Febbraio 2016

Trib. Verona, sent. 4 dicembre 2015 (est. Mirenda)

 

omissis

rilevato che il novellato art. 132 c.p.c. esonera il giudice dal redigere lo svolgimento del processo;

ritenuta la legittimità processuale della motivazione c.d. per relationem (cfr., da ultimo, Cass. SS.UU. 16.1.2015 n. 642), la cui ammissibilità – così come quella delle forme di motivazione c.d. indiretta – era stata del resto codificata anche dall’art.16 del d.lgs 5/03, recettivo degli orientamenti giurisprudenziali ricordati;

osservato che per consolidata giurisprudenza del S.C. il giudice, nel motivare “concisamente” la sentenza secondo i dettami di cui all’art. 118 disp. att. c.p.c., non è affatto tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le quaestiones sollevate dalle parti, ben potendosi egli limitare alla trattazione delle sole questioni – di fatto e di diritto – “rilevanti ai fini della decisione” concretamente adottata[1];

che, in effetti, le restanti questioni non trattate non andranno necessariamente ritenute come “omesse” (per l’effetto dell’ error in procedendo), ben potendo esse risultare semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato dal giudicante;

richiamato, quindi, il contenuto sia dell’opposizione a decreto ingiuntivo che della comparsa di risposta della F. s.r.l.;

osservato che dopo la concessione della provvisoria esecutività, parte opponente ha disertato il giudizio;

osservato che l’opponente, dopo aver contestato genericamente ogni debenza, con unico concreto motivo eccepisce solamente l’irricevibilità (per nullità) del ricorso monitorio telematico in quanto depositato in formato “pdf scansione” anziché in formato “pdf testuale”, in violazione dell’art. 11 del D.M. 44/2011;

ritenuta la manifesta infondatezza dell’eccezione;

che, invero, al di là di quanto opinato da taluni giudici di merito, di simile nullità ex art. 156, c.1, c.p.c. non vi è traccia nel sistema processuale. Quanto, difatti, al cit. art. 11, comma primo, d.m. cit. , la norma si limita a prevedere che “l‘atto del processo in forma di documento informatico è privo di elementi attivi ed è redatto nei formati previsti dalle specifiche tecniche di cui all’articolo 34; le informazioni strutturate sono in formato XML, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, pubblicate sul portale dei servizi telematici.” , senza peraltro contemplare specifiche sanzioni per l’ipotesi di eventuali difformità formali dell’atto, e ciò al pari della norma tecnica di rinvio di cui all’art. 34 cit. ( “1. Le specifiche tecniche sono stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPA e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. 2. Le specifiche di cui al comma precedente vengono rese disponibili mediante pubblicazione nell’area pubblica del portale dei servizi telematici. 3. Fino all’emanazione delle specifiche tecniche di cui al comma 1, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni anteriormente vigenti.”);

che, in ogni caso, anche laddove – in tesi – volesse ravvisarsi il vizio del ricorso monitorio telematico per difetto di un elemento essenziale dell’atto, si dovrebbe parlare non di inesistenza bensì di nullità ex art. 156, c.2, c. civ., dovendosi escludere ragionevolmente la sussistenza di quell’ipotesi estrema della c.d. “irriconoscibilità del tipo processuale”, come attesta – nella pratica – la riconosciuta idoneità del ricorso a formare il convincimento e la successiva determinazione giudiziale del giudice del decreto ingiuntivo oggi opposto;

ritenuto, così, che anche accedendo alla (non creduta) tesi della nullità formale dell’atto ex art. 156 cpc, la proposta opposizione ( nella quale si è dispiegata pienamente la difesa dell’ ingiunto) abbia , comunque, sanato ex tunc il vizio riflesso del decreto monitorio ex artt. 156, comma terzo, e 164, comma terzo, c.p.c. .;

ritenuta, quindi, la validità formale del decreto e, di riflesso, l’inconsistenza assoluta del merito dell’opposizione, a fronte della sostanziale non contestazione del dovuto ex art. 115 c.p.c.;

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa e respinta, rigetta l’opposizione e condanna l’opponente a rifondere le spese di lite, liquidate in complessivi € ***, oltre C.A. 4% e rimborso forfetario 15%, per compensi relativi alle fasi di studio, introduttiva e decisoria.



[1] La conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132 n. 4 c.p.c., e l’osservanza degli art. 115 e 116, c.p.c., non richiedono che il giudice di merito dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito. Cassazione civile , sez. III, 27 luglio 2006, n. 1714.

