Smart process of Justice antiVirus

Lo smart working emergenziale degli uffici giudiziari

di Monica Menini

Formatore PCT ed esperta in informatica giudiziaria applicata

Dopo la dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 30 gennaio 2020 che ha proclamato l’epidemia da COVID-19 un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale si sono susseguiti, sempre con maggior frequenza, diversi interventi normativi volti a contenere la suddetta emergenza. In ultimo il D.L. 25 marzo 2020, n. 19 che cerca di coordinare e riordinare i precedenti interventi di vario livello aventi ad oggetto le misure di contenimento.

Tra i diversi provvedimenti di carattere generale ed urgente ritroviamo anche disposizioni in materia di giustizia telematica in particolare contenute nel D.L. 8 marzo 2020, n. 11, specificamente dedicato all’attività giudiziaria, e nel più recente D.L. 17 marzo 2020 n. 18, c.d. Decreto “Cura Italia”.

Più precisamente, per quanto qui di nostro specifico interesse, a fronte dell’attuale necessità di limitare l’accesso agli uffici giudiziari, troviamo previsioni applicabili in definite finestre temporali (verosimilmente soggette ad ulteriori mutamenti). Previsioni, dunque, temporanee che spaziano tra le varie giurisdizioni e che globalmente osservate possiamo ricondurre in parte all’attività del difensore presso le cancellerie/segreterie ed in altra parte all’attività innanzi al giudice.

Sul “lato cancelleria”, senza pretesa di esaustività, possiamo richiamare misure temporanee di: sospensione dei termini, estensione dell’obbligo di deposito telematico, introduzione dell’obbligo di assolvere telematicamente il contributo, autorizzazione e/o obbligo di effettuare le comunicazioni e notificazioni a mezzo PEC anche nel penale, ove non già previste.

Sul “lato giudice”, vediamo limitato lo svolgimento dell’udienza in particolare attraverso: rinvio o sostituzione delle udienze presso l’Ufficio Giudiziario con trattazioni telematiche scritte o con l’udienza in videoconferenza.

Sotto quest’ultimo aspetto esistono pregresse esperienze concrete nelle quali sono state superate le tradizionali formalità dell’udienza, sperimentazioni e/o prassi però che non sono poi confluite in disposizioni normative. In particolare, per lo svolgimento delle udienze in videoconferenza possiamo citare l’emblematica esperienza della sezione tutele del Tribunale di Milano, che ha dimostrato la potenzialità e l’utilità dello strumento della videoconferenza per superare impedimenti fisici oggettivi delle parti affette da gravi patologie.

Non si era mai giunti ad interventi normativi che prevedessero espressamente la possibilità per il giudice di ricorrere all’udienza da remoto nel processo civile. Fanno eccezione le specifiche previsioni in materia di procedure concorsuali del D.L. 59/2016 conv. L. 119/16 (art. 6) inserite nella legge fallimentare per l’udienza d’esame dello stato passivo (art. 95 co. 3) e per l’adunanza dei creditori (art. 163 co.2 bis). Disposizioni che saranno in parte confermate ed in parte superate dalla piena entrata in vigore del Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza.

Oggi, in virtù dello stato emergenziale, la spinta alla celebrazione dell’udienza in videoconferenza è invece generalizzata e, benché temporanea, ha carattere normativo, trovando fondamento negli articoli 83 co. 7 lett. f) e co. 12, nonché negli articoli 84 co. 6 e 85 co. 3 lett. e) del D.L. 18/2020.

Queste previsioni e l’esperienza che ne deriverà, determineranno una consapevolezza in più circa le potenzialità che l’informatica applicata al processo può offrire. Consapevolezza dalla quale si dovrà ripartire per futuri interventi, anche normativi.

Il processo telematico dell’emergenza segna dunque l’avvento di un processo “smart”?

L’entusiasmo che può generare in particolare la possibilità, seppur temporanea, concessa in forza delle misure di contenimento dell’emergenza sanitaria da Covid-19 di tenere le udienze in videoconferenza non deve però spingerci a ritenere che il processo telematico dell’emergenza sia da identificare con l’avvento di un processo agile.

La possibilità di ricorrere alla trattazione scritta ed alla videoconferenza, anche ove cristallizzata, in luogo dell’udienza ritualmente e tradizionalmente celebrata presso l’Ufficio Giudiziario, non può infatti esser da sola considerata sufficiente ad incorniciare, etichettare, il processo come “smart”.

Il termine “smart” dovrebbe infatti richiamare in italiano termini quali “capace”, “attivo”, “brillante” (cfr. Treccani): è dunque chiaro che lo smart process of justice è un modello ideale che non si potrà certo raggiungere con normative emergenziali.

Si potrà parlare di smart process, di processo agile, solo quando disporremo di norme e sistemi più veloci e adattabili alle esigenze concrete: davvero capaci di rispondere tempestivamente ad una emergenza come quella che ci ha colpito ed ancor prima di rispondere alle esigenze ordinarie del processo.

Non può essere ritenuto corretto parlare già oggi di smart process solo perché viene consentita l’udienza “con collegamenti da remoto”. Già solo per una regolare tenuta dell’udienza in videoconferenza diversi sono gli aspetti da considerare.

