Ottobre 2015

Cass. sez. IV ord. 9 luglio 2015 n. 14368 (est. Frasca)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per regolamento di competenza nn/aaaa proposto da:

***, nella qualità di titolare della omonima ditta, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato *** giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

*** SRL;

– intimata –

e sulle conclusioni scritte del P.G. in persona del Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha chiesto visto l’articolo 380 ter c.p.c., l’inammissibilità del ricorso per regolamento di competenza;

avverso la sentenza n. nn/aaaa del TRIBUNALE di TERNI, depositata il ***;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’11/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

FATTO E DIRITTO

Ritenuto quanto segue:

p.1. IV, nella qualità di titolare della ditta omonima, ha proposto ricorso per regolamento di competenza contro la s.r.l. CT, avverso la sentenza del 14 aprile 2014, con cui il Tribunale di Terni, investito da detta società dell’opposizione avverso un decreto ingiuntivo ottenuto da esso ricorrente per il pagamento del corrispettivo di un contratto di appalto, ha declinato la competenza dell’a.g.o. a beneficio di quella degli arbitri, in forza di una clausola compromissoria prevista dall’articolo 23 del contratto di appalto, dichiarando la nullità dell’opposto decreto e fissando termine per la riassunzione davanti al “collegio arbitrale”.

p.2. L’intimata non ha svolto attività difensiva.

p.3. Prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento ai sensi dell’articolo 380 ter c.p.c., è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito ne è stata fatta notificazione all’avvocato del ricorrente unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Considerato quanto segue:

p.1. Il Pubblico Ministero ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, adducendo che nella specie la clausola arbitrale sarebbe irrituale e che dunque non sarebbe ammissibile il regolamento di competenza: ciò alla stregua di Cass. n. 21689 del 2012.

p.2. Il Collegio in via preliminare ritiene necessario domandarsi se l’istanza di regolamento di competenza sia stata notificata ritualmente dalla parte ricorrente alla parte intimata.

p.2.1. Detta notificazione, infatti, è stata fatta ai sensi della Legge 21 gennaio 1994, n. 53, articolo 3 bis, comma 2, direttamente dal difensore del ricorrente, Avvocato CF tramite posta elettronica certificata.

Il testo della relata di notificazione dà conto dell’autorizzazione rilasciata al detto legale dal Consiglio dell’ordine di Santa Maria Capua Vetere a procedere alle notifiche ai sensi di detta legge e in esso si dichiara di notificare “ad ogni effetto di legge copia informatica di cui” il predetto Avvocato attesta “la conformità all’originale cartaceo ai sensi del Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, articolo 22, nonché procura alle liti a me rilasciata dal sig. IV apposta originariamente su ricorso per decreto ingiuntivo n. nn/aaaa rilasciato dal Tribunale di Terni il ***, in conformità d quanto previsto dal Decreto Ministeriale n. 44 del 2011, articolo 18, n. 5, così come modificato dal Decreto Ministeriale n. 48 del 2013”.

Gli atti notificati sono stati, peraltro, due, indirizzati, come risulta dai due atti depositati, a ciascuno dei difensori della CT s.r.l. presso l’indirizzo di p.e.c..

Le notificazioni risultano perfezionate nei confronti della destinataria ai sensi dell’articolo 3 bis, comma 3, citato, tanto risultando dalle ricevute di avvenuta consegna telematica, corredate della prescritta indicazione specifica del contenuto della trasmissione, identificato nel ricorso per regolamento e nella relata di notificazione.

Si rileva, poi, che le notificazioni sono state eseguite il 14 maggio 2014, cioè quando era già stato emanato il Provvedimento del 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, recante le “Specifiche tecniche previste dall’articolo 34, comma 1 del decreto del Ministro della giustizia in data 21 febbraio 2011 n. 44, recante regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del Decreto Legislativo 29 dicembre 2009, n. 193, articolo 4, commi 1 e 2, convertito nella Legge 22 febbraio 2010, n. 24”.

p.2.2. Tuttavia, il detto provvedimento – di natura regolamentare secondaria in quanto emesso ai sensi del Decreto Ministeriale Giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, articolo 34, (a sua volta costituente il Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del Decreto Legge 29 dicembre 2009, n. 193, articolo 4, commi 1 e 2, convertito nella Legge 22 febbraio 2010, n. 24, regolamento attuativo del Decreto Legislativo n. 82 del 2005, e successive modifiche) – è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 2014, ma è entrato in vigore il 15 maggio 2014, giusta il disposto del suo articolo 31.