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Trib. Mantova, sez. 2, sent. 25 giugno 2015 n. 651 (est. Benatti)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale di Mantova

Seconda CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Marco Benatti ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5185/2013 promossa da:

M. T.

ATTORE/I

contro

U.B. S.C.P.A. (C.F. ***), con il patrocinio dell’avv. ***

CONVENUTO/I

OGGETTO: Contratti bancari(deposito bancario, etc)

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da verbale.

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

U.B. scpa ottenne decreto ingiuntivo 24/9/2013 contro il T in relazione a un prestito concessogli nel 2007 da SILF spa, poi confluita attraverso vicende societarie in U.B. scpa. Essendo mancato il pagamento di alcune rate l’ingiungente, ritenuto il T decaduto dal beneficio del termine e tenuto conto di un pagamento intervenuto nel frattempo, ha quantificato il debito residuo nella misura oggetto d’ingiunzione comprese le spese.

Formulò opposizione il T eccependo la titolarità attiva di U.B. perché la cessione del credito tra le varie società non gli fu mai notificata nonché la nullità della pattuizione d’interessi in quanto la somma di interessi corrispettivi e moratori oggetto della contestazione 7/2/11 ammontava a € 5.309,98 che dovevano ritenersi, in relazione all’importo del prestito, “al di fuori del limite legale” chiedendo quindi in principalità la revoca del decreto ingiuntivo e, in subordine, che il tasso di interesse fosse ridotto nel limite di legge.

Si è costituita la convenuta ingiungente contestando le affermazioni attoree, depositando la documentazione inerente le vicende societarie e chiedendo fosse concessa la provvisoria esecutività al decreto ingiuntivo opposto, richiesta accolta da questo giudice all’udienza 8/4/14. Non avendo le parti formulato istanze istruttorie, questo giudice ha fissato per oggi udienza di discussione orale.

omissis

Va infine respinta, anche qui sotto due profili, la tesi implicitamente sostenuta da parte attrice nelle udienze 21/4 e 19/5/2015, secondo cui il mancato tempestivo deposito di tutta la documentazione allegata all’originario ricorso per decreto ingiuntivo comporterebbe l’irritualità di un deposito successivo e costringerebbe il giudice ad accogliere l’opposizione per mancanza di prova del credito. Nel caso specifico, la documentazione suindicata è stata (ri)depositata in forma telematica solamente dopo l’udienza 19/5/2015.

Se è pacifico come sia onere dell’ingiungente, nella causa d’opposizione, depositare i documenti già prodotti unitamente al ricorso ex art. 638 cpc

– da una parte, non può ritenersi che la produzione debba sottostare agli stessi termini perentori ex art. 183/6 cpc previsti nel giudizio ordinario. Deve infatti aversi riguardo al fatto che i documenti in questione sono già stati depositati e messi a disposizione dell’opponente al momento in cui gli è stato notificato il decreto ingiuntivo opposto ed egli li ha senz’altro esaminati al fine di proporre l’opposizione ex art. 645 cpc con la conseguenza che lo sbarramento processuale può riguardare tutt’al più le nuove produzioni ma non può inficiare un thema probandum che si è già fissato ancor prima dell’opposizione;

– dall’altra, non vi è né vi è mai stata alcuna contestazione attorea sul contenuto dei documenti, sulla sottoscrizione e compilazione degli stessi e sulla loro idoneità quantomeno a provare la conclusione del contratto a quelle condizioni. Solo ove vi fossero contestazioni che imponessero al giudice di valutare il tenore letterale e la sottoscrizione dei documenti, la loro presenza sarebbe indispensabile e il mancato deposito – anche tardivo nel senso suindicato – impedirebbe la valutazione. Nel caso specifico però nulla di tutto ciò emerge, avendo l’opponente formulato due eccezioni che nulla hanno a che vedere con le produzioni documentali.

omissis

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Cass., sez. I, sent. 22 novembre 2015 n. 22352 (Pres. Forte, est. Ferro)

 

Il PROCESSO

La curatela del Fallimento H.I. s.r.l. impugna la sentenza App. Napoli 29.7.2014, n. 138/2014 con cui, accogliendo il reclamo della società H.I. s.r.l., veniva revocato il fallimento di questa, già dichiarato dal Trib. Napoli Nord con sentenza 12/2014 del 17.3.2014.

