntiva, possono costituire indici sintomatici della sussistenza di un rapporto subordinato anche la collaborazione e l’inserimento continuativo del lavoratore stesso nell’impresa, il vincolo di orario, la forma della retribuzione, l’assenza di rischio (cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 9 marzo 2009, n. 5645).

Relativamente al periodo intercorso dall’1/4/2008 sino alla data di formale assunzione, sarebbe stato esclusivo onere della parte ricorrente introdurre in giudizio elementi utili a dimostrare la natura subordinata del rapporto in questione. Deve escludersi, infatti, che la successiva formalizzazione in termini di rapporto di lavoro subordinato autorizzi presunzioni in ordine alla natura del rapporto pregresso.

Il suddetto onere non è stato soddisfatto, in primo luogo, perché i capitoli di prova non sono in alcun modo idonei a provare la ricorrenza dei predicati propri del vincolo di subordinazione; in secondo luogo, in quanto nel corso dell’interrogatorio libero lo stesso FP ha riferito circostanze del tutto incompatibili con la tesi di cui al ricorso.

Con l’atto introduttivo del giudizio, in particolare, parte attrice si è limitata a chiedere di provare di aver “prestato la sua attività lavorativa in qualità di dipendente in modo continuativo a favore della AC s.a.s. a far tempo dal primo aprile 2008 e fino al 18 ottobre 2013” (cap. a).

Il ricorrente ha del tutto trascurato di dedurre in ordine all’esercizio, da parte del preteso datore di lavoro, del potere direttivo, disciplinare e di controllo; ha del tutto omesso di specificare se vi fossero e quali fossero in concreto le modalità imposte nell’esecuzione della prestazione, quale fosse il controllo esercitato sulla attività svolta, e in che modo fosse tenuto a dar conto del proprio operato.

In ricorso non vi sono neppure deduzioni specifiche in ordine all’esercizio del potere di controllo del preteso datore di lavoro, non essendo stata fornita indicazione alcuna in merito agli obblighi e ai controlli sull’osservanza dell’orario di lavoro, alla necessità di giustificare eventuali assenze o di richiedere l’autorizzazione per permessi e ferie, così come in merito alle conseguenze di eventuali ritardi/assenze ingiustificate.

In sostanza, FP ha semplicemente postulato ciò che sarebbe stato suo esclusivo onere provare.

Nel corso dell’interrogatorio libero, infine, il ricorrente ha reso dichiarazioni che hanno dato conto, oltre che della sostanziale insussistenza di direttive e di controllo sulla prestazione, di un rapporto del tutto paritario nell’ambito di una comune iniziativa imprenditoriale tra persone legate da un vincolo sentimentale (circostanza, quest’ultima, pacifica in giudizio): un contesto nel quale, invero, il contributo decisionale più significativo risulta essere proprio quello di FP.

Quest’ultimo, infatti, ha dichiarato: “ho iniziato a lavorare per la convenuta nel 2001/2002, come responsabile tecnico e commerciale: portavo i clienti, gestivo i lavori, davo da lavorare. Stiamo parlando di impianti audiovisivi per convegni. Io ho sempre e solo fatto questa attività. Solo io mi sono sempre occupato della parte tecnica e commerciale. Poi avevamo un ragazzo a partita iva che era il tecnico, si occupava di montare e smontare ai convegni. Poi chiamavamo dei freelance, ragazzi che lavorano con la cooperativa che chiamavamo quando c’era bisogno. Si occupavano sempre della parte tecnica o operavano come facchini. Quando siamo partiti e andava un po’ bene, abbiamo preso una segretaria, nel 2003/2004. Il colloquio alla segretaria l’ho fatto io. La segretaria ha lavorato da noi sino a novembre del 2013, poi è stata licenziata. E’ stato il consulente del lavoro a comunicare a lei e al tecnico il licenziamento. Il tecnico aveva fatto il colloquio con me. I colloqui per la parte tecnica li ho sempre fatti io, sono sempre stato io a occuparmi della parte tecnica. La W si occupava della parte amministrativa, delle banche, degli stipendi, dei bonifici. A livello tecnico non si è mai occupata di niente. I clienti li trovavo io, li conoscevo io e con loro prendevo accordi , giravo gli alberghi per avere il contatto diretto. Creavo il contatto, decidevo con il cliente cosa doveva essere realizzato e poi lo facevo… Con RP avevamo fatto un solarium con la W, lo gestivamo insieme, poi lo abbiamo chiuso perché i costi erano alti ed era lontano. PVS era una succursale a Pavia che avevamo fatto per svolgere i servizi di A…”.

Quanto sin qui osservato deve ritenersi assorbente rispetto a ogni ulteriore e diverso rilievo sollevato dalle parti e non può che portare a ritenere infondata la pretesa attorea in esame.

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In ricorso, FP si duole in modo del tutto generico del fatto che

il pagamento della sua attività lavorativa non avveniva, ormai da mesi, con la dovuta regolarità” (pag. 2, ricorso), e rivendica il diritto al pagamento delle “competenze di fine rapporto e delle mensilità non pagate oltre ad ogni accessorio dovuto per Legge” (pag. 3, ricorso).

Orbene, non vi è dubbio che con specifico riferimento al periodo in cui è stato formalizzato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sussiste il diritto del lavoratore al pagamento di tutte le retribuzioni dovute così come sussiste, al momento della risoluzione dello stesso, il diritto al pagamento delle competenze di fine rapporto e del TFR.

Nel caso di specie, tuttavia, ogni pronuncia in tal senso è preclusa dalle carenze di allegazione e prova: da un lato, infatti, il ricorrente non ha in alcun modo chiarito quali fossero in concreto le retribuzioni mancate; dall’altro, ha omesso di produrre le buste paga e la documentazione utile alla determinazione dell’ammontare dovuto a titolo di retribuzioni, oltre che della base per il calcolo delle competenze di fine rapporto e del TFR.

In ricorso, invero, non si rinviene nemmeno l’indicazione della retribuzione lorda mensile a suo tempo pattuita e indicata in contratto.

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Per questi motivi, il ricorso deve essere integralmente rigettato.

Per quel che attiene alle spese di lite, in considerazione della peculiarità della vicenda e dei rapporti a suo tempo intercorsi tra le parti (per come rappresentati in atti delle stesse), si ritiene sussistano le “gravi ed eccezionali ragioni” di cui all’art. 92, co. 2, c.p.c. che ne giustificano l’integrale compensazione tra le parti.

Stante la complessità della controversia, visto l’art. 429 c.p.c., si riserva la motivazione a 30 giorni.

P.Q.M.

il Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso.

Compensa integralmente le spese di lite.

Riserva a 30 giorni il deposito della motivazione.

Milano, 2 ottobre 2014

IL GIUDICE DEL LAVORO

dott.ssa Chiara COLOSIMO