Maggio 2016

Nuovi provvedimenti nella Giurisprudenza di Processo Civile Telematico.it

La sezione “Giurisprudenza” è stata aggiornata con l’inserimento dei seguenti provvedimenti:

Deposito per via telematica – Errata indicazione del numero di ruolo – Rifiuto della cancelleria – Ordine alla cancelleria di accettare l’atto rifiutato e di inserirlo nel fascicolo informatico –
Accettazione della cancelleria – Non costituisce deposito ma mero inserimento dell’atto nel fascicolo informatico – Necessità ai fini della visibilità dell’atto e del raggiungimento del suo scopo – Possibilità di accettazione del deposito – Possibilità materiale

Rimessioni in termini – Non appropriata

Procedimenti contenziosi iniziati innanzi ai tribunali dal 30 giugno 2014 – Procedimenti iscritti a ruolo prima del d.l. n. 83/2015 – Opposizione a decreto ingiuntivo – Iscrizione a ruolo per via telematica – Ammissibile (art. 121 e 156 c.p.c.) – Decreto D.G.S.I.A. ex art. 35, D.M. n. 44/2011 – Mancata indicazione degli atti introduttivi – Irrilevante – Individuazione del novero degli atti depositabili telematicamente – Esorbita dal potere accertativo attribuito dall’art. 35, D.M. n. 44/2011

Deposito per via telematica – Tempestività – Esito positivo della procedura – Condizione sospensiva – Rifiuto della cancelleria – Non legittimo – Impossibilità di valutare tempestività e ritualità del deposito – Esito positivo dei controlli automatici – Rilevanza ai fini di valutare la tempestività del deposito

Rifiuto della cancelleria – Legittimità – Solo in caso di errori di tipo FATAL, non nel caso di errori WARN o ERROR. 

Nuovi provvedimenti nella Giurisprudenza di Processo Civile Telematico.it Leggi tutto »

Cass., sez. 2, sent. 12 maggio 2016 n. 9772 (Pres. Bucciante, rel. Giusti)

 
ATTENZIONE
L’attività redazionale di anonimizzazione e di pubblicazione in un formato accessibile dei testi dei provvedimenti richiede un impegno notevole. I provvedimenti sono pubblici e possono essere liberamente riprodotti: qualora vengano estrapolati dal presente sito, si prega di citare quale fonte www.processociviletelematico.it

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Ettore BUCCIANTE                                                                     – Presidente

Dott. Stefano PETITTI                                                                          – Consigliere

Dott. Alberto GIUSTI                                                                            – Consigliere Rel.

Dott. Antonio SCARPA                                                                         – Consigliere

Dott. Mauro CRISCUOLO                                                                    – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

O. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. F. M., con domicilio eletto nello studio dello stesso in Roma, via Sabotino, n. 12;

– ricorrente –

contro

I.A.M.C. s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso il decreto del Tribunale di Bergamo in data 20 gennaio 2015.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 15 aprile 2016 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Pierfelice Pratis, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Ritenuto in fatto

1. – In data 5 novembre 2014 è stato notificato ad O. s.r.l., da parte di I.A.M.C. s.r.l. in liquidazione, il decreto n. nn/aaaa, emesso dal Tribunale di Bergamo in data 22 ottobre 2014, con il quale veniva ingiunto alla stessa di pagare, entro quaranta giorni dalla notifica dell’atto, la somma di euro 19.869,58, oltre interessi moratori.

Il ricorso per decreto ingiuntivo è stato depositato in forma telematica, ed in forma telematica è stato notificato, insieme al decreto di emissione, ad O..

Avverso detto decreto O. ha proposto formale opposizione, provvedendo in data 12 dicembre 2014 alla notifica presso il procuratore domiciliatario all’indicato indirizzo di posta elettronica certificata.

Successivamente, in data 22 dicembre 2014, è stato formato il fascicolo telematico, rubricato al RG nn/aaaa.

2. – Con decreto in data 20 gennaio 2015, il giudice del Tribunale di Bergamo ha dichiarato l’inammissibilità dell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo proposto in via telematica da O..

2.1. – Il decreto di inammissibilità è così motivato: «preso atto dell’indirizzo ricostruttivo ormai consolidato presso questo Tribunale di applicazione rigorosa della norma di cui all’art. 16-bis del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge 17 dicembre 2012, n. 221; considerato in particolare che tale norma prevede il deposito telematico di atti dei difensori delle parti già costituite (comma 1); preso atto che nei confronti del Tribunale di Bergamo, in quanto in possesso di tutti i requisiti tecnici e informatici necessari, il Ministro della giustizia, con proprio decreto, ha attivato con anticipo l’entrata in vigore del processo civile telematico espressamente richiamando la comparsa di risposta ed altri atti endoprocessuali; ritenuto in conclusione che in questa fase non appare sussistente una disciplina giuridica ammissiva del deposito telematico degli atti introduttivi del procedimento […]».