Ritenne la corte d’appello che poteva accogliersi la dedotta eccezione di nullità del procedimento prefallimentare, svoltosi avanti al tribunale ma senza la costituzione della società debitrice, posto che quest’ultima, nella sua impugnazione, aveva contestato in via preliminare la mancata prova dell’esito della notifica, esperita a mezzo PEC, del ricorso per fallimento e del decreto di fissazione dell’udienza avanti al giudice. L’art.15 l.f. sarebbe stato così violato, facendo difetto la ricevuta telematica attestante l’avvenuta consegna del messaggio ed aggiungendosi l’invalidità altresì dell’ulteriore notifica, effettuata dal ricorrente a mezzo posta ma presso la vecchia sede, risultando alla correlativa data la medesima già trasferita da Castel di Sangro in Aversa, come da annotamento presso la camera di commercio.

Spiegò invero la sentenza impugnata che la ricevuta telematica formata all’esito del procedimento notificatorio attivato dal cancelliere indicava sì una data di avvenuta consegna al debitore-destinatario, ma accompagnando la nota con l’avviso della “mancata certezza della notifica al debitore“, così invitandosi l’avvocato alla richiesta di copie per provvedere in proprio al medesimo adempimento. A tale circostanza era in effetti seguito – ai sensi della previsione subordinata di cui all’art.15 co.3 l.f. – un secondo tentativo di notifica, questa volta a cura della parte ma mezzo del servizio postale, dunque con l’ulteriore limite dell’omesso rispetto della notifica esclusivamente personale, imposta dall’art.107 co.1 d.P.R. n.1229/ 1959.

Il ricorso è affidato a quattro motivi e ad esso resiste la società con controricorso; il ricorrente ha depositato memoria finale.

I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge ai sensi degli artt. 6 d.P.R. n.68/2005 e 45 d.lgs. n.82/2005, 6 D.M. 2.11.2005, 15 l.f. oltre che omissione di esame di punto decisivo della controversia, avendo erroneamente la corte d’appello ravvisato il vizio di notifica nonostante il sistema adibito a tale adempimento avesse tempestivamente generato una attestazione di avvenuta consegna, né essendo previste causali di rifiuto se non fornite dallo stesso sistema.

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, oltre al vizio di motivazione per omesso esame di punto decisivo, la violazione di legge quanto agli artt. 136, 137 cod.proc.civ., 45 disp.att. cod.proc.civ., 6 d.P.R. n.68/2005, avendo la sentenza trascurato l’irrilevanza della nota del cancelliere, privo sul punto di competenza, posto che non spetta a tale organo redigere in modo diretto una relata di notifica telematica, bensì al SIECIC e tanto più che l’impropria annotazione risulterebbe formata prima della ricevuta di avvenuta consegna.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge ai sensi degli artt. 15 l.f. e 2697 cod.civ., posto che la necessità di ricorrere alla notifica di persona deriverebbe dal riscontro, da dimostrare tuttavia dal reclamante, della impossibilità della notifica ovvero del suo mancato esito positivo, circostanze non provate.

Con il quarto motivo, il ricorrente deduce il vizio di motivazione (per omissione ovvero illogicità della stessa), accanto alla violazione di legge in punto degli artt.15 l.f., 6 d.P.R. n.68/2005 e 149bis e 160 cod.proc.civ., non avendo la sentenza espressamente qualificato siccome nulla la notifica telematica del cancelliere ma solo tacciandola di mancata prova ed invero nemmeno potendola giudicare nulla, in contraddizione con la tassatività dei relativi casi.

1. Osserva il Collegio l’infondatezza, per assoluta genericità della critica, dell’eccezione di inammissibilità del ricorso, quale formulata dal controricorrente, poiché proprio la novità della questione (in punto di validità della notifica telematica nella fase prefallimentare) e la mancata deduzione della sua inerenza ai principi ispiratori del giusto processo (non altrimenti chiarita, né in relazione evidente con l’esito decisorio) non permettono alcun giudizio ai sensi dell’invocato art.360bis cod.proc.civ.