Ne consegue che le notificazioni di cui si discorre, in quanto avvenute il 14 maggio del 2014, non sono state effettuate sotto il suo vigore.

Se lo fossero state, sarebbero state pienamente conformi alle specifiche tecniche indicate dall’articolo 19 bis, del detto provvedimento del 16 aprile 2014.

Norma che espressamente risulta attuativa del citato Decreto Ministeriale Giustizia n. 44 del 2011, articolo 18, il quale, sotto la rubrica “Notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati”, così disponeva: “L’avvocato che procede alla notificazione con modalità telematica ai sensi della Legge 21 gennaio 1994, n. 53, articolo 3 bis, allega al messaggio di posta elettronica certificata documenti informatici o copie informatiche, anche per immagine, di documenti analogici privi di elementi attivi e redatti nei formati consentiti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

2. Quando il difensore procede alla notificazione delle comparse o delle memorie, ai sensi dell’articolo 170 c.p.c., comma 4, la notificazione è effettuata mediante invio della memoria o della comparsa alle parti costituite ai sensi del comma 1.

3. La parte rimasta contumace ha diritto a prendere visione degli atti del procedimento tramite accesso al portale dei servizi telematici e, nei casi previsti, anche tramite il punto di accesso.

4. L’avvocato che estrae copia informatica per immagine dell’atto formato su supporto analogico, compie l’asseverazione prevista dall’articolo 22, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale, inserendo la dichiarazione di conformità all’originale nella relazione di notificazione, a norma della Legge 21 gennaio 1994, n. 53, articolo 3 bis, comma 5.

5. La procura alle liti si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce quando è rilasciata su documento informatico separato allegato al messaggio di posta elettronica certificata mediante il quale l’atto è notificato. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche quando la procura alle liti è rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine. 6. La ricevuta di avvenuta consegna prevista dalla Legge 21 gennaio 1994, n. 53, articolo 3 bis, comma 3, è quella completa, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, articolo 6, comma 4”.

p.2.3. Come emerge dal comma 1 nella norma si rinviava, però, alle specifiche tecniche di cui all’articolo 34.

Tale norma, a sua volta, affidava la loro determinazione al responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPA. E, nel terzo comma, prevedeva che fino all’emanazione delle specifiche tecniche di cui al comma 1, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni anteriormente vigenti.

Ora, le specifiche tecniche vennero effettivamente emanate con un provvedimento di analoga fonte rispetto a quello del 2014, cioè emesso dal mentovato responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati e tale provvedimento venne pubblicato sulla G.U. del 29 luglio 2011, ma in esso, a proposito delle notificazioni in via telematica da farsi dagli avvocati ai sensi del Decreto Ministeriale n. 44 del 2011, articolo 18, nulla si previde.

Vennero, invece, dettate norme tecniche oltre che per le notificazioni da eseguirsi dagli uffici (come per le comunicazioni), per quelle di soggetti esterni agli uffici, ma con previsione di doversi avvalere dell’UNEP: si veda l’articolo 19, che si dichiara attuativo dell’articolo 17 del regolamento n. 44 del 2011.

p.2.4. D’altro canto, va ricordato che la Legge n. 53 del 1994, all’epoca di emanazione del Decreto Ministeriale n. 44 del 2011 e, quindi, delle norme tecniche di cui al provvedimento del luglio 2011, disciplinava i poteri dell’avvocato di utilizzazione della p.e.c. con l’articolo 3, comma 3 bis, siccome sostituito dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183, articolo 25, comma 3, il quale prevedeva la possibilità di notificazione a mezzo p.e.c. da parte dell’avvocato se il destinatario risultasse indicato negli appositi pubblici elenchi, ma lo obbligava a procedere avvalendosi dell’opera dell’ufficiale giudiziario ai sensi dell’articolo 149 bis c.p.c.. Non diversamente dallo stesso articolo 149 bis, la previsione del detto comma 3 bis, era – come si era sottolineato in dottrina – di più che dubbia operatività, atteso che il quarto comma della prima alludeva ad un decreto ministeriale di cui mancava l’emanazione.

