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Impugnazioni – Ricorso per cassazione – Deposito della copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notifica (art. 369, c. 2, n. 2 c.p.c.) – Mancanza – Improcediblità
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROBERTA VIVALDI – Presidente –
Dott. STEFANO OLIVIERI – Rel. Consigliere –
Dott. PASQUALE GIANNITI – Consigliere –
Dott. MARCO DELL’UTRI – Consigliere –
Dott. ANNA MOSCARINI – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso NN/AAAA proposto da:
P. G., elettivamente domiciliato in ROMA, ***, presso lo studio dell’avvocato F. S., che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato G. P. giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
A. SPA, in persona dei procuratori ad negotia, Dott. A. C. e Dott. G. B., elettivamente domiciliata in ROMA, ***, presso lo studio dell’avvocato E. C., che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato G. M. giusta procura a margine delcontroricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 515/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 08/08/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/12/2017 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;
Fatti di causa
La Corte d’appello di Trieste con sentenza 8.8.2014 n. 515, confermava la decisione di prime cure e rigettava l’appello proposto da G. P., rilevando che dalle complessive risultanze probatorie emergevano incongruenze tali da ritenere inattendibile e comunque non idoneamente provato il furto dell’autoveicolo Ferrari mod. F 355, asseritamente avvenuto in Monfalcone in data 9.10.2007 ed in relazione al quale il P. aveva richiesto il pagamento dell’indennizzo alla società A. SPA con la quale aveva stipulato polizza assicurativa danni.
La sentenza notificata in via telematica, come da relata di notifica in data 14.11.2014, è stata ritualmente impugnata da P., con atto notificato in data 12.1.2015, deducendo plurimi motivi indicati nel ricorso sub lett. A) e B) ed in sette “punti”.
A. SPA ha resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie illustrative ex art. 380 bis.1 c.p.c..
Ragioni della decisione
Il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, non avendo assolto il ricorrente all’onere prescritto dall’art. 369, comma 2, n.2) c.p.c..
Deve infatti ribadirsi il principio secondo cui in tema di ricorso per cassazione, quando la sentenza impugnata sia stata notificata e il ricorrente abbia depositato la sola copia autentica della stessa priva della relata di notifica, deve applicarsi la sanzione dell’improcedibilità, ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., a nulla rilevando che il ricorso sia stato notificato nel termine breve decorrente dalla data di notificazione della sentenza, ponendosi la procedibilità come verifica preliminare rispetto alla stessa ammissibilità (cfr. da ultimo Corte cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 21386 del 15/09/2017)
La giurisprudenza di questa Corte, modificando il più restrittivo orientamento espresso da Corte cass. Sez. U, Ordinanza n. 9005 del 16/04/2009 secondo cui la norma processuale dell’art. 369 c.p.c. (che prescriveva a pena di improcedibilità l’onere per il ricorrente del depositato della sentenza impugnata in copia conforme e della relata di notifica ove eseguita) doveva interpretarsi nel senso che “nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto del secondo comma dell’art. 372 cod. proc. civ., applicabile estensivamente, purché entro il termine di cui al primo comma dell’art. 369 cod. proc. civ., e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente”, con la conseguenza che doveva escludersi qualsiasi rilevanza alla presenza dei documenti in questione nel fascicolo del controricorrente e finanche nel fascicolo di ufficio, ha statuito con il successivo intervento delle SS.UU. (Corte cass. Sez. U-, Sentenza n. 10648 del 02/05/2017) che, in tema di giudizio di cassazione, deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perché prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio. Ma ha ribadito, altresì, che “La mancata produzione, nei termini, della sentenza impugnata o la mancata prova (mediante la relata di notifica) della tempestività del ricorso per cassazione costituiscono negligenze difensive che, per quanto frequenti, in linea di principio non sono giustificabili. Si tratta di adempimenti agevoli, normativamente prescritti da sempre, di intuitiva utilità per attivare il compito del giudice in modo non “trasandato” e conseguente con il fine di pervenire sollecitamente alla formazione del giudicato. Consentire il recupero della omissione mediante la produzione a tempo indeterminato con lo strumento di cui all’art. 372 c.p.c. vanificherebbe il senso del duplice adempimento nel meccanismo processuale. L’improcedibilità infatti, a differenza di quanto previsto in altre “situazioni procedurali” trova la sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo che ostacola la sequenza di avvio di un determinato processo. E’ stato insegnato anche che essa è compatibile con il diritto di accesso al giudice se configurata nelle fasi di impugnazione, risolvendosi altrimenti in una non ragionevole compressione del diritto di difesa (cfr., per una applicazione di quest’ultimo principio SU n. 1238/05) La selezione delle impugnazioni da scrutinare nel merito va perciò compiuta se i termini fissati dal legislatore per la sequenza procedimentale siano stati rispettati, salvo che i termini stessi (e gli adempimenti prescritti) risultino insignificanti…..” (sic in motivazione).