2. Il primo ed il secondo motivo, da esaminare preliminarmente stante la pregiudizialità con cui essi consentono di inquadrare la modalità espositiva della vicenda di causa, sono fondati, conseguendo a tale giudizio l’assorbimento dei restanti. Ritiene invero il Collegio che la fattispecie della notifica telematica, effettuata a cura della cancelleria, secondo il primo passaggio organizzativo di cui al novellato art.15 co.3 l.f. e per come riportata per esteso dal ricorrente (oltre che parimenti riprodotta dalla difesa del controricorrente e coincidente, per la circostanza d’interesse, all’accertamento della sentenza qui impugnata), mostra una sequenza nella quale con chiarezza si sono determinati entrambi gli elementi – ricevuta telematica e ricevuta di avvenuta consegna – alla stregua dei quali gli artt.6 d.P.R. 11/02/2005, n. 68 (Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della l. 16 gennaio 2003, n. 3), 45 d.lgs. 07/03/2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale) e 6 d.P.C.M. 2/11/2005 (Dip. per l’innovazione e le tecn., sulle Regole tecniche per la formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale, della posta elettronica certificata) fissano i presupposti del rispettivo perfezionamento: dal lato del mittente, la fornitura dal gestore di posta elettronica certificata utilizzato della ricevuta di accettazione (nella quale sono contenuti i dati di certificazione che costituiscono prova dell’avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata); dal lato del destinatario, la fornitura della ricevuta di avvenuta consegna, che a sua volta dà al mittente la prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione. Proprio il co.5 dell’art.6 da ultimo cit. chiude il sistema, ove precisa che La ricevuta di avvenuta consegna è rilasciata contestualmente alla consegna del messaggio di posta elettronica certificata nella casella di posta elettronica messa a disposizione del destinatario dal gestore, indipendentemente dall’avvenuta lettura da parte del soggetto destinatario. Si tratta di un assetto normativo già maturato con il progredire della digitalizzazione del processo attuata ad esempio ad opera del Regolamento adottato con il D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, emanato in attuazione dei principi previsti dal d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e succ. mod., ai sensi del d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2 (conv. in l. 22 ottobre 2010, n. 24), laddove anche questo giudice di legittimità ha preso atto che il processo ha conseguito il traguardo, espressamente stabilito dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16, comma 4, (conv. in 1. 17 dicembre 2012, n. 221), che nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria devono essere effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata, con le decorrenze previste dal successivo comma 9, come modificato dalla I. n. 228 del 2012 (Cass. 9876/2014, 13622/2015).

3. Nella vicenda, la circostanza valorizzata dal giudice di merito è consistita in un’annotazione di rilievo critico interposta dal cancelliere, di propria iniziativa, ove tale ufficio, incaricato ex lege e salvo diversa disposizione del presidente del tribunale (ipotesi estranea al presente procedimento), di procedere senza indugio alla notifica al debitore – di cui sia stato chiesto il fallimento – di un atto comprensivo sia della relativa istanza sia del decreto di fissazione d’udienza, ha redatto ovvero interpolato sulla notifica telematica un avviso in cui riscontrava, sua sponte e nonostante la sicurezza della ricevuta telematica (cioè della corretta spedizione) ma prima della ricevuta di avvenuta consegna (vale a dire dell’essere l’atto pervenuto nella sfera di conoscenza congegnata dalla disciplina informatica per il destinatario e come visto), un assunto di non certezza della notifica stessa, così esplicitamente indirizzando i procuratori delle parti, cioè i creditori istanti (“si pregano gli avvocati di provvedere alla richiesta di copie presso la cancelleria“), ad attivare il meccanismo notificatorio sostitutivo, imperniato sulla loro iniziativa, quale ipotizzata in seconda battuta dallo stesso art.15 co.3 l.f. ma per la diversa ipotesi di notificazione non risultata possibile ovvero con esito non positivo. La corte d’appello ha conferito valore integrante tale presupposto alla predetta annotazione di cancelleria, in sé considerata, rinvenendo altresì nello sviluppo dell’iniziativa notificatoria assunta dalle parti la conferma, cioè la concomitante ulteriore prova, che le stesse avrebbero adottato una condotta incompatibile con la validità della notifica telematica.

