Aprile 2018

Cass., sez. VI, ord. 29 dicembre 2017 n. 31207 (Pres. Schirò, rel. Curzio)

 
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Notifica a mezzo PEC – Notifica effettuata dopo le ore 21 – Perfezionamento – Ore 7 del giorno successivo – Questione di legittimità costituzionale – Esclusione
 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STEFANO SCHIRO’                                                                                             – Presidente –

Dott. PIETRO CURZIO                                                                                                  – Rel. Pres. Sez. –

Dott. ADELAIDE AMENDOIA                                                                                     – Pres. Sez. –

Dott. MARCELLO IACOBELLIS                                                                                   – Pres. Sez. –

Dott. ANDREA SCALDAFERRI                                                                                    – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso 491-2016 proposto da:

S. M. SPA, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ***, VIA ***, presso lo studio dell’avvocato E. V., che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato A. G.;

– ricorrente –

contro

R. M. S., elettivamente domiciliata in ***, VIA ***, presso lo studio dell’avvocato L. S., rappresentata e difesa dall’avvocato M. S.;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1026/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, del il 15/10/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/10/2017 dal Presidente Dott. PIETRO CURZIO.

Ragioni della decisione

1. La S. M. spa ha proposto ricorso per cassazione per ottenere l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di L’Aquila che ha respinto il suo appello nei confronti della decisione del Tribunale di Vasto, che aveva condannato la società al pagamento di una somma in favore dell’intimata, a titolo di risarcimento dei danni per la mancata costituzione del rapporto di lavoro ordinata dal giudice con provvedimento cautelare.

2. La lavoratrice ha depositato controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per cassazione per tardività della notifica in quanto effettuata oltre le ore 21.00 dell’ultimo giorno utile.

3. Su proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis, c.p.c., il presidente della sesta sezione civile ha fissato con decreto la camera di consiglio dinanzi al collegio previsto dal par. 41.2 delle tabelle della Corte, indicando che è stata ravvisata un’ipotesi di inammissibilità del ricorso per tardività della notifica. Il decreto è stato comunicato alle parti, che non hanno depositato memorie.

4. La sentenza della Corte d’appello è stata notificata alla società ricorrente il 23 ottobre 2015. La richiesta di notifica del ricorso per cassazione è stata effettuata con modalità telematiche dalla società dopo le ore 21.00 di martedì 22 dicembre 2015, ultimo giorno utile.

5. Il problema che si pone è pertanto di stabilire se la notifica telematica effettuata dopo le 21.00 del giorno di scadenza del termine per proporre il ricorso sia o meno tempestiva.

6. Il legislatore ha disciplinato la materia delle notificazioni telematiche in particolare con due recenti interventi integrativi della disciplina delle notificazioni dettata dalla legge 21 gennaio 1994, n. 53, intitolata “Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati”.

7. La prima integrazione è stata operata nel 2012, dall’art. 1, comma 19, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che, per il tramite dell’art. 16-quater del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ha aggiunto l’art. 3- bis alla legge 53/94.

8. Tale art. 3-bis disciplina oggi le modalità di “esecuzione” della notifica telematica.

9. Il suo terzo comma si occupa del problema del “perfezionamento” della notifica, stabilendo quando una notifica telematica deve intendersi perfezionata.

10. La previsione normativa, tenendo conto delle indicazioni della Corte costituzionale (Corte cost. , 477/2002), della riscrittura dell’art. 149 c.p.c. operata dalla 1. 28 dicembre 2005, n. 263 e delle successive precisazioni in sede nomofilattica (Cass. , sez. un. , 9 dicembre 2015, n. 24822), distingue la posizione di chi effettua la notifica e di chi la riceve.

11. La disposizione così recita: “La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accetta ione prevista dall’art. 6, comma 1, del d.p.r. 11 febbraio 2005, n. 68 e per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall’art. 6, collima 2”, del medesimo d.p.r.

12. Quindi, per il soggetto notificante la notifica si perfeziona nel momento in cui la richiesta viene accettata dal sistema, generando la “ricevuta di accettazione”.

13. Mentre, per il destinatario si perfeziona nel momento in cui la notifica gli viene consegnata nella casella p.e.c., e si genera la “ricevuta di avvenuta consegna”.

14. La ratio di questa “scissione” del momento di perfezionamento della notifica è costituita dal fatto che non devono ricadere sul soggetto che effettua la notifica ritardi derivanti da meccanismi che egli non governa e sui quali non ha possibilità di incidere. Quindi, per il notificante ciò che rileva è il momento in cui egli ha richiesto la notifica (attestato dalla ricevuta di accettazione), non quello in cui la notifica viene consegnata al destinatario (attestato dalla ricevuta di avvenuta consegna), momento diverso che rileva solo per il destinatario.

15. Altro e distinto problema è quello di stabilire i termini entro i quali una notifica deve essere fatta e quindi, rimanendo nell’ottica del soggetto notificante, entro i quali egli deve ‘richiedere’ la notifica.

16. Questo problema è stato oggetto di un diverso e successivo intervento del legislatore, operato nel 2014.

17. Come si desume dagli atti della Camera dei deputati, in sede di “tavolo permanente” che seguiva i lavori parlamentari, era stato posto il problema di sapere se alle notifiche telematiche si applicasse o meno il limite temporale fissato per le notifiche tradizionali dall’art. 147 c.p.c., che così dispone: “Le notificazioni non possono farsi prima delle ore 7 e dopo le ore 21”.

