Cass, sez. VI, sent. 27 novembre 2014 n. 25215 (est. Carluccio)

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI CIVILE

Sentenza 27 novembre 2014, n. 25215

(Pres. Finocchiaro – Rel. Carluccio)

 

Svolgimento del processo

1. G.B. convenne in giudizio l’A.S.L. **, già AUSL n. ** di V., e l’A.O. C.T.O. – CRF e chiese il risarcimento dei danni materiali e non materiali conseguenti alla responsabilità sanitaria dei medici. Il giudizio di primo grado, nel quale l’A.O. C.T.O. aveva chiamato in manleva l’A. spa, si concluse con la condanna della ASL di V. al pagamento di Euro 4.000,00 a titolo di danni morali, nonché della A.O. al risarcimento a vario titolo per oltre Euro 45 mila, e con l’accoglimento della domanda di manleva.

La Corte di appello di Torino, in parziale riforma della decisione di prime cure, condannò l’ASL di V. al pagamento di quasi Euro 8.000,00, oltre accessori, a titolo di danno biologico temporaneo, escludendo la condanna a tale titolo della A.O., con conseguente riduzione della manleva; confermò per il resto la decisione (sentenza del 13 settembre 2012).

2. Avverso la suddetta sentenza, la G. propone ricorso per cassazione con unico motivo.

L’A. spa resiste con controricorso e deduce preliminarmente l’inammissibilità.

Nelle memorie, presentate dalle parti costituite, viene discusso il profilo della inammissibilità del controricorso della A. spa per essere stato notificato presso la cancelleria della Corte di cassazione, nonostante l’indicazione nel ricorso della posta elettronica certificata (PEC).

Le altre parti, ritualmente intimate, non svolgono difese. 

Motivi della decisione

1. Preliminare è l’esame della eccezione di inammissibilità del controricorso, formulata dalla difesa della ricorrente con la memoria illustrativa, sul rilievo che la notificazione dell’atto è stata effettuata presso la cancelleria di questa Corte, e ciò nonostante che nel ricorso fosse indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata.

 

1.1. L’eccezione non è fondata.

Nel ricorso, gli avvocati – muniti di procura speciale per rappresentare e difendere la parte sia congiuntamente che disgiuntamente – hanno dichiarato “ai sensi degli artt. 136 e 170 c.p.c. […] di accettare le comunicazioni loro inviate dalla cancelleria all’utenza telefax ** ovvero all’indirizzo di posta elettronica certificata ** con domicilio eletto a Milano, ** presso lo studio dei ** difensori”.

Ai sensi dell’art. 366, secondo comma, cod. proc. civ. (nel testo introdotto dalla legge n. 183 del 2011, applicabile ratione temporis, trattandosi di ricorso notificato nel marzo 2013) “se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma ovvero non ha indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicata al proprio ordine, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di cassazione”.

Quindi, la notificazione del controricorso può essere validamente effettuata presso la cancelleria della Corte di cassazione se manca la elezione del domicilio in Roma da parte del ricorrente e se questi non ha indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata. La domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il giudizio consegue solo ove il difensore non abbia indicato l’indirizzo suddetto. Mentre, se tale indicazione sussiste la notificazione del controricorso deve essere effettuata nella forma telematica (Cass. 28 novembre 2013, n. 26696; Sez. Un. n. 10143 del 2012).

Nella specie, è pacifico che la ricorrente non aveva eletto domicilio a Roma e, ritiene il Collegio, che non sia stato indicato in ricorso l’indirizzo di posta elettronica certificata, richiesto dall’art. 366 cit. ai fini delle notificazioni. Infatti il riferimento alla PEC è fatto nell’intestazione del ricorso – peraltro solo in riferimento ad uno dei difensori – ai soli fini delle comunicazioni di cancelleria. E, mentre la indicazione della PEC senza ulteriori specificazioni è idonea a far scattare l’obbligo per il notificante di utilizzare la notificazione in forma telematica, non altrettanto può dirsi nel caso di inequivocabile riferimento alle sole comunicazioni inviate dalla cancelleria.

Consegue che il controricorso, notificato presso la cancelleria di questa Corte sul presupposto della sussistenza di entrambi i requisiti della mancata elezione di domicilio e della mancata indicazione della posta elettronica certificata, va dichiarato ammissibile.

1.2. Deve aggiungersi che, comunque, anche ipotizzando la irritualità della notifica così effettuata, la nullità non potrebbe essere dichiarata stante il raggiungimento dello scopo (art. 156, terzo comma, cod. proc. civ.), atteso che il ricorrente ha riconosciuto di aver avuto conoscenza del controricorso (ottenuto via fax dalla cancelleria della Corte di cassazione) (Cass. 18 giugno 2014, n. 13857).

2.Con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. in relazione all’art. 2043 cod. civ., quale omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di gravame e di discussione tra le parti, costituito dalla mancata liquidazione del danno da perdita della capacità lavorativa specifica, quale danno distinto dal danno biologico e dal danno non patrimoniale.

Nella parte esplicativa, la ricorrente/danneggiata richiama gli atti processuali del processo di appello nei quali aveva chiesto la liquidazione del danno da perdita della capacità lavorativa specifica, in via autonoma dal danno biologico, che assorbirebbe solo la perdita della capacità lavorativa generica. Sostiene che la Corte di merito, omettendo di esaminare tale profilo di impugnazione, avrebbe violato l’art. 360 n. 5 del codice di procedura, nell’”attuale formulazione”, avendo omesso di esaminare un fatto principale costitutivo di un diritto, così non esaminando uno specifico profilo di danno il cui esame era stato sollecitato con l’impugnazione.

Il motivo è inammissibile.

2.1. È applicabile ratione temporis l’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., come modificato nel 2012, atteso che la sentenza impugnata è stata depositata il 13 settembre 2012.

E, tuttavia, il motivo è inammissibile a prescindere dalla nuova formulazione della norma in argomento.

Di recente, le Sez. Un. hanno affermato il principio secondo cui “Il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, cod. proc.

civ., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., con riguardo all’art. 112 cod. proc. civ., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge”. (24 luglio 2013, n. 17931).

2.2. Nella specie, ai fini della inammissibile invocazione dell’art. 360 n. 5 cit. rileva, non la mancanza del richiamo formale all’art. 112 cod. proc. civ. ma, lo svolgersi di tutta la parte esplicativa del motivo quale mancanza di motivazione sulla censura di appello, con violazione della legge sostanziale (art. 2043 cod. civ.), che avrebbe imposto la liquidazione della voce di danno da perdita della capacità lavorativa specifica. Argomentazioni che si accompagnano alla totale assenza di ogni riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, la quale costituisce, invece, la peculiarità della violazione dell’art. 112 del codice di procedura, per omessa pronuncia sulla domanda.

Ne consegue la indeterminatezza e la mancanza di specificità della censura, con conseguente violazione dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., che consente il ricorso di legittimità solo nell’ambito di una griglia vincolata secondo le previsioni del legislatore.

3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate sulla base dei parametri vigenti nei confronti della controricorrente.

Non sussistono i presupposti per la liquidazione delle spese nei confronti delle parti che non si sono difese.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE

 dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della contro ricorrente, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma I-bis, dello stesso articolo 13.