3. – Per la cassazione del decreto del Tribunale, O. ha proposto ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 111 Cost., sulla base di quattro motivi.

L’intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Considerato in diritto

1. – Con il primo motivo (errata interpretazione dell’art. 35 del decreto ministeriale 21 febbraio 2011, n. 44, recante il regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile della tecnologie dell’informazione e della comunicazione) si deduce che nessuna norma, né legislativa né regolamentare, ha conferito alla Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia il potere di individuare il novero degli atti depositabili telematicamente oppure la tipologia di procedimento rispetto alla quale esercitare la facoltà di deposito digitale. Alla detta Direzione generale spetterebbe esclusivamente il potere di accertare e dichiarare l’installazione e l’idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio. Ad avviso della ricorrente, l’opposizione a decreto ingiuntivo il cui fascicolo viene depositato telematicamente deve essere in ogni caso considerata rituale e quindi pienamente efficace.

Con il secondo motivo si denuncia violazione del codice dell’amministrazione digitale, approvato con il d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e degli artt. 121 e 156 cod proc. civ. Secondo la ricorrente, la validità di un deposito di un atto processuale non può essere fatta dipendere da un provvedimento amministrativo quale il decreto della Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, non potendo essere sanzionato il deposito di atti in via telematica in difetto di una disposizione di legge che conferisca tale potere. A sostegno di tale assunto, la ricorrente richiama il principio di libertà delle forme e quello del raggiungimento dello scopo e deduce che nel caso di specie gli scopi essenziali del deposito di un atto giudiziario devono ritenersi raggiunti, stante l’accettazione dell’atto da parte del cancelliere e l’acquisizione agli atti del fascicolo di parte, visibile per le controparti ed il giudice.

Il terzo mezzo denuncia l’errata interpretazione dell’art. 16-bis del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, inserito dall’art. 1, comma 19, numero 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), poi modificato dal decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, posto che detta norma non comminerebbe alcuna sanzione di nullità in caso di difetto di forme con riguardo ai documenti inviati in via telematica.

Il quarto motivo (violazione degli artt. 165 e 171 cod. proc. civ.) lamenta che il Tribunale non abbia neppure atteso la prima udienza prima di provvedere, ma abbia emesso inaudita altera parte un decreto di inammissibilità.

2. – Il ricorso per cassazione, proposto ai sensi dell’art. 111 Cost. avverso il decreto del Tribunale che ha dichiarato l’inammissibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo in difetto di rituale costituzione dell’opponente, per essere l’atto introduttivo del procedimento stato depositato in via telematica anziché con modalità cartacee, è inammissibile.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. I, 15 dicembre 1982, n. 6908), infatti, il provvedimento dichiarativo della inammissibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo per difetto di costituzione dell’opponente o per ritardata costituzione del medesimo non è direttamente impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., essendo esso soggetto a gravame secondo i normali criteri del giudizio di cognizione. Invero, nell’opposizione a decreto ingiuntivo, che introduce un ordinario giudizio di cognizione, il decreto di inammissibilità dell’opposizione, adottato per il riscontrato difetto di rituale costituzione dell’opponente, assume valore sostanziale di sentenza ed è pertanto suscettibile di impugnazione mediante appello, con tale mezzo realizzandosi, attraverso la normale garanzia giurisdizionale e nel contraddittorio delle parti interessate, un controllo circa la sussistenza dei presupposti legittimanti la dichiarata inammissibilità.

3. – Nondimeno, la particolare importanza del thema décidendum induce il Collegio, stante la ravvisata inammissibilità del ricorso perché proposto avverso un provvedimento impugnabile mediante appello, a ritenere sussistenti le condizioni per una pronuncia d’ufficio ai sensi dell’art. 363, terzo comma, cod., proc. civ., con l’enunciazione – nell’esercizio della funzione nomofilattica assegnata a questa Corte dalla citata disposizione del codice di rito – del principio di diritto nell’interesse dalla legge sulla questione che il ricorso inammissibile propone.