p.2.5. Sopravvenuta invece l’introduzione del nuovo e già riferito Legge n. 53 del 1994, articolo 3 bis, (e soppresso correlativamente il poco prima ricordato articolo 3, comma 3 bis), la concreta possibilità dell’effettivo decollo della nuova disciplina o almeno di un decollo applicativo formalmente legittimo, venne a dipendere sempre da quella che il comma primo dell’articolo 3-bis chiama normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. E ciò, si badi, anche per l’ipotesi regolata dal comma 2, atteso che pure nel suo caso rileva la sottoscrizione, trasmissione e ricezione, cui allude il comma 1, dato che la norma si occupa del modo di estrazione del documento informatico da un documento cartaceo. Il comma 2, infatti, disciplina solo il modo in cui l’atto da notificarsi che non sia di per sé un documento informatico può divenire copia informatica in funzione della successiva notificazione.

Poiché, una volta intervenuto l’articolo 3 bis, la normativa regolamentare continuò ad essere quella del provvedimento del luglio del 2011 di cui s’è detto, era palese che, non riferendosi essa in alcun modo all’ipotesi della notificazione eseguita dall’avvocato, la situazione era, dunque, di mancanza di normativa regolamentare disciplinatrice.

Tale situazione implicava che, fino a quando non fosse avvenuta l’emanazione della normativa regolamentare, l’articolo 3 bis, risultava in realtà una norma inapplicabile per la mancanza della normativa regolamentare, in quanto il Decreto Ministeriale n. 44 del 2011, articolo 18, pur nel testo risultante dalla sostituzione operata dal Decreto Ministeriale Giustizia 3 aprile 2013, n. 48, articolo 1, comma 1, continuava a rinviare alle norme tecniche di cui all’articolo 34 che ancora non c’erano.

In effetti, il momento della concreta applicabilità dell’articolo 3 bis, deve, in conseguenza, farsi risalire soltanto alla sopravvenienza del provvedimento del 16 aprile 2014 entrato in vigore il 15 maggio successivo.

È da quel momento che l’articolo 3 bis, può ritenersi sia stato legittimamente applicabile. S’è già detto, d’altro canto, che prima non vi erano norme regolamentari di attuazione relative alle notificazioni eseguite dagli avvocati.

p.2.6. Poiché la notificazione dell’istanza di regolamento di competenza è avvenuta, come s’è detto, prima della entrata in vigore del provvedimento del 16 aprile 2014, si deve, dunque, reputare che si è trattato di una notificazione non legittimata dall’articolo 3-bis e, quindi, non corrispondente al modello legale di cui a detta norma. Non è possibile ipotizzare che in mancanza delle norme regolamentari tecniche che si dovevano emanare ai sensi del Decreto Ministeriale n. 44 del 2011, articolo 18, il potere dell’avvocato di notificare validamente sussistesse comunque, perché questo avrebbe significato applicare la norma sopprimendo il chiaro valore della prescrizione circa l’osservanza delle norme regolamentari non ancora emanate, la quale sottintendeva proprio la volontà del legislatore di subordinarne l’efficacia alla loro emanazione.

Peraltro, nella situazione di mancanza di applicabilità della disciplina della Legge n. 53 del 1994, articolo 3 bis, fino al 15 maggio 2014, data in cui entrarono in vigore le norme tecniche cui allude il Decreto Ministeriale n. 44 del 2011, articolo 18, nel testo vigente, una notificazione eseguita come quella in esame, pur non avendo avuto il legale che l’ha eseguita il potere di effettuarla legittimamente, mancando tale potere solo per l’assenza di una normativa regolamentare e tra l’altro tecnica, non può considerarsi affetta da un tale scostamento dal modello legale da essere affetta da inesistenza, ma va considerata solo nulla e ciò anche perché l’avvocato abilitato ai sensi della Legge n. 53 del 1994, era comunque soggetto legittimato al compimento di attività notificatoria secondo detta legge e, dunque, provvisto di una funzione in tal senso.

