Trib. Ancona, ord. 28 maggio 2015 (pres. Miconi, est. Pompetti)

 

TRIBUNALE ORDINARIO di ANCONA

RECLAMI CIVILE

 

Il Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
***                                                                            Presidente
***                                                                            Giudice Relatore
***                                                                            Giudice
nel procedimento per reclamo iscritto *** promosso da
***, con il patrocinio dell’avv. ***

RECLAMANTE

contro

***, con il patrocinio dell’avv. ***

RECLAMATO/I

all’esito della riserva assunta alla udienza del gg/mm/aaaa,
letti ed esaminati gli atti e le contrapposte deduzioni delle parti,
emette la seguente

ORDINANZA

In via preliminare va esaminata l’eccezione di inammissibilità del reclamo – sollevata dalla difesa di parte reclamante- perché depositato in modalità cartacea e non telematica in violazione delle norme sul processo telematico.

L’eccezione non merita accoglimento.

In primo luogo questo Tribunale dà atto dell’esistenza di contrapposti orientamenti della giurisprudenza di merito sulla natura o meno del reclamo quale atto endoprocessule; contrasto giurisprudenziale nel quale paradigmatiche sono le posizioni del Tribunale di Torino (ordinanza 06/03/2015 ) secondo cui il reclamo è atto “endoprocessuale” (e quindi va obbligatoriamente depositato telematicamente)e quella del Tribunale di Asti (ordinanza del 23/03/2015) secondo cui invece il reclamo va considerato quale atto introduttivo di un nuovo e diverso giudizio (e quindi va depositato in modalità cartacea o comunque in via alternativa in quei Tribunali – come quello di Ancona- che hanno ricevuto il decreto ex art. 35).

Come è noto in base all’art. 16 bis D.L. 179/12 il deposito in via telematica è obbligatorio solo per gli atti endoprocessuali, essendo esclusi quelli introduttivi.

Questo Tribunale ritiene – conformemente all’orientamento espresso sul punto da ultimo dal Tribunale di Torino- che il reclamo vada considerato come atto “endoprocessuale” e come tale vada depositato in via telematica.

Nello stesso schema ministeriale il reclamo viene considerato come “endoprocessuale”, tant’è che viene richiesto di indicare obbligatoriamente il numero di R.G. del provvedimento reclamato e l’indicazione delle parti (“modifica anagrafica”) non è obbligatoria: esattamente, quindi, come per una qualsiasi memoria o comparsa in corso di causa (cfr. sul punto anche il protocollo adottato da questo Tribunale nel 2014 anche se il predetto è in corso di modificazioni alla luce degli interventi normativi successivi alla sua adozione).

Tuttavia questo Tribunale – in ciò discostandosi da quanto ritenuto dal Tribunale di Torino e conformandosi invece a quanto sostenuto dal Tribunale astigiano e dal Tribunale di Vercelli (cf. ordinanza del 4 agosto del 2014)- ritiene che – in assenza di una disposizione che sanzioni con l’inammissibilità il deposito degli atti introduttivi in forma diversa da quella del deposito telematico- se il reclamo è depositato con modalità cartacea (ma nel rispetto del termine indicato e secondo le modalità previste per tale tipo di deposito) e se è avvenuta la regolare costituzione del contraddittorio, la violazione della suddetta disposizione -in applicazione dei principi della libertà delle forme (art. 121 c.p.c.) e del raggiungimento dello scopo (art. 156 c.p.c.)- non possa essere sanzionata (tanto meno con la nullità che ai sensi dell’art. 156 comma I c.p.c. deve essere espressamente comminata dalla legge).

Nel caso di specie il reclamo *** depositato con modalità cartacea ha comunque raggiunto la sua funzione tipica.

Infatti, a seguito del deposito in via cartacea, è stata fissata la prima udienza, sono stati notificati il reclamo e il provvedimento di fissazione dell’udienza alle controparti ed è stato instaurato il giudizio, nel rispetto del principio del contradditorio.

D’altronde il deposito di un atto attraverso uno strumento non consentito o non previsto, era già stato affrontato dalla giurisprudenza di legittimità con riguardo al deposito in un atto effettuato a  mezzo di raccomandata cartacea. La corte di Cassazione con sentenza n. 5160 del 2009 aveva ritenuto che tale deposito integrasse una irregolarità, al più una nullità, sanabile per l’evidente raggiungimento dello scopo.

Va invece accolta -perché fondata- l’ulteriore eccezione sollevata da parte resistente di inammissibilità e/o improcedibilità del reclamo per omessa instaurazione del giudizio di merito da parte del sig. *** (quale opponente) nel termine perentorio assegnatogli dal G.E.