La questione è se, nei procedimenti iniziati dinanzi ai tribunali a decorrere dal 30 giugno 2014, sia ammissibile – nella disciplina dell’art. 16-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, inserito dall’art. 1, comma 19, numero 2), della legge n. 228 del 2012, nel testo anteriore al decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 132 (che, con l’art. 19, comma 1, lettera a, numero 1, vi ha aggiunto il comma 1-bis) – il deposito con modalità telematiche dell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo.

Essa assume una connotazione di particolare importanza, trattandosi di questione nuova nella giurisprudenza di questa Corte ed in ordine alla quale si sono registrate, tra i giudici di merito, diversità nelle interpretazioni e nelle soluzioni offerte.

4. – Occorre muovere dal dato normativo.

Il comma 4 del citato art. 16-bis, nel prevedere che, a decorrere dal 30 giugno 2014, per il procedimento d’ingiunzione davanti al tribunale, «il deposito dei provvedimenti, degli atti di parte e dei documenti ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici», esclude, espressamente, che questa regola valga per il giudizio di opposizione.

Per il giudizio di opposizione si applica la disciplina generale dettata, dal comma 1 dello stesso art. 16-bis (come modificato dall’art. 44, comma 2, lettera a, del decreto-legge n. 90 del 2014), per i procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale: «il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici».

5. – Il comma 1 dell’art. 16-bis del decreto-legge, riferendosi al deposito degli atti processuali da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite, pone la regola dell’obbligatorietà del deposito telematico dei soli atti endoprocessuali.

Si tratta di stabilire se sia possibile depositare telematicamente atti diversi rispetto a quelli per i quali l’art. 16-bis impone di utilizzare quel canale comunicativo: se, cioè, ferma l’obbligatorietà del processo civile telematico per i soli atti endoprocessuali, il deposito per via telematica dell’atto introduttivo del giudizio (a) rientri, pur in difetto di apposita autorizzazione ex art. 35 del decreto ministeriale 21 febbraio 2011, n. 44, tra le facoltà del difensore che intenda in tal modo costituirsi in giudizio, oppure (b) sia inammissibile.

Tale questione, oramai, ha una rilevanza esclusivamente intertemporale, giacché, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 83 del 2015, che ha inserito il comma 1-bis nell’art. 16-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, «è sempre ammesso il deposito telematico di ogni atto diverso da quelli previsti dal comma 1» dello stesso art. 16-bis: sicché, a partire da tale data, per l’atto introduttivo del giudizio o per il primo atto difensivo, il regime della modalità di deposito è telematico o cartaceo a scelta della parte e, in caso di deposito telematico, questo è l’unico a perfezionarsi.

6. – Ad avviso del Collegio, dal comma 1 del citato art. 16-bis non si ricava la regola, inversa, del divieto di utilizzare il canale comunicativo dell’invio telematico per gli atti introduttivi del processo.

In mancanza di una sanzione espressa di nullità del deposito degli atti introduttivi in via telematica, la questione va risolta considerando che, secondo il principio cardine di strumentalità delle forme desumibile dal combinato disposto degli artt. 121 e 156 cod. proc. civ. (cfr. Sez. Un., 3 novembre 2011, n. 22726; Sez. Un., 18 aprile 2016, n. 7665), le forme dagli atti del processo non sono prescritte dalla legge per la realizzazione di un valore in sé o per il perseguimento di un fine proprio ed autonomo, ma sono previste come lo strumento più idoneo per la realizzazione di un certo risultato, il quale si pone come l’obiettivo che la norma disciplinante la forma dell’atto intende conseguire. Il tessuto normativo del codice di rito, ispirato ad un principio di economia conservativa, mostra di ritenere la nullità come un sistema di limiti e di rimedi. Considerando irrilevante l’eventuale inosservanza della prescrizione formale se l’atto viziato ha egualmente raggiunto lo scopo cui è destinato, l’ordinamento decrementa le volte che il processo civile si conclude con una pronuncia di carattere meramente processuale, incapace di definire il merito dalla lite con una distribuzione del torto e della ragione tra le parti.

Muovendosi in tale prospettiva, ed esaminando una ipotesi di deposito irrituale, avvenuto attraverso l’invio a mezzo posta dell’atto processuale destinato alla cancelleria al di fuori delle ipotesi speciali in cui tale modalità è consentita, questa Corte, a Sezioni Unite, con la sentenza 4 marzo 2009, n. 5160, ha già chiarito che la deviazione dallo schema legale deve essere valutata come una mera irregolarità, in quanto non è prevista dalla legge una nullità in correlazione a tale tipo di vizio, giungendo alla conclusione che l’attestazione da parte del cancelliere del ricevimento degli atti e il loro inserimento nel fascicolo processuale integrano il raggiungimento dello scopo della presa di contatto tra la parte e l’ufficio giudiziario, e che, in tal caso, la sanatoria si produce dalla data di ricezione dell’atto da parte del cancelliere ai fini processuali, ed in nessun caso da quello di spedizione (così anche Sez. I, 17 giugno 2015, n. 12509).

