Cassazione: l’avvocato è responsabile della gestione della propria casella pec

La Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con la sentenza del 20 maggio 2019, n. 13532, ribadisce il principio secondo il quale “con specifico riferimento alla ipotesi di saturazione della casella PEC, è stato escluso che tale saturazione configuri un impedimento non imputabile al difensore al fine di legittimare la richiesta di rimessione in termini per la notifica di un atto”.

Nel caso di specie la comunicazione a mezzo pec dell’ordinanza dichiarativa della legittimità del licenziamento non era pervenuta al difensore, appunto a causa della “casella piena”; la cancelleria aveva quindi eseguito la comunicazione effettuandone il deposito in cancelleria, ai sensi dell’art. 16 co. 6 , d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (conv. L. 17 dicembre 2012, n. 221). Il ricorrente aveva poi presentato tardivamente l’opposizione a tale ordinanza e il giudice del reclamo l’aveva dichiarata, proprio per tale motivo, inammissibile. Nel ricorso per cassazione deduce il mancato censimento, nell’anagrafica del fascicolo, dell’avvocato co-difensore per “una scelta del tutto arbitraria dell’ufficio di cancelleria” e che “costituiva obbligo dell’ufficio di cancelleria, stante la impossibilità di effettuare la comunicazione a mezzo PEC, ricercare metodi di notifica alternativi inviando la comunicazione anche all’altro procuratore domiciliatario munito di PEC”.

La Corte, dopo una disamina normativa e giurisprudenziale, conferma, quindi, la declaratoria di inammissibilità per tardività dell’opposizione in quanto il deposito in cancelleria del provvedimento giurisdizionale è idoneo “a determinare il decorso del termine per la proposizione dell’opposizione” e riafferma quanto già enunciato dalla stessa sezione con la sentenza del 2 luglio 2014, n. 15070:  “l’avvocato, che abbia effettuato la comunicazione del proprio indirizzo di PEC al Ministero della Giustizia per il tramite del Consiglio dell’Ordine di appartenenza, diventa responsabile della gestione della propria utenza, nel senso che ha l’onere di procedere alla periodica verifica delle comunicazioni regolarmente inviategli dalla cancelleria a tale indirizzo, indicato negli atti processuali, non potendo far valere la circostanza della mancata apertura della posta per ottenere la concessione di nuovi termini per compiere attività processuali”.