Premesso che l’obiettivo deve essere quello di arrivare ad un ulteriore salto di qualità rispetto all’attuale stato del processo telematico, indubbiamente positiva è la dotazione di “ulteriori” strumenti che tuttavia andrebbe accompagnata ad una adeguata organizzazione e formazione, senza ricadere nell’improvvisazione.

Anche volendo guardare al processo “smart” come ad un processo virtualizzato, basterà volgere il pensiero al recente incendio avvenuto presso il Tribunale di Milano, trattandosi di episodio che, se da un lato ci ricorda l’importanza di poter disporre del fascicolo informatico, dall’altro ci impone di riconoscere che spesso non disponiamo neppure di un processo dematerializzato.

Sebbene il fascicolo nel processo almeno civile sia oggi in larga parte – e si noti non interamente – telematico (anche a fronte degli ultimi provvedimenti che allargano temporaneamente l’obbligatorietà del deposito degli atti e dell’emergenza stessa che spinge i magistrati a provvedere da remoto), rimangono limiti concreti alla realizzazione di un vero e proprio processo “smart”.

Attraverso l’osservazione del sistema ministeriale giudiziario, possiamo trarre un argomento forte che ci deve spingere a ritenere non corretto, o quanto meno molto impreciso, l’accostamento del termine “smart” al processo.

Esiste lo smart working dell’Ufficio Giudiziario?

Invero, allo stato, non è neppure possibile parlare compiutamente di smart working dell’Ufficio Giudiziario, in quanto il funzionario non può provvedere da remoto ad aggiornare il fascicolo informatico del processo.

Il sistema ministeriale per la giustizia civile ha un centro nevralgico: il registro di cancelleria. È attraverso il registro di cancelleria che gli atti dell’avvocato vengono acquisiti nel fascicolo informatico, è attraverso il registro di cancelleria che i provvedimenti del giudice vengono inseriti nel fascicolo informatico. Certo ciò avviene telematicamente, con un “piccolo” ma: il registro è correlato intimamente alla rete giustizia sulla quale opera.

Si tratta di una impostazione tecnica, legata alla logica del sistema ministeriale così come oggi concepito. Impostazione che richiede, per il funzionamento degli applicativi ministeriali dedicati alla tenuta del registro di cancelleria, l’accesso alla Intranet dell’Ufficio Giudiziario.

In altre parole, per poter effettuare gli aggiornamenti al fascicolo informatico, compresa l’accettazione e registrazione del deposito del giudice contente il verbale di udienza svolto in videoconferenza, i funzionari e gli operatori di cancelleria devono lavorare sulla rete giustizia e, dunque, devono trovarsi presso l’ufficio giudiziario.

Se perciò possiamo virtualizzare l’accesso all’ufficio giudiziario per l’avvocato e per il giudice, a contrario non possiamo – almeno ad oggi – virtualizzare l’accesso all’ufficio giudiziario del cancelliere. L’avvocato può oggi consultare e depositare telematicamente gli atti da remoto. Il giudice, parimenti, può consultare e depositare telematicamente da remoto. Diversamente, il personale di cancelleria può acquisire atti e provvedimenti informatici e aggiornare il fascicolo informatico solo dal Palazzo di Giustizia.

Questo limite ha dato luogo a provvedimenti organizzativi degli uffici giudiziari variegati che, nel caso del Tribunale di Torino (provvedimento del 18 marzo 2020) e del Tribunale di Busto hanno spinto il Presidente dell’Ufficio Giudiziario persino a prevedere che il personale di cancelleria proceda al rifiuto degli atti telematici non urgenti (provvedimento organizzativo del 22 marzo 2020 poi modificato in data 3 aprile).

Dallo smart working dell’Ufficio Giudiziario al processo agile

A modesto parere di chi scrive, il vero salto verso un processo agile, o anche semplicemente virtualizzato, in futuro, dovrà dunque andare molto oltre la semplice dotazione al giudice di piattaforme per la videoconferenza.

La gestione della videoconferenza, anche nel solo periodo di emergenza, richiede di considerare altri aspetti come la formazione, l’organizzazione e la gestione dei registri di cancelleria, che non possono rimanere in secondo piano.

Per sopperire alle esigenze contingenti si dovrebbe valutare la previsione di soluzioni tecniche, anche solo temporanee, che consentano l’accesso da remoto ed in sicurezza ai registri di cancelleria da parte dei funzionari, che restano figure centrali nel buon funzionamento del processo telematico.  Ciò al fine di realizzare quanto meno uno smart working dell’Ufficio Giudiziario che consenta di gestire tempestivamente atti provvedimenti e notificazioni in relazione a quanto già previsto in via d’urgenza.

Diversamente, il cammino verso un processo “smart” dovrà passare attraverso molteplici riflessioni guidate da un approccio multidisciplinare.  Pensiamo all’armonizzazione delle norme che disciplinano gli adempimenti telematici, anche in relazione alle diverse giurisdizioni ed ai diversi procedimenti. Dall’incremento dei profili tecnici, come l’aumento dei formati ammessi, al miglioramento degli schemi e delle infrastrutture ministeriali, anche in termini di maggiore automazione delle operazioni di cancelleria a supporto del personale.

L’auspicio è, dunque, quello di tendere all’ideale di uno smart process of justice con i piedi posati sulla solida consapevolezza che non potrà essere frutto dell’improvvisazione, al contrario, dovrà essere accompagnato da idonei strumenti e normativi, e tecnici e professionali, nel rispetto delle garanzie che il processo deve offrire.