6.1. – Applicando tale principio, va esclusa una valutazione di radicale difformità del deposito per via telematica, da parte del difensore, dell’atto introduttivo del giudizio rispetto a quello, tipico, che si realizza con modalità cartacee secondo le forme supposte dall’art. 165 cod. proc. civ. e dalle pertinenti disposizioni di attuazione.

Il deposito telematico degli atti introduttivi del giudizio è una eventualità considerata possibile dallo stesso codice di procedura civile, il quale, all’art. 83, terzo comma, nel testo modificato dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, prevede che «se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica».

In questo contesto, poiché lo scopo del deposito di un atto processuale consiste nella presa di contatto fra la parte e l’ufficio giudiziario dinanzi al quale la controversia è instaurata e nella messa a disposizione delle altre parti processuali, il deposito per via telematica, anziché con modalità cartacee, dell’atto introduttivo del processo di cognizione si risolve in una mera irregolarità: una imperfezione non viziante la costituzione in giudizio dell’attore e non idonea ad impedire al deposito stesso di produrre i suoi effetti tipici tutte le volte che l’atto sia stato inserito nei registri informatizzati dell’ufficio giudiziario previa generazione della ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, ex art. 16-bis, coma 7, del decreto-legge n. 179 del 2012.

6.2. – Questa conclusione non è ostacolata dalla mancanza di un provvedimento ministeriale autorizzativo, riferito al singolo tribunale in cui si svolge la controversia, che specificamente comprenda l’atto introduttivo del giudizio tra quelli per i quali opera l’abilitazione al deposito telematico.

Infatti, il citato art. 35 del decreto ministeriale n. 44 del 2011, in vista dell’attivazione della trasmissione dei documenti informatici da parte dei soggetti abilitati esterni, si limita a conferire al decreto dirigenziale del Ministero il compito di accertare l’installazione e l’idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio. Non rientra, pertanto, in quest’ambito di potere accertativo di funzionalità tecniche l’individuazione, altresì, del novero degli atti depositabili telematicamente, la quale discende dalla normativa primaria.

7. – Conclusivamente, deve essere pronunciato il seguente principio di diritto nell’interesse della legge: «In tema di processo civile telematico, nei procedimenti contenziosi iniziati dinanzi ai tribunali dal 30 giugno 2014, nella disciplina dell’art. 16-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, inserito dall’art. 1, comma 19, numero 2), della legge n. 228 del 2012, anteriormente alle modifiche apportate dal decreto-legge n. 83 del 2015 (che, con l’art. 19, comma 1, lettera a, n. 1), vi ha aggiunto il comma 1-bis), il deposito per via telematica, anziché con modalità cartacee, dell’atto introduttivo del giudizio, ivi compreso l’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, non dà luogo ad una nullità della costituzione dell’attore, ma ad una mera irregolarità, sicché ogniqualvolta l’atto sia stato inserito nei registri informatizzati dell’ufficio giudiziario previa generazione della ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica  certificata del Ministero della giustizia, deve ritenersi integrato il raggiungimento della scopo della presa di contatto tra la parte e l’ufficio giudiziario e della messa a disposizione delle altre parti».

8. – Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva in questa sede.

9. – Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e pronuncia nell’interesse della legge il principio di diritto di cui al punto 7 del Considerato in diritto.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 15 aprile 2016.

Il Consigliere estensore                                                                                                                                                                                                          Il Presidente

Depositato in cancelleria

Roma, 12 maggio 2016

Cass., sez. 2, sent. 12 maggio 2016 n. 9772 (Pres. Bucciante, rel. Giusti) Leggi tutto »

Cass., SS.UU., sent. 18 aprile 2016 n. 7665 (Pres. Macioce, rel. Cirillo)

 

ATTENZIONE
L’attività redazionale di anonimizzazione e di pubblicazione in un formato accessibile dei testi dei provvedimenti richiede un impegno notevole. I provvedimenti sono pubblici e possono essere liberamente riprodotti: qualora vengano estrapolati dal presente sito, si prega di citare quale fonte www.processociviletelematico.it
 

 

Omissis

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorrenti, nella memoria difensiva, eccepiscono preliminarmente la nullità del controricorso erariale per vizi formali della sua notificazione effettuata con PEC, in ragione della asserita violazione delle regole dettate dall’articolo 3-bis, co. 4) – 5), della legge n. 53 del 1994 e dall’articolo 19-bis del provvedimento ministeriale del 16 aprile 2014.