4. La riportata qualificazione come non perfezionata o nulla, almeno per tale parte, della notifica del cancelliere, nei termini decisivamente assunti dalla corte d’appello, non è condivisibile. Osta a simile conclusione il carattere chiuso e predefinito della sequenza delle varie fasi della notifica telematica, come prevista nel sistema regolamentato per gli atti processuali e divenuta regola primaria anche per il completamento della costituzione del rapporto processuale nella materia del procedimento per la dichiarazione di fallimento, nel quale la generazione di un rapporto informatico di avvenuta consegna dell’atto presso la PEC del debitore si applica ai procedimenti introdotti, come nella specie, dopo il 31 dicembre 2013 e a seguito dell’art. 17, co. 1, lett. a) e co.3, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (conv. dalla 1. 17 dicembre 2012, n. 221). In questo senso, sussiste un’evidente tipicità delle caratteristiche dei messaggi gestiti dai sistemi di posta elettronica certificata, così come di quelli che eventualmente significhino anomalie, non accettazione, mancata consegna, virus. E tale configurazione, improntata ad una logica di certezza e fidefacienza direttamente poggiante su norma primaria o di specificazione regolamentare o delegata (come per l’art.6 cit. d.P.C.M. 2/11/2005), non può tuttavia subire alcuna degradazione di efficacia sulla base di elementi annotativi che esprimano un qualsivoglia assunto valutativo e soggettivo di contraddittorietà, tanto più se, come nella vicenda di causa e messo in evidenza anche con la censura del ricorrente, il predetto commento del cancelliere sia intervenuto ad un orario (le ore 10:43 del 24/01/2014) posteriore al riscontro della ricevuta telematica, ma anteriore a quello, di poco successivo (ore 10:45:23, stesso giorno), della ricevuta di avvenuta consegna. Tale ultima formula, ‘restituita’ attraverso il SIECIC dal gestore di posta elettronica alla stessa cancelleria e di nuovo ‘restituita’ al mittente-istante (i creditori) dal mittente-notificante (il cancelliere), può anche aver costituito un’indicazione prudenziale, così da indirizzare le parti – come avvenuto – a ponderare una propria iniziativa notificatoria, ma tale valenza, eminentemente pratica e agilmente collocabile – ai fini della sua mera registrazione storica – nella prima fase applicativa della riforma alla materia dell’azione fallimentare, non è in grado, per la sua intima connotazione informale ed extralegale, di rappresentare alcun limite d’istituto all’esame della correttezza del principio del rispetto del contraddittorio, per come riservato in via esclusiva al giudice e da esercitarsi sulle modalità tipiche della notifica stessa, senza dunque che la piena realizzazione anche tecnica degli eventi informatici previsti dalle norme consentisse alcuna prassi sperimentale, sia di supplenza che di integrazione dell’attività notificatoria stessa.

5. Né poi e conseguentemente il ricorso in concreto al modulo notificatorio di parte (censurato per omesso rispetto della regola di attingimento della persona, di cui all’art.107 co.1 d.P.R. n. 1229/1959) integra alcun requisito confermativo, come superficialmente ipotizzato dal giudice di merito, del riconoscimento, anche per la parte, della invalidità o imperfezione della notifica: sia per la menzionata doverosità di una disamina riservata al giudice della completezza in sé della notifica del cancelliere per come iniziata e compiuta, mancando in tema la possibilità che la condotta della parte sia apprezzabile all’altezza di una valutazione espressa sul profilo della secca alternativa tra perfezionamento o non perfezionamento di una fattispecie formale e relativa ad un’attività cedente a carico dell’ufficio pubblico; sia per l’arbitrario conferimento giudiziale di un significato precettivo extra ordinem alla nota d’incompletezza della notifica, esplicitata dal cancelliere, ma senz’altra attività di accertamento concreto circa il presupposto della iniziativa notificatoria della parte, strettamente dipendente (secondo il co.3 seconda parte dell’art. 15 l.f.) o dall’insuccesso di quella esperita dal cancelliere o dall’impossibilità altrimenti dell’attività in sé, circostanze negative su cui la sentenza impugnata si è limitata ad esprimere mera recezione diretta ed assorbente del solo rilievo del cancelliere, senza alcun esame proprio ed in primo luogo dei riscontri telematici nel frattempo e ciononostante acquisiti agli atti. Per questa ragione, come premesso, diviene irrilevante la questione della correttezza o meno della notifica che la parte privata avrebbe dovuto esperire ai sensi del cit. art.107 co.1, posta la censurabile sbrigatività con cui il giudice di merito ha statuito sulla sussistenza del presupposto per darvi corso.

L’accoglimento del ricorso determina la cassazione della sentenza, con rinvio al giudice di merito, anche per la liquidazione delle spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente procedimento.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 ottobre 2015.

il consigliere estensore                                                         il Presidente

    dott. Massimo Ferro                                                      dott. Fabrizio Forte

Cass., sez. I, sent. 22 novembre 2015 n. 22352 (Pres. Forte, est. Ferro) Leggi tutto »