Sussisterebbero, dunque, non essendosi costituito l’intimato (cosa che avrebbe determinato sanatoria della nullità) le condizioni per ordinare il rinnovo della notificazione dell’istanza di regolamento, previo rilievo della nullità della notificazione o meglio delle due notificazioni eseguite alla stregua del seguente principio di diritto: “La concreta applicabilità ed utilizzabilità della norma della Legge n. 53 del 1994, articolo 3 bis, (introdotta dal Decreto Legge n. 169 del 2012, articolo 16 quater, convertito, con modificazioni, nella Legge n. 221 del 2012, ed introdotto nel detto Decreto Legge dalla Legge n. 228 del 201, articolo 1, comma 19) si è verificata soltanto a far tempo dal 15 maggio 2014, data di efficacia delle norme regolamentari cui allude il comma 1 della norma (norme introdotte con il provvedimento 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, recante le Specifiche tecniche previste dal Decreto Ministeriale giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, articolo 34, comma 1, recante regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del Decreto Legge 29 dicembre 2009, n. 193, articolo 4, commi 1 e 2, convertito nella Legge 22 febbraio 2010, n. 24). Una notificazione eseguita dall’avvocato ai sensi dell’articolo 3 bis, anteriormente alla data del 15 maggio 2014 si doveva, dunque, reputare nulla e tale da giustificare, in mancanza di costituzione del convenuto, un ordine di rinnovo della notificazione”.

p.3. Il Collegio, tuttavia, non ritiene di ordinare il rinnovo della notificazione perché il ricorso è affetto da una causa di inammissibilità che non è quella indicata dal Pubblico Ministero, la cui verifica non è possibile.

Essa discende dall’inosservanza dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, e la sua sussistenza rende superfluo ordinare il rinnovo della notificazione del ricorso (Cass. sez. un. n. 6826 del 2010).

Queste le ragioni.

Invero, nel ricorso si evoca la clausola compromissoria e la si riproduce in parte fino ad un’interruzione con puntini sospensivi. La si dice, inoltre contenuta nel “contratto prodotto da controparte”.

Senonché, in disparte la riproduzione monca della clausola, che non consente una completa percezione del suo tenore, non si indica se e dove sia stato prodotto e sia esaminabile in questa sede il contratto che reca la clausola stessa, al fine di poterla esaminare.

Sia l’indicazione dell’intero contenuto della clausola, sia l’indicazione della detta sede erano necessarie per il rispetto dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, norma applicabile anche al regolamento di competenza: si veda Cass. (ord.) n. 20535 del 2009, secondo cui “In tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del Decreto Legislativo n. 40 del 2006, la nuova previsione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, oltre a richiedere la specifica indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale puntuale indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità, con la conseguenza che, in caso di omissione di tale adempimento, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile” seguita da numerose conformi: Cass. (ord.) n. 16007 del 2011; (ord.) n. 16295 del 2011; (ord.) n. 10593 del 2012; (ord.) n. 23003 del 20136; (ord.) n. 8992 del 2014, per un caso in cui la norma era stata rispettata).

Ora, il Collegio rileva che, avendo la sentenza declinato la competenza con rimessione delle parti davanti agli arbitri ed avendo affermato espressamente la natura rituale dell’arbitrato (si veda il terzultimo rigo della pagina 4 del provvedimento impugnato), la prospettazione del Pubblico Ministero che nella specie si trattasse di un arbitrato irrituale è contraddetta da tale rimessione e dunque lo scrutinio della clausola si presentava sommamente necessario per chiarire in via preliminare proprio se la decisione era o meno impugnabile con l’istanza di regolamento e, quindi, nell’eventuale caso positivo procedere allo scrutinio delle questioni poste dall’istanza di regolamento.

A maggior ragione l’esame della clausola sarebbe stato necessario per valutare la prospettazione espressa dal ricorrente nelle dette questioni, una volta risolta la problematica della natura dell’arbitrato previsto a favore della sua natura rituale anziché irrituale.

p.3. L’istanza è, dunque, dichiarata inammissibile.

p.4. Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di regolamento.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di regolamento. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13 comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato articolo 13, comma 1 bis.

