Cass., sez. lav., ord. 1 aprile 2019 n. 9029 (Pres. Nobile, rel. Blasutto)

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Procedimento civile – Termini per l’impugnazione – Decorrenza – Modalità di redazione e trasmissione della sentenza – Formato cartaceo e formato elettronico – Differenze

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIO NOBILE – Presidente –

Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE – Consigliere –

Dott. ROSA ARIENZO – Consigliere –

Dott. DANIELA BLASUTTO – Rel. Consigliere  –

Dott. CARLA PONTERIO – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso NN-AAAA proposto da:

M.M. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, ***, presso lo studio dell’avvocato F.P., che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato R.R.;

– ricorrente –

contro

O.S. C.D.L.P., A.A.C.C., E.P.D.O., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, ***, presso lo studio dell’avvocato M.T., che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. NN/AAAA della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata il 11/07/2016 R.G.N. NN/AAAA.

RILEVATO CHE

1. La Corte di appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, con sentenza n. NN/2016, ha dichiarato antisindacale la condotta tenuta da M.M. s.p.a. in occasione dello sciopero proclamato il 20 gennaio 2011 dall’O.S. C.D.L.P.; ha ordinato alla società di cessare immediatamente la condotta illecita e di astenersi per il futuro dall’utilizzare il potere disciplinare per limitare il diritto di sciopero; per l’effetto, ha annullato le sanzioni disciplinari irrogate ai lavoratori indicati nel ricorso ex art. 28 Stat. lav..

2. Per la cassazione di tale sentenza M.M. s.p.a. ha proposto ricorso affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso C.D.L.P..

3. Preliminarmente, l’O.S. resistente ha eccepito la tardività del ricorso ex art. 327 cod. proc. civ. perché avviato alla notifica il 13 gennaio 2017, oltre il termine di sei mesi previsto dalla predetta norma e decorrente dalla data di pubblicazione della sentenza, avvenuta I’11 luglio 2016 mediante deposito in cancelleria.

4. Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ., per contrastare la suddetta eccezione. Ha dedotto che la sentenza era stata comunicata dalla cancelleria via pec in data 14 luglio 2016, ai sensi dell’art. 133 cod. proc. civ. e che, quindi, ai fini della decorrenza del termine per impugnare, occorreva avere riguardo a tale adempimento, da cui la tempestività e l’ammissibilità del ricorso per cassazione. Deduce che una diversa soluzione interpretativa imporrebbe alle parti interessate l’onere di recarsi quotidianamente in cancelleria, a partire dal giorno successivo alla discussione, per verificare l’avvenuto deposito del provvedimento completo di motivazione, al fine di evitare di incorrere nella decadenza.

CONSIDERATO CHE

1. Preliminarmente, va rilevata la tardività del ricorso per cassazione ex art. 327 cod. proc. civ., in quanto avviato alla notifica in data 14 gennaio 2017, oltre il compimento del termine di decadenza di sei mesi (applicabile ratione temporis), termine scaduto l’11 gennaio 2017 (coincidente con un mercoledì) e decorrente dalla data di pubblicazione della sentenza, avvenuta con il suo deposito nella cancelleria del giudice a quo.

2. Occorre premettere che la sentenza impugnata non è stata redatta in formato elettronico, ma in formato cartaceo e risulta depositata in cancelleria in data 11 luglio 2016, come da attestazione del funzionario apposta in calce al provvedimento. Ai fini della decorrenza del suddetto termine, è rilevante soltanto l’attestazione dell’avvenuto deposito e non la diversa data (14 luglio 2016) della successiva comunicazione di cancelleria avvenuta via PEC alle parti.

3. Non trova applicazione la disciplina dettata per le sentenze redatte in formato elettronico, in cui è dal momento della trasmissione del provvedimento per via telematica mediante PEC che il procedimento decisionale è completato e si esterna, divenendo il provvedimento, dalla relativa data, irretrattabile dal giudice che l’ha pronunciato e legalmente noto a tutti, con decorrenza del termine lungo di decadenza per le impugnazioni ex art. 327 cod. proc. civ. (Cass. n. 17278 del 2016). Questa Corte ha precisato che, nel caso di redazione della sentenza in formato elettronico, la relativa data di pubblicazione, ai fini del decorso del termine cd. “lungo” di impugnazione, coincide non già con quella della sua trasmissione alla cancelleria da parte del giudice, bensì con quella dell’attestazione del cancelliere, giacché è solo da tale momento che la sentenza diviene ostensibile agli interessati (Cass. n. 24891 del 2018).

4. È sempre con riguardo all’ipotesi che alla redazione integrale della sentenza provveda direttamente il giudice estensore in formato elettronico che questa Corte, a Sezioni Unite, si è pronunciata precisando che: “dal momento in cui il documento, conforme al modello normativo (art. 132 cod. proc. civ., e art. 118 disp. att. cod. proc. civ.), è consegnato ufficialmente in cancelleria – ovvero è trasmesso in formato elettronico per via telematica mediante PEC (d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 48) – il procedimento della decisione si completa e si esterna e dalla relativa data la sentenza diviene irretrattabile dal giudice che l’ha pronunziata; è legalmente nota a tutti; inizia a decorrere il termine lungo di decadenza per le impugnazioni di cui all’art. 327 cod. proc. civ., comma 1; produce tutti i suoi effetti giuridici” (cfr. Cass., Sez. Un., 10 agosto 2012, n. 13794).

5. Al di fuori di tale ambito, trova applicazione la regola secondo cui il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico, con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità per gli interessati, dovendosi identificare tale momento con quello di venuta ad esistenza della sentenza a tutti gli effetti, inclusa la decorrenza del termine lungo per la sua impugnazione (Cass. S.U. n. 18569 del 2016).