I principi indicati sono stati ancora ribaditi, da ultimo, anche con specifico riferimento alla notifica telematica della sentenza da Corte cass. Sez. 6 – , Ordinanza n. 30918 del 22/12/2017 che ha statuito come il deposito in cancelleria di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo posta elettronica certificata, con attestazione di conformità priva di sottoscrizione autografa del difensore ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, I. n. 53 del 1994, ne comporta l’improcedibilità rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 369 c.p.c., a nulla rilevando la mancata contestazione della controparte ovvero il deposito di copia del ricorso ritualmente autenticata oltre il termine perentorio di venti giorni dall’ultima notifica, non essendo ammissibile il recupero di una condizione di procedibilità mancante al momento della scadenza del termine per il deposito del ricorso.
Tanto premesso, osserva il Collegio che la sentenza di appello, secondo quanto dichiarato dallo stesso ricorrente (cfr. intestazione del ricorso per cassazione), sarebbe stata infatti notificata, con modalità telematica, in data 14 novembre 2014, all’indirizzo PEC dei difensori domiciliatari avv. S. V. e P. B. (***@pecavvocatigorizia.eu ; ***@pecavvocatigorizia.it ), a cura dell’avv. G. M. difensore dell’appellante G. P., ai sensi dell’art. 3 bis della legge 21 gennaio 1994 n. 53 (introdotto dall’art. 16 quater del DL18 ottobre 2012 n. 179, conv. con modificazioni in legge 17 dicembre 2012 n. 221), norma che autorizza gli avvocati ad eseguire la notifica di atti e documenti relativi al processo con modalità telematica utilizzando gli indirizzi di posta elettronica certificata.
Tale forma di procedimento notificatorio, che in applicazione delle norme di legge che disciplinano il “processo telematico” trova obbligatoria applicazione – peraltro secondo differenti scadenze temporali- negli uffici di merito, non è stato ancora estesa al giudizio di cassazione per il quale non operano, tuttora, le disposizioni sul deposito telematico degli atti processuali di cui ai commi da 1 a 4 dell’art. 16-bis del d.l. 18 ottobre 2012 n. 179, conv. con modificazioni in legge 17 dicembre 2012 n. 221 e succ. mod., essendo regolato, pertanto, tale giudizio dalle norme processuali che prevedono la notifica ed il deposito in Cancelleria di atti e documenti in forma analogica i quali, ove richiesto, devono essere sottoscritti con firma autografa. Ne segue che gli atti e documenti elettronici, sebbene trasmessi dal difensore o pervenuti al suo indirizzo PEC in forma telematica, per rispondere ai requisiti di procedibilità ed ammissibilità prescritti dagli artt. 365, 369, 370, 371 e 372 c.p.c., debbono necessariamente essere trasformati in documento cartaceo.
Con specifico riferimento al deposito presso la Cancelleria di questa Corte della copia autentica della sentenza impugnata corredata della relata di notifica (art. 369, comma 2, n. 2), c.p.c.), adempimento funzionale alla necessaria verifica della tempestività del ricorso che la Corte è chiamata a compiere di ufficio, la copia della sentenza notificata -ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione- all’indirizzo PEC del destinatario, e pervenuta quindi a tale indirizzo in formato elettronico, deve essere riprodotta in formato analogico “conforme all’originale”, atteso che la copia del provvedimento del
Giudice -tanto se generato e pubblicato, in originale, come documento informatico, quanto se depositato, invece, presso la Cancelleria in forma analogica- viene in ogni caso comunicata ai difensori in via telematica dalla Cancelleria (art. 45, comma 2, disp. att. c.p.c., modificato dall’art. 16 comma
3 lett. c) del DL n. 179/2012: l’obbligo della comunicazione telematica dei provvedimenti giurisdizionali è stato esteso a “decorrere dal 15 febbraio 2016, limitatamente alle comunicazioni e notificazioni da parte delle cancellerie delle sezioni civili, presso la Corte suprema di cassazione” dall’art. 2col del Decreto 19 gennaio 2016) e dunque viene “estratta” dal difensore, sempre in via telematica, dal fascicolo informatico (art. 16 bis, comma 9 bis, DL n. 179/2012).