Cass. sez. IV ord. 9 luglio 2015 n. 14368 (est. Frasca) Leggi tutto »

Cass., sez. VI, ord. 3 settembre 2015 n. 17574 (rel. Acierno)

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE-1

Composta dagli Il.mi Sigg.ri Magistrati:                     

Dott. SALVATORE DI PALMA – Presidente –

Dott. VITTORIO RAGONESI – Consigliere –

Dott. GIACINTO BISOGNI – Consigliere –

Dott. CARLO DE CHIARA – Consigliere –

Dott. MARIA ACIERNO – Rel. Consigliere –

 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso nn-aaaa proposto da:

AC SRL in persona dell’amministratore unico, elettivamente domiciliata in ROMA, ***, presso lo studio dell’avvocato RC, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MC, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

BA, NB, elettivamente, domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE AVEZZANA 31, presso lo studio dell’avvocato AF, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato AM, giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrenti –

nonché contro

AMMINISTRAZIONE FALLIMENTARE AC SRL;

– intimata –

 

avverso la sentenza n. 232/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del 15.1.2013, depositata il 07/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO;

udito per la ricorrente l’Avvocato GDL (per delega avv. MC) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Rilevato che è stata depositata la seguente relazione in ordine al ricorso R.G. nn del aaaa

“Con la pronuncia impugnata la Corte d’Appello di Firenze ha rigettato il reclamo proposto dalla s.r.l. A avverso il provvedimento con il quale il giudice di primo grado aveva rigettato l’opposizione alla dichiarazione di fallimento della società formulata dalla ricorrente.

A sostegno della decisione la Corte d’Appello ha affermato che : non sussiste il difetto di legittimazione passiva degli istanti AB e NB in quanto titolari di una posizione creditoria, non rilevando ai fini della legittimazione l’accertamento della sussistenza in concreto del credito;

la soglia di 30.000.000 ai fini della dichiarazione di fallimento riguarda l’intera posizione debitoria emergente dall’istruzione prefallimentare e non il singolo credito dell’istante;

nella specie la complessiva condizione della società faceva in equivocamente emergere la situazione d’insolvenza.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la s.r.l. A reiterando le censure prospettate nel reclamo.

Hanno  resistito  con  controricorso AB  e  NB  deducendo  preliminarmente  la  tardiva proposizione del ricorso per cassazione. 

Tale eccezione, deve, pertanto essere affrontata prioritariamente.

La pronuncia impugnata risulta notificata mediante P.E.C. (posta elettronica certificata) su istanza della cancelleria il 7/2/2013. Il ricorso risulta notificato il 26 aprile 2013.

L’art. 18 della legge fallimentare stabilisce, al comma 14, che il termine per proporre ricorso per cassazione è di 30 giorni dalla notificazione della pronuncia al reclamante a cura della cancelleria. (art. 18 commi 13 e 14).

La notificazione deve avvenire secondo le modalità stabilite nell’art. 137 cod. proc, civ. ex art. 17 legge fall. cui rinvia l’art. 18. comma 4). L’art. 137 cod. proc. civ., al terzo comma, consente espressamente la notifica mediante p.e.c., disponendo che qualora il legale non sia munito di tale strumento debba procedersi alla notificazione cartacea.

Nella specie dall’esame degli atti consentito a questa Corte, per la natura della censura, è emerso che Il legale della parte reclamante avv. Traini, aveva espressamente indicato nel proprio atto introduttivo del giudizio di reclamo l’indirizzo di posta elettronica certificata ex art.125 primo comma cod. proc. civ. La notificazione della sentenza impugnata risulta regolarmente ricevuto dal predetto legale il 7 febbraio 2013 come da attestazione del cancelliere in calce ad essa.

In conclusione, alla luce degli atti e delle norme esaminate il ricorso appare inammissibile”.

Ritenuto che è stata depositata memoria adesiva della parte contro ricorrente e che il Collegio aderisce senza rilievi alla relazione depositata.

P.Q.M.

La Corte, dichiara l’inammissibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente procedimento da liquidarsi in E 3000 per compensi; E 100 per spese oltre accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dci requisiti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso nella camera di consiglio del 9 aprile 2015.

 

Il Presidente

(Dr. Salvatore Di Palma)

Cass., sez. VI, ord. 3 settembre 2015 n. 17574 (rel. Acierno) Leggi tutto »