18. Alcuni ritenevano che anche alle notifiche telematiche si applicasse la regola fissata in tale norma. Altri ritenevano che invece l’art. 147 non si applicasse alle notifiche telematiche e che quindi queste potessero essere fatte anche tra le 21 e le 7 della mattina dopo.

19. Sicuramente un accesso dell’ufficiale giudiziario tra le 21 e le 7 comporta dei problemi per il diritto delle persone al riposo che una notifica telematica, pervenendo e giacendo nella casella p.e.c. del destinatario non comporta. Tuttavia, se la delimitazione temporale dettata dall’art. 147 c.p.c. non si applicasse alle notifiche telematiche, la notifica mediante p.e.c. effettuata tra le 21 e mezzanotte comporterebbe per il destinatario una perdita di tempo utile nella difesa e quindi la necessità di controllare continuamente lo stato delle notifiche anche in orari da destinare al riposo.

20. La soluzione prescelta dal legislatore è stata quella formulata nell’art. 45-bis, comma 2, lett. b), introdotto in sede di conversione nella legge 11 agosto 2014, n. 114 del d.I. 24 giugno 2014, n. 90. Tale norma ha aggiunto l’art. 16- septies al testo del d.I. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito con modificazioni nella legge 17 dicembre 2012, n. 99 1.

21. L’art. 16- septies è intitolato “Tempo delle notificazioni” e così recita: “La disposizione dell’art. 147 del codice di procedura civile si applica anche alle notificazioni eseguite con modalità telematiche. Quando è eseguita dopo le 21, la notificazione si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo”.

22. È quindi prevalsa la linea che sosteneva l’applicabilità dei limiti temporali fissati dalla norma del codice per le notificazioni tradizionali anche alle notificazioni telematiche.

23. La previsione consta di due parti. La prima estende anche alle notificazioni telematiche la regola dettata dall’art. 147 c.p.c. per cui le notificazioni non possono farsi prima delle 7 e dopo le 21. La seconda precisa che, in caso di notifiche telematiche, se la notificazione è eseguita dopo le 21 “si considera perfezionata” alle 7 del giorno dopo.

24. Il legislatore pertanto 1) estende la delimitazioni di orario dettate per le notificazioni effettuate tramite ufficiale giudiziario anche alle notificazioni telematiche (prima parte); 2) trasforma quello che nell’art. 147 è un divieto di compiere materialmente l’atto in un meccanismo per cui la notificazione se viene comunque eseguita, “si considera perfezionata” solo alle 7 del giorno dopo.

25.Si interviene quindi sul concetto di perfezionamento della notificazione stabilendo che, se effettuata in orario tra le 21 e le 7, la notifica si considera perfezionata alle 7 del mattino.

26. Nel fare ciò il legislatore non ha distinto la posizione del notificante da quella del destinatario della notifica.

27. Tale distinzione continuerà a valere, secondo la regola generale dettata dall’art. 3-bis, nel senso che se il notificante ha richiesto la notifica prima delle 21 e la consegna è avvenuta dopo le 21, la notifica si è perfezionata quel giorno, in quanto rimane fermo che per lui ciò che vale è la ricevuta di accettazione della richiesta. Ma se invece egli ha richiesto la notifica dopo le 21, il perfezionamento, per espressa previsione normativa, si considera avvenuto alle 7 del giorno dopo.

28. Il legislatore avrebbe potuto distinguere le posizioni del notificante e del destinatario anche a questo fine, disponendo che la notifica si considera perfezionata alle 7 del giorno dopo “solo per il destinatario della notifica”, ma non lo ha fatto.

29. La disposizione è chiara anche sotto questo profilo e l’interprete non può introdurre un’aggiunta che ne modifichi il contenuto, creando una norma nuova. La giurisdizione entrerebbe nel campo riservato alla legislazione.

30. Questa interpretazione è stata condivisa dalla maggior parte dei giudici di merito che si sono pronunciati e dalla Corte di cassazione nei suoi due precedenti: Cass. sez. lav., 4 maggio 2016, n. 8886 e Cass., sez. terza, 21 settembre 2017, n. 21915.

31. Nel presente giudizio non sono stati offerti elementi, secondo quanto previsto dall’art. 360-bis, n. 1, per mutare la “giurisprudenza” della Corte.

32. Le parti del giudizio non hanno sollecitato la rilevazione di questioni di legittimità costituzionale, che la Corte, consapevole che la questione è stata sollevata dalla Corte d’appello di Milano, non ritiene di sollevare d’ufficio.

33. La soluzione adottata dal legislatore, volta a tutelare il diritto di difesa del destinatario della notifica, non è tale da sconfinare in una violazione del diritto di difesa del notificante, che rimane nella medesima condizione di chi notifica con metodo tradizionale o di chi sceglie la notifica a mezzo posta ed è soggetto ai limiti di orario degli uffici postali. Né la soluzione legislativa viola il principio di uguaglianza per il tramite di una pretesa irragionevolezza nel trattare in modo simile situazioni difformi, in quanto la possibilità di porre medesimi o analoghi limiti temporali a soggetti che scelgono di adottare tecniche di notifica diverse rientra nello spazio decisionale riservato al legislatore.

34. Deve essere quindi fissato il seguente principio di diritto: “Ai sensi dell’art. /6-septies del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito con modificazioni nella legge 17 dicembre 2012, n. 221, qualora la notifica con modalità telematiche venga richiesta, con rilascio della ricevuta di accettazione, dopo le ore 21.00, si perfeziona alle ore 7.00 del giorno successivo. È pertanto inammissibile, perché non tempestivo, il ricorso per cassazione la cui notificazione sia stata richiesta, con rilascio della ricevuta di accettazione dopo le ore 21.00 del giorno di scadenza del termine per l’impugnazione”.