L’eccezione non è fondata. Opera, infatti, nella fattispecie l’insegnamento, condiviso e consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «il principio, sancito in via generale dall’articolo 156 del codice di rito, secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale anche per le notificazioni, anche in relazione alle quali – pertanto – la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l’atto, malgrado l’irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario» (Cass., sez. lav., n. 13857 del 2014; conf., sez. trib., n. 1184 del 2001 e n. 1548 del 2002). Il risultato dell’effettiva conoscenza dell’atto che consegue alla consegna telematica dello stesso nel luogo virtuale, ovverosia l’indirizzo di PEC espressamente a tale fine indicato dalla parte nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, determina infatti il raggiungimento dello stesso scopo perseguito dalla previsione legale del ricorso alla PEC. Nella specie i ricorrenti non adducono né alcuno specifico pregiudizio al loro diritto di difesa, né l’eventuale difformità tra il testo recapitato telematicamente, sia pure con estensione.doc in luogo del formato.pdf, e quello cartaceo depositato in cancelleria. La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione (Cass., sez. trib., n. 26831 del 2014). Ne consegue che è inammissibile l’eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte.

Omissis

Cass., SS.UU., sent. 18 aprile 2016 n. 7665 (Pres. Macioce, rel. Cirillo) Leggi tutto »

Cass., sez. 6-3, ord. 11 febbraio 2016 n. 2791 (Pres. Finocchiaro, rel. Frasca)

 

ATTENZIONE
L’attività redazionale di anonimizzazione e di pubblicazione in un formato accessibile dei testi dei provvedimenti richiede un impegno notevole. I provvedimenti sono pubblici e possono essere liberamente riprodotti: qualora vengano estrapolati dal presente sito, si prega di citare quale fonte www.processociviletelematico.it
 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE -3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARIO FINOCCHIARO                       – Presidente –

Dott. ULIANA ARMANO                               – Consigliere –

Dott. RAFFAELE FRASCA                           – Rel. Consigliere –

Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO       – Consigliere –

Dott. LINA RUBINO                                      – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso per regolamento di competenza NN-AAAA proposto da:

R. V. SRL, in persona dell’Amministratore Unico e legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, ***, presso lo studio dell’avvocato A.L., che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato C.V. giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B. P. C. E I. SPA, in persona del procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA, ***, presso lo studio dell’avvocato A. M., che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati L. S., M. S. giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

sulle conclusioni scritte del P.G. in persona del Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha chiesto visto l’art. 380 ter cpc che la Corte di Cassazione voglia respingere il ricorso;

avverso l’ordinanza n. nn/13 del TRIBUNALE di MILANO del 28/10/2014, depositata il 29/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/10/2015 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

Ritenuto quanto segue:

§1 La R.V. s.r.l., nella qualità di terza debitrice pignorata ha proposto istanza di regolamento di competenza contro la B.P.C. e I. s.p.a., creditrice procedente, e l’A.V. e T.R. s.r.l. in liquidazione, debitrice esecutata, avverso l’ordinanza del 29 ottobre 2014, con la quale il Tribunale di Milano ha dichiarato la propria competenza su un giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo regolato dall’art. 548 c.p.c. nel testo – applicabile tenuto conto che il pignoramento era stato notificato il 7 giugno 2012 – anteriore alla modifica operata dall’art. 1, comma 20, della l.n. 228 del 2012.

§ 2. All’istanza di regolamento di competenza ha resistito con memoria la Banca.

§3. Prestandosi il ricorso alla trattazione con il procedimento di cui all’art. 380-ter c.p.c., veniva fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito ne veniva fatta notificazione agli avvocati delle parti costituite unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Considerato quanto segue:

§1.In via pregiudiziale il Collegio rileva d’ufficio che il ricorso dev’essere dichiarato improcedibile, in quanto parte ricorrente non ha depositato idonea copia autentica dell’ordinanza impugnata.

Queste le ragioni.

