Trib. Milano, sez. V, sent. 3 aprile 2018 n. 3732 (est. Consolandi)

 
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Decreto ingiuntivo – Notifica a mezzo PEC – Duplicato – Attestazione di conformità  – Assenza – Irrilevanza

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI MILANO – Sezione Quinta Civile

 

Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott. Enrico Consolandi

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al N. 42110/2015 R.G. promossa da:

 *** S.R.L. (c.f. *** ), con il patrocinio degli avv.  G. F.

ATTORE;

contro:

 *** B.V. (C.F. *** ), con il patrocinio dell’avv. F. L.

CONVENUTO

 

CONCLUSIONI

Parte Attrice:

1. Dichiarare la giuridica inesistenza del decreto ingiuntivo n. NN/2015 – r.g. n. NN/2015 del 29/04/2015 per carenza di sottoscrizione come in atti eccepita;

2. Ritenere e dichiarare la nullità della scrittura privata del 2012 nella quale era stata convenuta la restituzione delle somme in unica soluzione;

3. Nel merito ritenere e dichiarare che nulla è dovuto dall’opponente all’opposta per le ragioni di opposizione esposte in atti e verbali di causa;

4. per effetto di quanto sopra revocare, riformare o comunque dichiarare con qualsiasi altra formula nullo e privo di giuridica efficacia il decreto ingiuntivo opposto.

 

L’avv. G.F. contesta tutte le eccezioni formulate da controparte e chiede che la causa Venga trattenuta in decisione con l’assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

 

Con vittoria di spese ed onorari come per legge.

 

Parte Convenuta:

 

 nel merito:

– rigettare l’opposizione e le domande tutte della controparte perché infondate in fatto ed in diritto per le causali di cui in narrativa e, conseguentemente, confermare il decreto opposto;

– in ogni caso, condannare la *** Srl a pagare a favore di *** BV la somma di Euro *** oltre interessi come liquidati in decreto. Spese, diritti ed onorari rifusi.

 

Concisa esposizione dei motivi in fatto e in diritto

 

 

*** srl, introducendo il presente giudizio, si opponeva ad un decreto ingiuntivo promosso da ***BV per il valore di euro ***.

Tra le parti vigeva un rapporto contrattuale di collaborazione nella distribuzione di prodotti telefonici a marchio *** per cui la compagnia incassava le somme ricavate dalla vendita dal dealer e gli riconosceva una percentuale del 15 %; l’accordo prevedeva altresì che ***BV versasse mensilmente alla società attrice degli anticipi sulle percentuali, al fine di garantire un introito fisso a *** Srl. A garanzia di questo rapporto, la società attrice avrebbe dovuto versare una fideiussione, destinata ad essere escussa dalla convenuta opposta al momento dell’eventuale insolvenza del dealer.

Con il decreto ingiuntivo fondato su fatture insolute, *** intende recuperare quanto anticipato al dealer e non saldato a mezzo dei ricavai delle vendite.

 

1. Sull’eccezione preliminare

Parte opponente eccepisce la carenza della autentica sulla copia del decreto ingiuntivo notificato; in realtà *** BV inviava telematicamente l’originale del provvedimento, circostanza che risulta dall’esame condotto nell’udienza 14-gennaio-2016 della ricevuta della notifica:

Risulta dunque notificata non già una copia, bensì l’originale del provvedimento del giudice, che quindi non andava autenticato dal difensore: si è rilevata la firma digitale del giudice dott. Jacopo Blandini, unitamente a quella del cancelliere e, non necessaria, ma pur sempre esistente, del difensore avv. F.L..

E’ appena il caso di rilevare come per il documento informatico in realtà non esista un solo originale, poiché si tratta di documento unico per la sua logica interna e non per la unicità del supporto: si parla per questo di duplicato, perché il documento resta la stessa sequenza di bit sia quando viene scritto che quando viene copiato, trasmesso ecc. In tal senso ciò che è stato notificato è la stessa sequenza logica che il giudice ha composto e sottoscritto digitalmente, il che non va all’evidenza autenticato. In altre parole la garanzia non è la assunzione di responsabilità del difensore – che comunque esiste già per la sola trasmissione – bensì la firma digitale del giudice riscontrata in udienza innanzi alla parte quando è stata trasmessa la RdAC della notifica.

L’assunto sostenuto dal difensore di parte attrice per cui “i file allegati al messaggio di posta elettronica sono privi di quei requisiti tecnici che consentono di definire il documento informatico come firmato digitalmente” è dunque tre volte smentito nei fatti, perché sono state evidenziate tre firme su quanto trasmesso.

Nemmeno vale obiettare che “la stampa di quei file, non reca il contrassegno generato e riportato elettronicamente in  formato  stampabile sulla  copia  analogica che costituisce lo strumento mediante   il   quale   è possibile effettuare la verifica”, perché è evidente che con la stampa si perde la firma digitale.             In realtà questa obiezione appare il frutto di una incomprensione delle caratteristiche e del concetto stesso di firma digitale.

In ogni caso si osserva che la notifica del decreto ingiuntivo ha consentito il pieno svolgimento dei diritti di difesa ed in effetti la parte nel dedurre un (per altro insussistente) vizio formale nulla aggiunge circa il pregiudizio che ne avrebbe sofferto.

Infine la doglianza circa la validità della firma dell’avv. F.L. (non necessaria, peraltro, come detto, sul duplicato informatico del decreto ingiuntivo originale firmato) non ha senso nel momento in cui la stessa produzione di parte attrice a pag. 8 del documento prodotto riporta:

 

La firma irregolare rilevata dal sistema è probabilmente quella del provider sulla ricevuta di accettazione poiché lo standard di firma delle ricevute PEC non è stato aggiornato allo standard sha2, ma è rimasto a 128 bit, lo standard previsto per altro dalle fonti normative e regolamentari della PEC: la verifica di firma dà dunque esito irregolare perché non conforme agli attuali regolamenti sulla firma digitale, che prevedono una criptazione a 256 bit, ma ciò non toglie che la RAC sia regolare perché conforme alla normativa sulla PEC.

L’eccezione va dunque rigettata.

 

2.Sui requisti per l’emissione del decreto ingiuntivo.

La successiva eccezione circa la assenza dei requisiti per la emissione del decreto ingiuntivo del pari non ha pregio in quanto con l’opposizione, come ricorda il difensore di parte opposta, viene introdotto un giudizio di merito sul diritto di credito azionato e non già una revisione del procedimento monitorio.

3.Sul merito.

                Omissis

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa o assorbita, respinge la opposizione avverso il decreto ingiuntivo di cui trattasi, per l’effetto disponendo la apposizione della formula esecutiva.

Condanna altresì la parte attrice a rimborsare alla parte opposta le spese di lite, che si liquidano in € ***per compenso d’avvocato, oltre IVA, CPA e rimborso forfetario 15%.

Cosi’ deciso in data 27/03/2018  dal TRIBUNALE ORDINARIO di Milano.

 

il Giudice

Dott. Enrico Consolandi