35. Nel caso in esame il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché la ricevuta di accettazione della richiesta di notifica telematica reca un orario successivo alle ore 21.00 del giorno di scadenza del termine per l’impugnazione.

36. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della società soccombente, che dovrà anche versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la società ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in 2.000,00 euro per compensi professionali, oltre spese forfetarie in misura del 15% ed accessori.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.p.r. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 ottobre 2017.

Cass., sez. VI, ord. 29 dicembre 2017 n. 31207 (Pres. Schirò, rel. Curzio) Leggi tutto »

Cass., sez. VI-2, ord. 14 marzo 2018 n. 6339 (Pres. D’Ascola, rel. Picaroni)

 

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Impugnazioni – Ricorso per cassazione – Deposito della copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notifica (art. 369, c. 2, n. 2 c.p.c.) – Deposito in sede di memoria ex art. 372 c.p.c. – Improcedibilità

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE – 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PASQUALE D’ASCOLA – Presidente –

Dott. LORENZO ORILIA – Consigliere –

Dott. ALBERTO GIUSTI – Consigliere –

Dott. ELISA PICARONI – Rel. Consigliere –

Dott. ANTONINO SCALISI – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso NN-AA proposto da:

P. V., elettivamente domiciliato in ROMA, ***, presso lo studio dell’avvocato L. D. B., rappresentato e difeso dagli avvocati H. N., G. B.;

– ricorrente –

Contro

L. V., P. M. G., elettivamente domiciliati in ROMA, ***, presso lo studio dell’avvocato S. C., rappresentati e difesi dall’avvocato P. B.;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 301/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 28/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/10/2017 dal Consigliere dott. Elisa Picaroni.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Ritenuto che V. P. ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano, depositata in data 28 gennaio 2016 e notificata in data 1 febbraio 2016, che ha accolto l’appello proposto da M. P. e V. L. avverso la sentenza del Tribunale di Milano – sezione distaccata di Legnano n. 8003 del 2014;

che il Tribunale aveva accolto la domanda del sig. P., promissario acquirente dell’immobile di proprietà dei sigg. P.-L., ritenendo legittimo il recesso di P. dal preliminare per mancato rilascio del certificato di abitabilità prima del rogito, ed aveva condannato i convenuti al pagamento dell’importo di euro 35 mila a titolo di restituzione di quanto versato in esecuzione del preliminare e del doppio della caparra;

che la Corte d’appello ha ritenuto, invece, illegittimo il recesso del promissario acquirente ed accertato il diritto dei promittenti venditori a trattenere gli importi ricevuti;

che V. P. ricorre con quattro motivi, ai quali resistono con controricorso M. P. e V. L.;

che il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., di improcedibilità del ricorso per mancato deposito della copia autentica della sentenza impugnata con la relazione di notificazione, effettuata con modalità telematica;

che il ricorrente ha depositato memoria con allegata la documentazione indicata;

che il ricorso è improcedibile;

che il ricorso risulta spedito per la notifica in data 31 marzo 2016, e quindi dopo che erano trascorsi oltre 60 giorni dalla data di pubblicazione della sentenza impugnata (28 gennaio 2016), sicché non può farsi applicazione del principio secondo cui, pur in difetto di produzione di copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima, il ricorso per cassazione deve egualmente ritenersi procedibile ove risulti, dallo stesso, che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza (Cass., 10/07/2013, n. 17066); che del pari non può trovare applicazione il principio sancito da Cass. Sez. U. 02/05/2017, n. 10648, secondo cui deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità nel caso in cui la relata di notifica risulti comunque nella disponibilità del giudice, perché prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio;

che, nella specie, soltanto in sede di memoria ex art. 372 cod. proc. civ, il ricorrente ha depositato la copia cartacea della sentenza, della relata di notifica e del messaggio pec con relativa attestazione di conformità agli originali ricevuti in formato digitale tramite pec in data 1 febbraio 2016; che il deposito suddetto è avvenuto oltre il termine di cui all’art. 369, primo comma, cod. proc. civ., e quindi non può valere ad evitare la sanzione della improcedibilità del ricorso (ex plurimis, Cass. Sez. U. 16/04/2009, n. 9005);

che non è rilevante in senso contrario la circostanza che la notifica è stata effettuata, come già detto, in forma Ric. 2016 n. 08839 sez. M2 – ud. 26-10-2017 3 telematica, ai sensi dell’art. 3-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, conv. con modif. dalla legge n. 221 del 2012;

che in proposito si richiama l’ordinanza 22 dicembre 2017, n. 30765 pronunciata dalla Sezione sesta nella composizione prevista dal par. 41.2. delle tabelle di questa Corte;

che la suddetta pronuncia, di valenza nomofilattica, si è soffermata sulla questione del deposito degli atti comprovanti l’avvenuta notifica in via telematica del provvedimento impugnato nel giudizio di cassazione, che si svolge tuttora in forma analogica – fatta eccezione per le comunicazioni e notificazioni da parte delle cancellerie delle sezioni civili (D.M. giustizia 19 gennaio 2016) – ed ha ritenuto necessario il deposito delle copie cartacee degli atti digitali, con attestazione di conformità, confermando i numerosi precedenti arresti di questa Corte (ex plurimis, Cass. n. 6657 del 2017);