§1.1. La ricorrente risulta aver depositato una copia di detta ordinanza corredata di una “attestazione di conformità” sottoscritta dal suo difensore, Avvocato C. V., in cui detto difensore ha testualmente formulato la seguente dichiarazione, seguita dalla data e dalla sua sottoscrizione: «dichiaro ex art. 16-bis, comma 9-bis, L. 221/2012, come introdotto dal D.L. 90/2014, che la presente copia dell’ordinanza del 28-10-14, depositata il 29.10.14, del G.U., Dott.ssa Carmela Gallina, estratta con modalità telematica, è conforme all’originale depositato nel fascicolo informatico R.G.N. nn/aaaa, del Tribunale di Milano, Sez. XIII.».

Sul documento prodotto e cui l’attestazione si riferisce, peraltro, non vi sono indici rivelatori della sua estrazione telematica.

§1.2 La ricorrente ha depositato istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio del detto Tribunale, che è pervenuto a questa Corte.

L’esame del fascicolo evidenzia che si tratta del consueto fascicolo cartaceo e si deve rilevare che su di esso non v’è traccia alcuna di corrispondente esistenza di «fascicolo informatico». Vi si rinviene fra l’altro l’originale del provvedimento giudiciale impugnato che risulta depositato in cancelleria come da timbro del cancelliere, senza alcun riscontro di un deposito anche telematico.

§1.3. Nella descritta situazione si deve ritenere non solo che risulta del tutto indimostrato che il fascicolo informatico cui il difensore ha fatto riferimento esista, ma anche che lo stesso provvedimento impugnato non risulta sia stato mai redatto e depositato in veste informatica, cioè digitale.

§2. In proposito, riguardo alla norma invocata dal difensore, si osserva che il comma 1 dell’art. 16-bis del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2012, n. 221 (come modificato dall’art., 4, comma 2, legge n. 114 del 2014 di conversione del d.l. n. 90 del 2014, poi dall’art. 19, comma 1, legge n. 132 del 2015), così dispone: «Salvo quanto previsto dal comma 5, a decorrere dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per il deposito degli atti e dei documenti da parte dei soggetti nominati o delegati dall’autorità giudiziaria. Le parti provvedono, con le modalità di cui al presente comma, a depositare gli atti e i documenti provenienti dai soggetti da esse nominati. Per difensori non si intendono i dipendenti di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in giudizio personalmente. In ogni caso, i medesimi dipendenti possono depositare, con le modalità previste dal presente comma, gli atti e i documenti di cui al medesimo comma».

Come emerge dalla norma il deposito degli atti in via digitale e, dunque, il processo digitale è divenuto obbligatorio in primo grado a decorrere dal 30 giugno 2014, mentre il giudizio di cui trattasi risale al 2013.

Si deve, poi, aggiungere che l’art. 44 del d.l. n. 90 del 2014, nel testo risultante dalla conversione in legge n. 114 del 2014, aveva così disposto: <<1. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 16-bis del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, si applicano esclusivamente ai procedimenti iniziati innanzi al tribunale ordinario dal 30 giugno 2014. Per i procedimenti di cui al periodo precedente iniziati prima del 30 giugno 2014, le predette disposizioni si applicano a decorrere dal 31 dicembre 2014; fino a quest’ultima data, nei casi previsti dai commi 1, 2 e 3 dell’art. 16-bis del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, gli atti processuali ed i documenti possono essere depositati con modalità telematiche e in tal caso il deposito si perfeziona esclusivamente con tali modalità.».

Ora, da tale norma emerge che, per i procedimenti iniziati prima del 30 giugno 2014, come quello in esame, la disposizione del comma 1 trovava applicazione solo “a decorrere” dal 31 dicembre 2014, mentre anteriormente e fino a tale data era possibile solo depositare atti e documenti.

Ne deriva che il potere di autentica esercitato dal difensore nel caso di specie non ha avuto giustificazione normativa.

La conseguenza è che la copia del provvedimento impugnato, di cui si è attestata l’autenticità, non può essere considerata tale.

Ne discende che l’istanza di regolamento di competenza dev’essere dichiarata improcedibile.

§3. Peraltro, se essa si fosse potuta esaminare, al contrario di quanto ha opinato il Pubblico Ministero (che, nel merito, l’ha reputata infondata), si sarebbe dovuta considerare inammissibile alla stregua di Cass. Sez. Un. n. 20449 del 2014, giacché il Tribunale ha espresso le sue valutazioni sulla competenza in modo del tutto interlocutorio e non decisorio, non avendo dato corso, sebbene secondo il rito speciale, alla rimessione in discussione della questione di competenza prima di esprimere dette valutazioni.