Allo scopo di consentire le trasformazioni dei documenti elettronici in analogici e viceversa, la legge attribuisce espressamente ai difensori, che rivestono la qualità di pubblico ufficiale, il potere di attestazione della conformità dell’atto processuale o del documento estratto e poi trasmesso, alla corrispondente copia “presente” nell’archivio informatico, che è considerata dalla legge equivalente all’originale anche se priva della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformita’ all’originale (ibidem).
La “attestazione di conformità” del difensore attribuisce alla copia informatica -estratta dal fascicolo informatico e trasmessa all’indirizzo PEC del destinatario- il requisito di autenticità, venendo essa considerata dalla legge equivalente all’atto o documento originale: nel caso di trasmissione telematica, da valere quale notificazione dell’atto processuale, tale attestazione di conformità deve essere contenuta nella “relata di notifica”, sottoscritta con firma digitale, che costituisce documento informatico separato da allegare, unitamente all’atto processuale da notificare, al “messaggio di posta elettronica certificata” (art. 3 bis, comma 5, della legge n 53/1994; art. 16 undecies, comma 3, DL n. 179/2012).
Perfezionatasi la notifica telematica della sentenza (per il notificante con la “ricevuta di accettazione” del messaggio generata dal server del gestore del servizio di posta elettronica, e per il destinatario con la ricevuta di “avvenuta consegna” del messaggio anch’essa generata dal medesimo server), il difensore destinatario “vedrà” inserito nel proprio “fascicolo informatico” il messaggio di posta elettronica cui è allegato il documento (la sentenza) e la relata di notifica completa di attestazione di conformità sottoscritta con firma digitale dal mittente. Conseguentemente, onde ottemperare al disposto dell’art. 369, comma 2, n. 2) c.p.c., il difensore destinatario della notifica, dovrà procedere ad estrarre il documento in forma digitale dal proprio fascicolo informatico, riproducendolo in forma analogica, effettuando quindi un procedimento inverso che richiede una “nuova attestazione di conformità” del documento cartaceo a quello “presente” -in quanto pervenutovi a seguito della notifica telematica- nell’archivio informatico del destinatario (art. 16 bis, comma 9 bis, DL n. 179/20102: “Le copie analogiche ed informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico e munite dell’attestazione di conformita’ a norma del presente comma, equivalgono all’originale”), che deve essere apposta, con sottoscrizione in forma autografa, in calce o a margine, o su foglio separato ma fisicamente congiunto alla copia analogica della sentenza e della relata di notifica estratte dal fascicolo informatico (art. 16 undecies DL n. 179/20102 : “Quando l’attestazione di conformita’ prevista dalle disposizioni della presente sezione, dal codice di procedura civile e dalla legge 21 gennaio 1994, n. 53, si riferisce ad una copia analogica, l’attestazione stessa e’ apposta in calce o a margine della copia o su foglio separato, che sia pero’ congiunto materialmente alla medesima”).
Tanto premesso, il mero deposito presso la Cancelleria della Corte, da parte del difensore del ricorrente, della copia della sentenza di appello, in forma cartacea, corredata della copia analogica della “relazione di notifica” inviata dal mittente con il “messaggio di posta elettronica”, non assolve agli indicati requisiti legali prescritti dall’art. 369, comma 2, n. 2), c.p.c..
Irrilevante, infatti, la attestazione di conformità del mittente avv. M. inserita come prescritto dalla legge nella relata di notifica della sentenza di appello, redatta e sottoscritta in forma digitale e che è dato rinvenire nel fascicolo di parte ricorrente, nel caso di specie difetta invece del tutto la attestazione, sottoscritta dal destinatario della notifica (avv. V. e B.) di conformità all’originale digitale dei documenti (sentenza appello; relata notifica con attestazione conformità, messaggio di posta elettronica) estratti dal fascicolo informatico depositati presso la Cancelleria di questa Corte dalla parte ricorrente in formato analogico.
Ed è appena il caso di rilevare come non possa soccorrere, come adempimento “sostitutivo”, il deposito della copia cartacea della “relazione di notifica” nella quale è contenuta la attestazione di conformità che le legge impone di effettuare “al mittente” (nella specie avv. M.) che procede alla notifica telematica dell’atto processuale : tale attestazione, infatti, concerne soltanto il documento digitale presente nel fascicolo informatico del mittente, sicchè una volta trasmesso tale documento digitale dal fascicolo informatico del mittente al fascicolo informatico del destinatario, appare del tutto evidente come la originaria attestazione di conformità del documento, non possa esplicare alcuna efficacia in ordine alla successiva operazione di estrazione del documento elettronico -trasformato in tal modo in documento analogico- eseguita dal difensore destinatario della notifica, sfuggendo del tutto alla sfera di controllo del difensore mittente la successiva attività compiuta dal destinatario, il quale viene a confezionare una “nuova” copia del documento, estraendolo dal proprio fascicolo informatico, che necessita, pertanto, di una “nuova” attestazione di conformità da parte del difensore-pubblico ufficiale.