che, all’esito della ricognizione del quadro normativo, l’ordinanza n. 30765 del 2017 ha evidenziato che, in forza del combinato disposto degli artt. 9, comma 1-bis, 3 e 3-bis della legge n. 53 del 1994, l’avvocato, in qualità di pubblico ufficiale, ha il potere di attestare la conformità agli originali digitali delle copie del messaggio di posta elettronica certificata inviato all’avvocato di controparte, delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, nonché degli atti allegati, comprensivi della relazione di notificazione;

che tale potere di attestazione è stato esteso, dal comma 1-ter del citato art. 9 (comma aggiunto nel 2014), a tutti i casi in cui la parte deve offrire la prova della notificazione;

che, pertanto, l’avvocato che intende proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento che gli è stato notificato con modalità elettroniche è in grado di procedere agli Ric. 2016 n. 08839 sez. M2 – ud. 26-10-2017 4 adempimenti richiesti dall’art. 369 cod. proc. civ., che si risolvono nel deposito nella cancelleria della Corte della copia cartacea del messaggio di posta elettronica ricevuto e dei relativi allegati, atto impugnato e relazione di notifica, e nell’attestazione della conformità dei documenti agli originali digitali; che la stessa ordinanza n. 30765 del 2017 ha ribadito i principi fondamentali in tema di procedibilità del ricorso per cassazione (allegazione al ricorso per cassazione di copia autentica della sentenza e della relazione di notificazione; sanabilità della carenza originaria con il deposito successivo purché entro il termine di venti giorni dalla notifica del ricorso; rilevabilità d’ufficio del mancato deposito dell’uno o dell’altro atto; irrilevanza della eventuale non contestazione da parte del controricorrente; insussistenza della improcedibilità quando il ricorso risulta notificato nel rispetto del termine breve d’impugnazione decorrente dalla data di pubblicazione della sentenza impugnata), espressamente ritenuti applicabili in caso di ricorso avverso provvedimento notificato in via telematica;

che, pertanto, si deve escludere in radice la denunciata aporia nel sistema normativo all’epoca della introduzione del presente ricorso (2016), con la conseguenza che non sussisteva per il ricorrente l’impossibilità di assolvere all’onere imposto dall’art. 369 cod. proc. civ. e che non ricorrono i presupposti per ritenere che il ricorrente sia incorso in errore scusabile;

che l’onere di deposito nei termini indicati palesemente non configura una restrizione “sproporzionata” al diritto di accesso al giudice di legittimità, incompatibile con l’art. 6 Cedu;

che, in conclusione, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, con onere delle spese a carico del ricorrente;

che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 3.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 26 ottobre 2017.

Il Presidente

Cass., sez. VI-2, ord. 14 marzo 2018 n. 6339 (Pres. D’Ascola, rel. Picaroni) Leggi tutto »

Cass., sez. VI-1, ord. 14 marzo 2018 n. 6378 (Pres. Genovese, rel. Di Marzio)

 

ATTENZIONE
L’attività redazionale di anonimizzazione e di pubblicazione in un formato accessibile dei testi dei provvedimenti richiede un impegno notevole. I provvedimenti sono pubblici e possono essere liberamente riprodotti: qualora vengano estrapolati dal presente sito, si prega di citare quale fonte www.processociviletelematico.it
 

Notifica ex art. 15 l.f. – Notifica al socio illimitatamente responsabile – Socio accomandatario – Applicazione del regime notificatorio ordinario (art. 137 ss. c.p.c.) – Esclusione

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE -1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE                                             – Presidente –

Dott. ANDREA SCALDAFERRI                                                     – Consigliere –

Dott. CARLO DI CHIARA                                                               – Consigliere –

Dott. MAURO DI MARIO                                                             – Rel. Consigliere –

Dott. LOREDANA NAZZICONE                                                   – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso 27204-2016 proposto da:

C. M. P., in proprio e in qualità di legale rappresentante pro tempore, della Società P. F. C. C. S.A.S. DI P. C. M. , elettivamente domiciliati in ***, VIA ***, presso lo studio dell’avvocato C. C., rappresentati e difesi dall’avvocato F. D. G.;

– ricorrente –

contro

F. S.R.L. IN LIQUIDAZIONE , in persona del suo liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ***, VIA ***, presso lo studio dell’avvocato M. L., rappresentato e difeso dall’avvocato V. M.;

– controricorrente –

contro

F. P. F. C. C. S.A.S. di P. C. M. E DEL SOCIO P. C. M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1894/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/01/2018 dal Consigliere Dott. MAURO DI NIARZIO.

RILEVATO CHE

1. — Con sentenza del 21 ottobre 2016 la Corte d’appello di Bologna ha respinto il reclamo contro sentenza dichiarativa di fallimento proposto dalla P. F. C. C. S.a.S. del dott. P. C. M. e da quest’ultimo personalmente nei confronti del fallimento della società e del suo accomandatario, nonché di F. S.r.l. in liquidazione.

2. — Per la cassazione della sentenza la P. F. C. C. S.a.S. del doti. P. C. M. e quest’ultimo personalmente hanno proposto ricorso per tre motivi.