§4. Le spese del giudizio di regolamento seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, ai sensi del d.m. n. 55 del 2014 ed in base al comma 5 del suo art. 5.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

P. Q. M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione alla parte resistente delle spese del giudizio di regolamento, liquidate in euro tremiladuecento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1- bis del citato art. 13. Fissa per la riassunzione il termine di cui all’art. 50 c.p.c. con decorso dalla pubblicazione della presente ordinanza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 13 ottobre 2015.

Cass., sez. 6-3, ord. 11 febbraio 2016 n. 2791 (Pres. Finocchiaro, rel. Frasca) Leggi tutto »

Trib. Torino, ord. 13 maggio 2016 (est. Ciccarelli)

 

ATTENZIONE
L’attività redazionale di anonimizzazione e di pubblicazione in un formato accessibile dei testi dei provvedimenti richiede un impegno notevole. I provvedimenti sono pubblici e possono essere liberamente riprodotti: qualora vengano estrapolati dal presente sito, si prega di citare quale fonte www.processociviletelematico.it
 

 

N. R.G. nn/aaaa

 

TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO

Prima Sezione Civile

Il Giudice dott. Marco Ciccarelli,

nella causa n. r.g. nn/aaaa, pendente

tra

I. S.R.L.

ATTORE/I

e

C.M.

CONVENUTO/I

premesso

·       la convenuta C.M. in data 25.3.16 ha depositato per via telematica comparsa di costituzione e risposta contenente domanda riconvenzionale nel procedimento RG nn/2015, ricevendo alle ore 18:21, ricevute di accettazione e di avvenuta consegna;

·       alle ore 22:33 dello stesso giorno, la convenuta riceveva PEC avente ad oggetto “Esito controlli automatici deposito” dal testo “allegato non riconosciuto. Sono necessarie verifiche tecniche …”;

·       alle ore 10:33 del 29.3.16 (dopo la scadenza del termine di costituzione, spirato il 26.3.16), la convenuta riceveva PEC avente ad oggetto “Accettazione deposito”, del seguente tenore: “Allegato non riconosciuto. Deposito su fascicolo errato. Atti rifiutati il 29/03/2016”;

·       la ragione del rifiuto è da ricercare nel fatto che la M. ha indicato, sia nel file xlm, sia nell’allegato principale (comparsa di risposta), un errato numero di ruolo (nn/2016 anziché nn/2015);

·       la convenuta, con istanza depositata il 29.3.2016, chiede, in via gradatamente subordinata:

o   di ritenere valido e tempestivo il deposito effettuato in data 25 marzo 2016;

o   di essere rimessa in termini, ex art. 153 c.p.c., per il deposito della comparsa di costituzione;

 

osserva

1. In base all’art. 14 comma 7° delle specifiche tecniche previste dall’art. 34 DM Giustizia 44/2011 (da ultimo modificate con provvedimento ministeriale del 28 dicembre 2015), l’indicazione da parte del depositante di un numero di ruolo errato è configurato come errore di tipo “ERROR”, dunque come anomalia bloccante che lascia alla determinazione dell’ufficio ricevente la scelta fra intervenire forzando l’accettazione ovvero rifiutare il deposito.

2. La Circolare del Ministero della Giustizia del 23 ottobre 2015 (Adempimenti di cancelleria relativi al Processo Civile Telematico) prevede (art. 7) che “Le cancellerie, in presenza di anomalie del tipo WARN o ERROR, dovranno dunque, ove possibile, accettare il deposito, avendo tuttavia cura di segnalare al giudice ogni informazione utile in ordine all’anomalia riscontrata. A tal fine è fortemente auspicabile che i capi di ciascun ufficio e i dirigenti di cancelleria concordino tra loro modalità di segnalazione degli errori il più possibile efficaci e complete”. Sotto questo profilo, la circolare di ottobre 2015 modifica l’analoga disposizione della Circolare 27 giugno 2014, che prevedeva che “Le cancellerie, in presenza di anomalie del tipo WARN o ERROR, dovranno sempre accettare il deposito”. Questa modifica tuttavia (contenuta in una circolare ministeriale) non può avere conseguenze sul regime di deposito degli atti processuali, che è disciplinato dall’art. 16-bis comma 7 d.l. 179/2012, secondo cui “Il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia”. L’accettazione da parte della cancelleria non costituisce, infatti, deposito ma mero inserimento dell’atto nel fascicolo telematico. In generale quindi non pare legittimo condizionare la validità e tempestività del deposito al buon esito dell’operazione di inserimento nel fascicolo digitale. Né può ammettersi che anomalie che bloccano l’inserimento nel fascicolo sortiscano l’effetto di travolgere retroattivamente il deposito.

