Cass., sez. I, sent. 5 agosto 2011 n. 17035 (Pres. Plenteda, rel. Zanichelli)

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Omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La curatela del fallimento in epigrafe ricorre per cassazione avverso la sentenza non definitiva con la quale il giudice di pace ha rigettato l’eccezione di inammissibilità della domanda proposta della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 18 nei confronti del fallimento M.A.S. s.a.s. di R.V.M. e della G.A. s.p.a. di condanna al risarcimento dei danni da sinistro stradale nonchè nei confronti di quella definitiva che tale risarcimento ha stabilito condannando anche la curatela.

Il ricorso si articola in quattro motivi: con il primo si deduce violazione della L. Fall., artt. 24, 52 e 93, per essere stata la domanda proposta nei confronti di soggetto fallito avanti a giudice incompetente e al di fuori dello specifico rito; con il secondo violazione degli artt. 38 e 102 c.p.c. per non essere territorialmente competente il giudice di Caserta ma di Marcianise, stante il luogo del verificarsi del danno; con il terzo violazione degli artt. 2947 e 2943 c.c. per non avere il giudice a quo dichiarato l’intervenuta prescrizione del diritto azionato; con il quarto violazione degli artt. 2054 e 2697 c.c. per avere omesso il giudice di pace di rilevare l’insussistenza della prova in ordine alle modalità con cui si sarebbe verificato il sinistro.

Le intimate non hanno proposto difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo con il quale si deduce violazione di legge per avere il giudice di pace rigettato le eccezioni sollevate dalla curatela in ordine all’improponibilità della domanda di condanna è fondato. E’ principio assolutamente pacifico quello secondo cui ogni pretesa a contenuto patrimoniale svolta nei confronti di un soggetto fallito deve essere azionata attraverso lo speciale procedimento endofallimentare dell’accertamento del passivo da attivarsi avanti al tribunale fallimentare, essendo improcedibile ogni diversa azione.

Nè un’eccezione a tale principio può derivare dalla circostanza che la domanda proposta attenga ad un’azione che, come nella fattispecie, comporti il necessario intervento di più litisconsorti (L. n. 990 del 1969, art. 23), posto che, come aveva già rilevato la più attenta dottrina, in esito alla riforma della legge fallimentare che non prevede più l’opposizione allo stato passivo nelle forme dell’ordinario processo di cognizione, viene impedito il simultaneus processus nei confronti del fallito e dei litisconsorti dal momento che nell’ambito dell’attuale rito è sicuramente esclusa la presenza di parti estranee al fallimento nell’ambito di un procedimento che, comunque si voglia individuarne l’oggetto, non prevede pronunce di condanna o anche solo di accertamento destinate ad avere efficacia in ambito extra concorsuale nei confronti del litisconsorte in bonis.

Avendo l’attrice optato per l’azione volta alla condanna, oltre che dell’assicuratore, anche del responsabile fallito citando oltretutto la curatela fallimentare, l’azione nel suo complesso non può che essere dichiarata inammissibile, posto che la parte danneggiata avrebbe dovuto, in alternativa alla sola domanda nei confronti del danneggiante da proporsi con il rito fallimentare, astenersi da ogni conclusione nei suoi confronti o dichiarare l’intenzione di avvalersi di un’eventuale condanna solo in esito al ritorno in bonis.

L’accoglimento del motivo comporta l’assorbimento di quelli ulteriori.

L’impugnata sentenza deve dunque essere cassata senza rinvio in quanto il processo non poteva essere iniziato.

La novità della questione induce alla compensazione delle spese.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, cassa senza rinvio le sentenze impugnate in relazione al motivo accolto in quanto la causa non poteva essere iniziata e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 18 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2011