F. S.r.l. in liquidazione ha resistito con controricorso mentre il Fallimento non ha spiegato difese. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa

CONSIDERATO CHE

3. — Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 15, comma 3, della legge fallimentare, laddove la Corte d’appello ha ritenuto perfezionata la notifica telematica del ricorso di fallimento nei confronti del socio illimitatamente responsabile P. C. M., nonché vizio di motivazione per illogicità della stessa. Il secondo motivo denuncia nullità della sentenza per violazione del contraddittorio, censurando la sentenza impugnata per avere la curatela prodotto documentazione sebbene non costituita, non consentendo al ricorrente di prenderne visione e di contraddire. Il terzo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 5 e 15 ultimo comma della legge fallimentare, per aver la Corte d’appello ritenuto sussistente lo stato di insolvenza sulla base di un unico credito, integralmente contestato, omettendo di valutare la fondatezza della pretesa.

RITENUTO CHE

4. — 11 Collegio ha disposto l’adozione della modalità di motivazione semplificata.

5. — 11 ricorso va respinto.

5.1. — Il primo motivo è inammissibile.

L’inammissibilità, nella parte in cui è denunciato vizio di motivazione per illogicità della stessa, discende dalla formulazione del numero 5 dell’articolo 360 c.p.c., nel testo vigente, che ammette il sindacato motivazionale non già per illogicità della motivazione, bensì esclusivamente per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Nella parte in cui è denunciato vizio di violazione di legge, con riguardo al terzo comma dell’articolo 15 della legge fallimentare, è poi agevole osservare che il vizio di violazione di legge (quanto alla violazione di legge in senso proprio) ricorre in ipotesi di erronea negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, nonché di attribuzione ad essa di un significato non appropriato, ovvero (quanto alla falsa applicazione), alternativamente, nella sussunzione della fattispecie concreta entro una norma non pertinente, perché, rettamente individuata ed interpretata, si riferisce ad altro, od altresì nella deduzione dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, di conseguenze giuridiche che contraddicano la sua pur corretta interpretazione (Cass. 26 settembre 2005, n. 18782).

Dalla violazione o falsa applicazione di norme di diritto va difatti tenuta nettamente distinta la denuncia dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, ricognizione che si colloca al di fuori dell’ambito dell’interpretazione e applicazione della norma di legge. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 4 aprile 2013, n.8315; Cass. 16 luglio 2010, n. 16698; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass., Sez. lin., 5 maggio 2006, n. 10313).

Nel caso in esame la doglianza, lungi dal porre in discussione la portata applicativa dell’articolo 15 della legge fallimentare, salvo un aspetto del quale subito si dirà, è in realtà tutta diretta a contestare l’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, il quale ha osservato che «il socio accomandatario non si è presentato dinanzi al tribunale, nonostante la regolare notifica della convoca,-ione della società e la successiva notifica effettuata, dopo il 17.111)1.0 dell’udienza, anche PEC del socio accomandatario risultante dal sito ufficiale. Dalla documentazione in atti risulta che, all’epoca di entrambe le notifiche, i due indirizzi erano coincidenti, mentre l’adozione di un distinto e autonomo indirizzo è di un periodo successivo»: affermazione, quella svolta dalla Corte d’appello la quale trova riscontro in quanto dichiarato dagli stessi ricorrenti nel ricorso, a pagina 7, ove è detto che in effetti «il socio C. M. era dotato di un indirizzo PEC risultante da pubblici elenchi», con l’aggiunta, però, che, secondo gli stessi ricorrenti, «tale indirizzo non era valido in quanto :già domicilio digitale di un diverso soggetto giuridico (la società)».

A quest’ultimo riguardo, tuttavia, si deve aggiungere che detta tesi non è stata esaminata dalla Corte d’appello, dinanzi alla quale i ricorrenti (pagina 2 della sentenza impugnata) risultano averne prospetta una completamente diversa, ossia che la notificazione del ricorso per dichiarazione di fallimento e del provvedimento di fissazione dell’udienza prefallimentare era stata notificata soltanto alla società e non al «socio accomandatario (avente un proprio ed autonomo indirizzo PEC)».

Sicché trova applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675).

Resta da dire dell’assunto secondo cui «la notifica del ricorso e del decreto di convocazione per i soci illimitatamente responsabili di società di persone che siano persone fisiche dorrà seguire necessariamente l’ordinario regime notificatorio previsto dal codice di rito ex articolo 137 seguente c.p.c.» (pagina 3 del ricorso). Ma anche in questo caso si tratta di argomento totalmente assente dalla sentenza impugnata con conseguente inammissibilità della censura in ossequio al principio poc’anzi richiamato.

Ciò esime dall’osservare che non è dato comprendere, per la verità, nell’argomentare del ricorrente, per quale ragione l’imprenditore individuale dovrebbe godere di un trattamento di favore rispetto all’imprenditore che operi in forma societaria, potendo invocare, in caso di fallimento della notificazione effettuata a mezzo pec, l’applicazione delle regole dettate dagli articoli 138 e seguenti c.p.c. contrario, se l’imprenditore commerciale non si è curato di ottenere e mantenere in funzione un indirizzo pec, l’istanza di fallimento e il decreto di fissazione di udienza vanno a lui notificati nella forma subordinata di cui all’art. 15, terzo comma, della legge fallimentare (Cass. 4 luglio 2017, n. 16447). Basterà rammentare che la norma è stata sottoposta a scrutini di costituzionalità con specifico riferimento alle società (v. Corte. cost. n. 146 del 2016), ma con argomentazione che, evocando la specialità e complessità degli interessi sottesi, comuni a una pluralità di operatori economici, sono estendibili a ogni impresa alla quale è posto l’obbligo di dotarsi di indirizzo pec, tanto più che la norma garantisce adeguatamente il diritto di difesa, nella sua declinazione di conoscibilità, da parte del debitore, dell’attivazione del procedimento fallimentare a suo carico, proprio in ragione del predisposto articolato meccanismo di ricerca, che suppone la previa notizia presso l’indirizzo pec del quale l’imprenditore, anche individuale, è obbligato a dotarsi e che è tenuto a mantenere attivo durante la vita dell’impresa (Cass. 20 dicembre 2016, n. 26333).