3. Sotto diverso profilo occorre tuttavia considerare che l’accettazione dell’atto da parte della cancelleria sortisce l’effetto di rendere l’atto visibile alle controparti e al giudice. Si tratta quindi di una incombenza indispensabile per consentire all’atto di raggiungere lo scopo che gli è proprio. In questa prospettiva va interpretata la norma della Circolare 23 ottobre 2015, che impone alle cancellerie di “accettare il deposito ove possibile”. E questa condizione (“ove possibile”) deve essere intesa in senso stretto, di possibilità materiale, indipendentemente da valutazioni di opportunità o organizzative. Alla accettazione dovrà accompagnarsi una efficace e adeguata attività di “segnalazione degli errori”, che consenta, alla controparte e al giudice, di conoscere le anomalie contenute nell’atto. Questa attività potrà anche comportare una richiesta di nuovo invio dell’atto, depurato delle anomalie che generavano l’errore. Dovrà però trattarsi di un’attività (il nuovo invio) tale da consentire sempre al giudice di verificare la piena conformità fra i due atti depositati; e che presuppone quindi la accettazione (e quindi l’inserimento nel fascicolo e la messa a disposizione) dell’atto depositato per primo, anche se contenente la “anomalia”.

4. Si ritiene, invece, inappropriata l’applicazione, in questi casi, dell’art. 153 comma 2° c.p.c. In primo luogo perché l’errore che ha generato l’anomalia è imputabile alla parte. Si tratta, certamente, di un errore “non grave” (o, se si preferisce, di un “mero errore materiale” o di una “svista”); ma è indiscutibile che esso sia ascrivibile alla parte che l’ha commesso, che ha sbagliato a indicare il numero di ruolo. Se si trattasse di deposito in forma cartacea, un tale errore non ingenererebbe alcuna conseguenza, se non quella di una rettifica (“correzione a mano”) dell’atto in fase di deposito, qualora il cancelliere registri e segnali la svista. Nel regime dei depositi telematici invece, qualora il cancelliere non intervenga per forzare l’accettazione, questo errore lieve può produrre effetti rilevanti, perché l’atto, non essendo inserito nel fascicolo telematico, rimane non visibile alla controparte e al giudice. In secondo luogo, si osserva che la rimessione in termini comporta l’autorizzazione alla parte a depositare nuovamente l’atto non accettato; e l’atto nuovamente depositato – che “sostituisce” il primo non accettato – potrebbe avere contenuto diverso da quello per primo depositato telematicamente.

5. Per queste ragioni, rilevato che nel caso di specie è materialmente possibile accettare il deposito (“forzando” l’accettazione e superando l’errore di tipo ERROR), la soluzione più adeguata è quella di ordinare alla cancelleria di accettare e inserire nel fascicolo telematico la comparsa di risposta depositata da C.M. il 25.3.2016, indicando quale data di accettazione quella in cui il depositante ha ottenuto la ricevuta di avvenuta consegna. Tale operazione – sulla base delle indicazioni fornite dalla cancelleria su richiesta di questo giudice – è materialmente possibile, facendo “mutare lo stato del deposito da rigettato ad attesa di accettazione mediante apposita richiesta al servizio di assistenza del CISIA per poi procedere all’acquisizione nel relativo procedimento secondo le indicazioni del giudice”.

6. Nel caso in esame, questa “accettazione tardiva” non comporta effetti pregiudizievoli per la controparte poiché, essendo stata differita per esigenze d’ufficio l’udienza di prima comparizione all’8 giugno 2016, l’accettazione del deposito (a cui consegue la visibilità dell’atto per la controparte) può avvenire entro 20 giorni prima della udienza di prima comparizione. In termini generali comunque, qualora l’accettazione tardiva comporti un pregiudizio per la controparte, sarà possibile disporre la rimessione in termini della parte “pregiudicata” o, più semplicemente, “ri-allineare” la decorrenza dei termini di deposito.

p.q.m.

ordina alla Cancelleria di accettare il deposito telematico della comparsa di risposta effettuato da C.M. in data 25 marzo 2016 alle ore 18,21, con inserimento della comparsa nel fascicolo R.G. nn/15;

dispone la comunicazione del presente provvedimento anche alla parte istante (C.M.) che allo stato non risulta costituita nella presente causa.

 

Si comunichi.

Torino, 13 maggio 2016

Il Giudice

Marco Ciccarelli

 

Trib. Torino, ord. 13 maggio 2016 (est. Ciccarelli) Leggi tutto »