In difetto di tale adempimento il ricorso per cassazione deve essere dichiarato improcedibile, dovendo essere confermato il precedente di questa Corte cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 17450 del 14/07/2017 (seguito da numerosi altri: Corte cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 26613 del 2017; id. Sez. 6-3, Ordinanza n. 26612 del 2017; id. Sez. 6-3, Ordinanza n. 26606 del 2017; id. Sez. 3, Sentenza n. 26520 del 2017; id. Sez. 3, Ordinanza n. 25429 del 2017; id. Sez. 6-2, Ordinanza n. 24422 del 2017; id. Sez. 2, Sentenza n. 24347 del 2017; id. Sez. 3, Ordinanza n. 24292 del 2017; id. Sez. 3, Sentenza n. 23668 del 2017) ed ancora da ultimo da Corte cass. Sez. 6 -, Ordinanza n. 30765 del 22/12/2017 che, riassumendo e compendiando gli orientamenti emersi nei precedenti arresti di legittimità ha affermato il principio secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, per soddisfare l’onere di deposito della copia autentica della decisione con la relazione di notificazione, il difensore del ricorrente, destinatario della suddetta notifica, deve estrarre copia cartacea del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e dei suoi allegati (relazione di notifica e provvedimento impugnato), attestare con propria sottoscrizione autografa la conformità agli originali digitali della copia formata su supporto analogico, ai sensi dell’art. 9, commi 1 bis e 1 ter, I. n. 53 del 1994, e depositare nei termini quest’ultima presso la cancelleria della S.C., mentre non è necessario provvedere anche al deposito di copia autenticata della sentenza estratta dal fascicolo informatico.
Per completezza deve aggiungersi che non è ostativa alla pronuncia di improcedibilità del ricorso la istanza presentata alla Cancelleria del Giudice a quo dal difensore del ricorrente, ai sensi dell’art. 369 comma 3 c.p.c., di trasmissione del fascicolo di ufficio, atteso che non ricorre nella fattispecie alcuna delle ipotesi di “notifica” ex officio -a cura della Cancelleria- della sentenza di appello, sicchè essendo rimessa alla parte interessata a far decorre il termine breve ex art. 325 c.p.c., la notifica della sentenza d’appello, tale attività notificatoria viene documentata “ah externo” rispetto agli atti processuali compiuti alla presenza del funzionario di Cancelleria o comunque da questi ricevuti, e dunque alcun obbligo di legge è prescritto in ordine all’inserimento nel “fascicolo di ufficio” (art. 168 c.p.c.; art. 36 disp. att. c.p.c.) dei documenti attestanti l’attività notificatoria della sentenza, con la conseguenza della inutilità della acquisizione di tale fascicolo ai fini della verifica di procedibilità (conf. Corte cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 21386 del 15/09/2017).
In ogni caso entrambe le parti hanno depositati i rispettivi fascicoli relativi ai gradi di merito nei quali non si rinvengono ulteriori atti relativi alla notifica telematica della sentenza di appello. Nel fascicolo di parte resistente A. SPA si rinviene esclusivamente la copia originale cartacea (non quindi la semplice fotocopia rinvenuta nel fascicolo di parte ricorrente) della sentenza di appello rilasciata dalla Cancelleria della Corte d’appello di Trieste con il timbro di attestazione della conformità all’originale sottoscritto in data 13.10.2014 dal funzionario dell’ufficio: documento che anche se contenuto nel fascicolo della controparte risponde alla condizione di procedibilità ex art. 369co2 n. 2 c.p.c. limitatamente al requisito di conformità della copia del provvedimento impugnato, ma non anche al prescritto deposito della relata di notifica dello stesso.
Il ricorso per cassazione risulta consegnato all’Ufficio postale per la notifica ex art. 149 c.p.c. in data 12.1.2015, e dunque deve ritenersi negativa anche la prova cd. di resistenza di verifica della esecuzione della notifica nel termine di gg. 60 dalla pubblicazione del provvedimento impugnato, essendo stata pubblicata la sentenza di appello in data 8.8.2014.
In conclusione il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del Dpr 30 maggio 2002 n. 115, inserito dall’art. 1 comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 .
P.Q.M.
Il Collegio successivamente riunito, nella stessa composizione, così provvede:
– dichiara improcedibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del Dpr 30 maggio 2002 n. 115, inserito dall’art. 1 comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, in data 5.4.2018, in sede di riconvocazione.
Il Presidente