5. 2 . Il secondo motivo è inammissibile.

Lamentano i ricorrenti che il Fallimento avrebbe effettuato produzioni documentali sebbene non costituito in giudizio. La censura è tuttavia inammissibile per difetto del requisito di autosufficienza, dal momento che il ricorso non spiega quali con esattezza sarebbero stati detti documenti, quale sarebbe stato il loro contenuto e quale parte i documenti medesimi abbiano ipoteticamente avuto nella pronuncia dichiarativa di fallimento.

5.3. Il terzo motivo è inammissibile.

Anche in questo caso si tratta di una denuncia di violazione di legge in cui non viene in alcun modo in questione il significato delle norme asseritamente violate, articoli 5 e 15 della legge fallimentare, mentre ciò che i ricorrenti sollecitano è un complessivo riesame delle risultanze istruttorie, evidentemente interdetto in questa sede.

Ciò esime dall’osservare ulteriormente che le doglianze spiegate sono altresì perlopiù carenti sotto il profilo dell’autosufficienza, in particolare con riguardo allo svolgimento del processo penale il cui timore avrebbe indotto il C. M. riconoscere un credito «di dubbia esistenza> (così a pagina 11 del ricorso).

6. Le spese seguono la soccombenza. Sussistono I presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PER QUESTI MOTIVI

dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi C 3.100,00, di cui C 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e quant’altro dovuto per legge; ai sensi del (1.1 3 .R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2018.

 

Cass., sez. VI-1, ord. 14 marzo 2018 n. 6378 (Pres. Genovese, rel. Di Marzio) Leggi tutto »

Cass., sez. VI, ord. 22 dicembre 2017 n. 30766 (Pres. Schirò, rel. Curzio)

 

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Notifica a mezzo PEC – Notifica effettuata dopo le ore 21 – Perfezionamento – Ore 7 del giorno successivo – Questione di legittimità costituzionale – Esclusione
 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STEFANO SCHIRO’ – Presidente –

Dott. PIETRO CURZIO – Rel. Pres. di sez.-

Dott. ADELAIDE AMENDOLA – Pres. di sez. –

Dott. MARCELLO IACOBELLIS – Pres. di sez.-

Dott. ANDREA SCALDAFERRI – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso NN-AA proposto da:

S. M. SPA, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, ***, presso lo studio dell’avvocato E. V., che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato A. G.;

– ricorrente –

contro

D. F. F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ***, presso lo studio dell’avvocato L. S., rappresentato e difeso dall’avvocato M. S.;

– controricorrente –

 

avverso la sentenza n. 1031/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 15/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/10/2017 dal Presidente Dott. PIETRO CURZIO.

Ragioni della decisione

1. La S. M. SPA ha proposto ricorso per cassazione per ottenere l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di L’Aquila che ha respinto il suo appello nei confronti della decisione del Tribunale di Vasto, che aveva condannato la società al pagamento in favore di F. D. F. della somma di 8.083,40 euro, a titolo di risarcimento dei danni per la mancata costituzione del rapporto di lavoro ordinata dal giudice con provvedimento cautelare.

2. Il lavoratore ha depositato controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per cassazione per tardività della notifica in quanto effettuata oltre le ore 21.00 dell’ultimo giorno utile.

3. Su proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis, c.p.c., il presidente della sesta sezione civile ha fissato con decreto la camera di consiglio dinanzi al collegio previsto dal par. 41.2 delle tabelle della Corte, indicando che è stata ravvisata un’ipotesi di inammissibilità del ricorso per tardività della notifica. Il decreto è stato comunicato alle parti, che non hanno depositato memorie.

*****

4. La sentenza della Corte d’appello è stata notificata alla società ricorrente il 23 ottobre 2015. La richiesta di notifica del ricorso per cassazione è stata effettuata con modalità telematiche dalla società dopo le ore 21.00 di martedì 22 dicembre 2015, ultimo giorno utile.

5. Il problema che si pone è pertanto di stabilire se la notifica telematica effettuata dopo le 21.00 del giorno di scadenza del termine per proporre il ricorso sia o meno tempestiva.

6. Il legislatore ha disciplinato la materia delle notificazioni telematiche in particolare con due recenti interventi integrativi della disciplina delle notificazioni dettata dalla legge 21 gennaio 1994, n. 53, intitolata “Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati”.

7. La prima integrazione è stata operata nel 2012, dall’art. 1, comma 19, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che, per il tramite dell’art. 16-quater del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ha aggiunto l’art. 3-bis alla legge 53/94.

8. Tale art. 3-bis disciplina oggi le modalità di “esecuzione” della notifica telematica.

9. Il suo terzo comma si occupa del problema del perfezionamento” della notifica, stabilendo quando una notifica telematica deve intendersi perfezionata.

10.La previsione normativa, tenendo conto delle indicazioni della Corte costituzionale (Corte cost., 477/2002), della riscrittura dell’art. 149 c.p.c. operata dalla 1. 28 dicembre 2005, n. 263 e delle successive precisazioni in sede nomofilattica (Cass., sez. un., 9 dicembre 2015, n. 24822), distingue la posizione di chi effettua la notifica e di chi la riceve.