E’ infatti pacifico che *** non ha provveduto ad instaurare il giudizio di merito (cfr. anche quanto sul punto dal medesimo dedotto nella nota autorizzata ove il predetto ha dichiarato di non aver interesse alla instaurazione del giudizio di merito).

Orbene questo Collegio ritiene che la omessa introduzione del giudizio di merito faccia venir meno l’interesse ad agire (art. 100 c.p.c. ***) al reclamo ivi in esame.

Al riguardo, non si può non distinguere l’ipotesi di rigetto da quella di accoglimento dell’istanza di sospensione.

Nel caso in cui il procedimento esecutivo non sia stato sospeso (come è nel caso di specie), l’unico soggetto avente interesse ad una pronuncia sull’opposizione deve essere individuato nell’opponente-debitore, dal momento che il diniego della cautela consente la regolare prosecuzione della procedura esecutiva a vantaggio delle altre parti.

Orbene, l’opponente, invece, di introdurre il merito nel termine perentorio, potrebbe prestare acquiescenza al provvedimento negativo. Se, però, egli vuole far valere le proprie ragioni deve necessariamente introdurre la causa di merito.

Invece, nella diversa ipotesi di accoglimento dell’istanza di sospensione, ad avere interesse alla instaurazione del giudizio di merito non è solo l’opponente ma anche il creditore opposto e ciò al fine di evitare l’estinzione del giudizio esecutivo secondo quanto disposto dall’ art. 624 comma III c.p.c. (applicabile nel solo caso di mancata insaturazione del giudizio di merito in presenza di un ordinanza di accoglimento della istanza di sospensione).

Orbene nel caso di specie -in cuila chiesta cautela è stata negata con il provvedimento del GE ivi impugnato- non trova applicazione la fattispecie estintiva di cui all’art. 624 c.p.c., comma 3, e, quindi, il debitore opponente non può usufruire di tale eventuale utilitas.

Né, sotto altro profilo, giova, nel caso di specie (diversamente da quanto ritenuto dalla difesa di parte resistente), il richiamo alla disciplina del rito cautelare uniforme quale dettata dall’art. 669 bis e ss c.p.c., così come novellata dalla legge n. 80/2005 e dalla legge del 2009 n. 69 ed, in particolare, la previsione relativa alla ultrattività dei provvedimenti cautelari anticipatori e alla cd. strumentalità attenuta.

Infatti, sono da considerarsi provvedimenti c.d. anticipatori, per i quali il successivo giudizio di merito deve considerarsi solo eventuale, quelli idonei a produrre effetti sulla realtà materiale o giuridica, così da non richiedere necessariamente l’introduzione del giudizio di merito (art. 669 octies c.p.c. comma VI).

D’altronde, in tali casi, è escluso che il giudice della cautela possa fissare un termine per l’inizio del giudizio di merito e, questo, ove introdotto dalla parte soccombente in sede cautelare, si conforma abitualmente quale giudizio di accertamento negativo.

Per contro, è di agevole comprensione come il provvedimento di sospensione del giudice dell’esecuzione, produca effetti solo sul processo esecutivo, sospendendolo, ed è di tale natura da richiedere necessariamente un esito ulteriore: esito, che, a seguito dell’introduzione dell’art. 624, co.3°, c.p.c., deve essere individuato, in via alternativa, nella sentenza conclusiva del giudizio di opposizione ovvero nell’estinzione della procedura esecutiva.

Pertanto – data la suddetta strumentalità e non anticipatorietà del provvedimento di sospensione deve ritenersi che la stabilizzazione del provvedimento di sospensione sia condizionata alla introduzione del merito.

Di conseguenza la sospensione se anche concessa da questo collegio, dovrebbe considerarsi “inefficace” a seguito della mancata introduzione del giudizio di merito e, dunque, difetta l’interesse ad agire del reclamante.

Le spese seguono la soccombenza del reclamante e si liquidano in favore della parte reclamata come da dispositivo ex DM 55/2014 tenuto conto del valore della controversia e dell’attività processuale effettivamente svolta.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il reclamo;
per l’effetto,
conferma il provvedimento ivi opposto;
condanna il reclamante al pagamento delle spese di lite in favore di parte reclamata che si liquidano in E. *** oltre al 15% a titolo di rimborso forfettario, oltre Iva e Cpa, come per legge.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 28/05/2015
Si comunichi

 

Il Presidente

dott.ssa Francesca Miconi

Il Giudice rel./est.
dott.ssa Gabriella Pompetti