6. Non risulta neppure prospettato da parte ricorrente che nel caso in esame l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico si fosse perfezionato in data successiva a quella del deposito, sicché non è applicabile il principio sancito da Sezioni Unite n. 18569 del 2016 secondo cui, in caso di apposizione in calce alla sentenza di due diverse date, il giudice deve accertare – attraverso istruttoria documentale ovvero ricorrendo a presunzioni semplici, o, infine, alla regola di cui all’art. 2697 cod. civ. – il momento in cui la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo.

7. In presenza di un’unica attestazione di deposito, trova applicazione il consolidato principio secondo cui, l’attestazione con la quale il cancelliere, ai sensi del secondo comma dell’art. 133 cod. proc. civ., dà atto del deposito della sentenza, costituisce atto pubblico la cui efficacia probatoria, ex art. 2700 cod. civ..

8. La pubblicazione della decisione si ha con l’attestazione del cancelliere, attestazione, che, appunto, ha la funzione di pubblicare la stessa. Da tale momento la sentenza diviene ostensibile agli interessati, con la logica ricaduta che da questo momento il temine lungo per impugnare inizia a decorrere. L’impugnabilità nel termine attualmente fissato in sei mesi, nel caso in cui la sentenza non risulti essere stata notificata, poggia sul presupposto che essa sia appunto conoscibile alla parte, pur attraverso la necessaria intercessione del difensore.

9. Né la decadenza da un termine processuale, ivi compreso quello per impugnare, può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto, atteso che il termine di cui all’art. 327 cod. proc. civ. decorre dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, a prescindere dal rispetto, da parte della cancelleria medesima, degli obblighi di comunicazione alle parti, e che, inoltre, rientra nei compiti del difensore attivarsi per verificare se siano state compiute attività processuali a sua insaputa (cfr. Cass. n. 5946 del 2017). Ed infatti, l’art. 327 cod. proc. civ. opera un non irragionevole bilanciamento tra l’indispensabile esigenza di tutela della certezza delle situazioni giuridiche e il diritto di difesa, poiché l’ampiezza del termine consente al soccombente di informarsi tempestivamente della decisione che lo riguarda e la decorrenza, fissata avuto riguardo alla pubblicazione, costituisce corollario del principio secondo cui, dopo un certo lasso di tempo, la cosa giudicata si forma indipendentemente dalla notificazione della sentenza ad istanza di parte, sicché lo spostamento del dies a quo dalla data di pubblicazione a quella di comunicazione non solo sarebbe contraddittorio con la logica del processo, ma restringerebbe irrazionalmente il campo di applicazione del termine lungo di impugnazione alle parti costituite in giudizio, alle quali soltanto la sentenza è comunicata ex officio (Cass. n. 26402 del 2014).

10. Giova osservare, altresì, che con l’art. 16, comma 3, d.l. n. 179 del 2012, conv. in I. n. 221 del 2012, il legislatore ha modificato il secondo comma dell’art.45 disp.att.c.p.c., disponendo che il biglietto di cancelleria deve contenere “il testo integrale del provvedimento comunicato”. Al quarto comma del medesimo art. 16 ha previsto che “Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici”. Il legislatore è poi intervenuto sull’art.133, secondo comma, cod. proc. civ., con l’art. 45, primo comma lett.b), d.l. n. 90 del 2014, precisando che: “Il Cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto di cancelleria contenente il testo integrale della sentenza, ne dà notizia alle parti che si sono costituite”. Il legislatore è intervenuto in sede di conversione del d.l. n. 90 del 2014, aggiungendo al comma 2 dell’art. 133 cod. proc.civ. che “La comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’articolo 325”. Pertanto, in via generale, la comunicazione del provvedimento da parte della cancelleria, non è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione.

11. Peraltro, come chiarito dalla giurisprudenza della Corte, la modifica normativa non ha inciso sulle norme processuali, derogatorie e speciali, che collegano la decorrenza del termine breve di impugnazione alla mera comunicazione del provvedimento da parte della cancelleria, come è stato chiarito da una serie di successive pronunce intese a definire l’ambito di applicazione della novella. E’ stato infatti affermato che la modifica dell’art. 133 cod. proc. civ., secondo cui “la comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325”, attiene al regime generale della comunicazione dei provvedimenti da parte della cancelleria, sicché non può investire, neppure indirettamente, le previsioni speciali che appunto in via derogatoria, comportino la decorrenza di termini – anche perentori – dalla semplice comunicazione del provvedimento. Nell’ambito delle controversie di lavoro, è il caso previsto dall’art. 1, commi 58 e 62, legge n. 92 del 2012.

12. Dunque, al di fuori di tali ipotesi, la regola generale per i provvedimenti depositati in forma cartacea è che la comunicazione dei provvedimenti da parte della cancelleria non incide sulla decorrenza dei termini per l’impugnazione, per cui trova applicazione il termine “lungo” di cui all’art. 327 cod. proc. civ., decorrente dal deposito del provvedimento, nel caso che nessun interessato abbia provveduto alla notificazione di propria iniziativa.

13. Per tali assorbenti motivi, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi dell’art. 2 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

14.Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002. Il raddoppio del contributo unificato, introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, costituisce una obbligazione di importo predeterminato che sorge ex lege per effetto del rigetto dell’impugnazione, della dichiarazione di improcedibilità o di inammissibilità della stessa.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in euro 4.000,00 per compensi e in euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi dell’art.13 comma 1-quater del d.P.R. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma1-bis, dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 febbraio 2019

Il Presidente

Vittorio Nobile