11.La disposizione così recita: “La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall’art. 6, comma i, del d.p.r. 11 febbraio 2005, n. 68 e per il destinatati°, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall’art. 6, comma 2”, del medesimo d.p.r.

12. Quindi, per il soggetto notificante la notifica si perfeziona nel momento in cui la richiesta viene accettata dal sistema, generando la “ricevuta di accettazione”.

13. Mentre, per il destinatario si perfeziona nel momento in cui la notifica gli viene consegnata nella casella p.e.c., e si genera la “ricevuta di avvenuta consegna”.

14.La ratio di questa “scissione” del momento di perfezionamento della notifica è costituita dal fatto che non devono ricadere sul soggetto che effettua la notifica ritardi derivanti da meccanismi che egli non governa e sui quali non ha possibilità di incidere. Quindi, per il notificante ciò che rileva è il momento in cui egli ha richiesto la notifica (attestato dalla ricevuta di accettazione), non quello in cui la notifica viene consegnata al destinatario (attestato dalla ricevuta di avvenuta consegna), momento diverso che rileva solo per il destinatario.

15. Altro e distinto problema è quello di stabilire i termini entro i quali una notifica deve essere fatta e quindi, rimanendo nell’ottica del soggetto notificante, entro i quali egli deve ‘richiedere’ la notifica.

16. Questo problema è stato oggetto di un diverso e successivo intervento del legislatore, operato nel 2014.

17. Come si desume dagli atti della Camera dei deputati, in sede di “tavolo permanente” che seguiva i lavori parlamentari, era stato posto il problema di sapere se alle notifiche telematiche si applicasse o meno il limite temporale fissato per le notifiche tradizionali dall’art. 147 c.p.c., che così dispone: “Le notificazioni non possono farsi prima delle ore 7 e dopo le ore 21”.

18.Alcuni ritenevano che anche alle notifiche telematiche si applicasse la regola fissata in tale norma. Altri ritenevano che invece l’art. 147 non si applicasse alle notifiche telematiche e che quindi queste potessero essere fatte anche tra le 21 e le 7 della mattina dopo.

19.Sicuramente un accesso dell’ufficiale giudiziario tra le 21 e le 7 comporta dei problemi per il diritto delle persone al riposo che una notifica telematica, pervenendo e giacendo nella casella p.e.c. del destinatario non comporta. Tuttavia, se la delimitazione temporale dettata dall’art. 147 c.p.c. non si applicasse alle notifiche telematiche, la notifica mediante p.e.c. effettuata tra le 21 e mezzanotte comporterebbe per il destinatario una perdita di tempo utile nella difesa e quindi la necessità di controllare continuamente lo stato delle notifiche anche in orari da destinare al riposo.

20.La soluzione prescelta dal legislatore è stata quella formulata nell’art. 45-bis, comma 2, lett. b), introdotto in sede di conversione nella legge 11 agosto 2014, n. 114 del d.l. 24 giugno 2014, n. 90. Tale norma ha aggiunto l’art. 16-septies al testo del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito con modificazioni nella legge 17 dicembre 2012, n. 221.

21.L’art. 16-septies è intitolato “Tempo delle notificazioni” e così recita: “La disposizione dell’art. 147 del codice di procedura civile si applica anche alle notificazioni eseguite con modalità telematiche. Quando è eseguita dopo le 21, la notificazione si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo”.

22.É quindi prevalsa la linea che sosteneva l’applicabilità dei limiti temporali fissati dalla norma del codice per le notificazioni tradizionali anche alle notificazioni telematiche.

23.La previsione consta di due parti. La prima estende anche alle notificazioni telematiche la regola dettata dall’art. 147 c.p.c. per cui le notificazioni non possono farsi prima delle 7 e dopo le 21. La seconda precisa che, in caso di notifiche telematiche, se la notificazione è eseguita dopo le 21 “si considera perfezionata” alle 7 del giorno dopo.

24Il legislatore pertanto 1) estende la delimitazioni di orario dettate per le notificazioni effettuate tramite ufficiale giudiziario anche alle notificazioni telematiche (prima parte); 2) trasforma quello che nell’art. 147 è un divieto di compiere materialmente l’atto in un meccanismo per cui la notificazione se viene comunque eseguita, “si considera perfezionata” solo alle 7 del giorno dopo.

25.Si interviene quindi sul concetto di perfezionamento della notificazione stabilendo che, se effettuata in orario tra le 21 e le 7, la notifica si considera perfezionata alle 7 del mattino.

26.Nel fare ciò il legislatore non ha distinto la posizione del notificante da quella del destinatario della notifica.

27. Tale distinzione continuerà a valere, secondo la regola generale dettata dall’art. 3-bis, nel senso che se il notificante ha richiesto la notifica prima delle 21 e la consegna è avvenuta dopo le 21, la notifica si è perfezionata quel giorno, in quanto rimane fermo che per lui ciò che vale è la ricevuta di accettazione della richiesta. Ma se invece egli ha richiesto la notifica dopo le 21, il perfezionamento, per espressa previsione normativa, si considera avvenuto alle 7 del giorno dopo.

28.Il legislatore avrebbe potuto distinguere le posizioni del notificante e del destinatario anche a questo fine, disponendo che la notifica si considera perfezionata alle 7 del giorno dopo “solo per il destinatario della notifica”, ma non lo ha fatto.

29.La disposizione è chiara anche sotto questo profilo e l’interprete non può introdurre un’aggiunta che ne modifichi il contenuto, creando una norma nuova. La giurisdizione entrerebbe nel campo riservato alla legislazione.

30. Questa interpretazione è stata condivisa dalla maggior parte dei giudici di merito che si sono pronunciati e dalla Corte di cassazione nei suoi due precedenti: Cass. sez. lav., 4 maggio 2016, n. 8886 e Cass., sez. terza, 21 settembre 2017, n. 21915.

31.Nel presente giudizio non sono stati offerti elementi, secondo quanto previsto dall’art. 360-bis, n. 1, per mutare la “giurisprudenza” della Corte.

32.Le parti del giudizio non hanno sollecitato la rilevazione di questioni di legittimità costituzionale, che la Corte, consapevole che la questione è stata sollevata dalla Corte d’appello di Milano, non ritiene di sollevare d’ufficio.

33.La soluzione adottata dal legislatore, volta a tutelare il diritto di difesa del destinatario della notifica, non è tale da sconfinare in una violazione del diritto di difesa del notificante, che rimane nella medesima condizione di chi notifica con metodo tradizionale o di chi sceglie la notifica a mezzo posta ed è soggetto ai limiti di orario degli uffici postali. Né la soluzione legislativa viola il principio di uguaglianza per il tramite di una pretesa irragionevolezza nel trattare in modo simile situazioni difformi, in quanto la possibilità di porre medesimi o analoghi limiti temporali a soggetti che scelgono di adottare tecniche di notifica diverse rientra nello spazio decisionale riservato al legislatore.

34.Deve essere quindi fissato il seguente principio di diritto: “Ai sensi dell’art. /6-septies del dl. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito con modificazioni nella legge 17 dicembre 2012, n. 221, qualora la notifica con modalità telematiche venga richiesta, con rilascio della ricevuta di accettazione, dopo le ore 21.00, si perfeziona alle ore 7.00 del giorno successivo. È pertanto inammissibile, perché non tempestivo, il ricorso per cassazione la cui notificazione sia stata richiesta, con rilascio della ricevuta di accettazione dopo le ore 21.00 del giorno di scadenza del termine per l’impugnazione”.

35.Nel caso in esame il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché la ricevuta di accettazione della richiesta di notifica telematica reca un orario successivo alle ore 21.00 del giorno di scadenza del termine per l’impugnazione.

36.Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della società soccombente, che dovrà anche versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la società ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in 2.000,00 euro per compensi professionali, oltre spese forfetarie in misura del 15% ed accessori.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.p.r. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio ho del 16 ottobre 2017.

Stefano Schiro’ Il Presidente

 

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Processo Amministrativo Telematico: rimesso in termini il ricorrente che notifica all’indirizzo PEC censito nell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA)

Il TAR Napoli, Sez. VIII, con l’ordinanza n. 1653  del 15 marzo 2018, rimette in termini per errore scusabile il ricorrente che abbia notificato il ricorso in proprio a mezzo PEC all’indirizzo risultante dal registro IPA.

Il TAR, innanzitutto, muove dal dato normativo, evidenziando che:
– l’indice delle Pubbliche Amministrazioni era inizialmente “equiparato agli elenchi pubblici dai quali poter acquisire gli indirizzi PEC validi per le notifiche telematiche dall’art. 16-ter D.L. n. 179 del 2012”;
– tale equiparazione è venuta meno a seguito della modifica al predetto art. 16ter ad opera del D.L. n. 90/2014; 

– l’indice PA “viene considerato valido per la notifica agli enti impositori nel processo tributario, ai sensi dell’art. 7, comma 5, del D.M. n. 163/2013, con effetti potenzialmente fuorvianti in sede interpretativa anche per altri riti processuali, quale quello amministrativo, soprattutto in mancata iscrizione dell’ente nel registro PEC tenuto dal Ministero della Giustizia”.

Segue un interessante ricognizione giurisprudenziale, in cui il Collegio richiama, tra le altre, l’ordinanza 13 novembre 2017, n. 420, del Tar Molise, che aveva rimesso in termini il ricorrente per aver notificato all’indirizzo pec dell’Avvocatura dello Stato indicato nel sito Internet dell’avvocatura stessa, e la sentenza  5 febbraio 2018, n. 744 del Consiglio di Stato, Sez. III, secondo la quale “dall’eventuale assenza nell’elenco ufficiale dell’indirizzo PEC di una Pubblica Amministrazione non possono derivare preclusioni processuali per la parte privata”.

Senza contare che – continua il Collegio – vengono in gioco i canoni di autoresponsabilità e legittimo affidamento per cui l’Amministrazione, a fronte di un suo inadempimento all’obbligo di comunicare al Ministero entro il 30 novembre 2014  il proprio indirizzo PEC valido ai fini della notifica telematica nei Suoi confronti  (obbligo imposto dall’art. 16, comma 12, del D.L. n. 179/2012), “non può trincerarsi dietro il disposto normativo che prevede uno specifico elenco da cui trarre gli indirizzi PEC ai fini della notifica degli atti giudiziari, per trarne benefici in termini processuali, così impedendo di fatto alla controparte di effettuare la notifica nei suoi confronti con modalità telematiche”.

E’ alla luce di tale ricostruzione normativa e giurisprudenziale che il TAR Napoli ritiene di poter applicare l’istituto dell’errore scusabile ex art. 37 c.p.a., con conseguente necessità di rimettere in termini la parte ai fini del rinnovo della notifica.
 
Approfondimenti

Consiglio di stato, sez. III, sentenza n. 744/18 – link

 

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