Il Processo Amministrativo Telematico come caso di studio: verso un nuovo linguaggio.

di Redazione (*)

Il rilievo crescente che negli ultimi anni ha assunto il linguaggio processuale si colloca nell’ambito di un indirizzo giurisprudenziale di legittimità che ha codificato il principio di sinteticità e di chiarezza espositiva degli atti processuali civili quale canone del giusto processo civile (v., ex multis, Cass. 30 settembre 2014, n. 20589). Il momento redazionale dell’atto si colora così di contenuti che incidono sull’esercizio del diritto di difesa, imponendo in capo al difensore ulteriori oneri e corrispettivi vantaggi.

Si tratta di terreno che ben si presta ad un’indagine comparativa, avendo il legislatore accolto per il processo amministrativo una disciplina diversa da quella attualmente vigente nel processo civile.

Nel processo amministrativo, il principio di sinteticità è previsto dall’art. 3, comma 2, c.p.a., secondo cui:

Il giudice e le parti redigono gli atti in maniera chiara e sintetica, secondo quanto disposto dalle norme di attuazione

Il riferimento va all’art. 13, comma 1, norme di attuazione c.p.a., secondo cui:

Al fine di consentire lo spedito svolgimento del giudizio in coerenza con i principi di sinteticità e chiarezza di cui all’articolo 3, comma 2, del codice, le parti redigono il ricorso e gli altri atti difensivi secondo i criteri e nei limiti dimensionali stabiliti con decreto del presidente del Consiglio di Stato, da adottare entro il 31 dicembre 2016

Il Decreto è stato adottato in data 22 dicembre 2016. Si fa riferimento al Decreto 23 dicembre 2016, n. 167 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa, come modificato dal decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 16 ottobre 2017, n. 127, recante la “disciplina dei criteri di redazione e dei limiti dimensionali dei ricorsi e degli altri atti difensivi nel processo amministrativo”.

Il Decreto prevede specifici limiti dimensionali (espressi in numero massimo di caratteri), differenziati a seconda del rito di riferimento 

La parte che, per le esigenze difensive di cui all’art. 5, comma 1, necessiti di esporre le sue argomentazioni difensive debordando dai limiti dimensionali degli atti processuali scolpiti dall’art. 3, deve domandare un’apposita autorizzazione, formulando, a tale fine, istanza motivata “in calce allo schema di ricorso” o, “per gravi e giustificati motivi”, in via successiva, ossia a superamento dei suddetti limiti già avvenuta.

La mancata richiesta di autorizzazione comporta che non deve essere letta dal Collegio giudicante la parte dell’atto “esorbitante”, il cui omesso esame non costituisce motivo di impugnazione (v. Consiglio di Stato sez. IV, 30/12/2020, n.8532).

E nel processo civile?

A differenza del modello adottato nel processo amministrativo, l’unica norma a prevedere il principio di sinteticità degli atti processuali civili (nonché dei provvedimenti del giudice civile) è contenuta non nel codice di rito, bensì nella normativa primaria in tema di processo civile telematico.  Il riferimento va all’art. 16 bis, co. 9octies, D.L. 179/2012, ai sensi del quale:

«gli atti di parte e i provvedimenti del giudice depositati con modalità telematiche sono redatti in maniera sintetica».

Fa pendant a tale principio generale la codificazione di precisi criteri redazionali (con specifica indicazione anche del numero massimo di pagine) che risulta affidata, nel caso del processo civile, a fonti di soft law che, per definizione, non hanno forza coercitiva.

Merita in questo senso una menzione peculiare il Protocollo d’intesa tra la Corte di Cassazione e il Consiglio Nazionale Forense del 17 dicembre 2015 in merito alle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia civile e tributaria. Protocollo che ha acquisito primario rilievo non solo perché assunto a modello da numerosi Protocolli e Linee Guida adottate, ad esempio, dall’Assemblea Nazionale degli Osservatori sulla Giustizia Civile (Roma, 19-21 maggio 2017), ma anche in virtù del peculiare valore stringente che ai criteri fissati dal Protocollo è andata attribuendo la giurisprudenza di legittimità (v. Cass. 24 aprile 2018, n. 10112).

A fronte di modelli così diversi, un dato comune è da rinvenirsi nel rilievo crescente tributato dalla giurisprudenza (tanto civile quanto amministrativa) al principio di sinteticità. SI tratta di un percorso ancora in atto, che – intersecandosi con quello della digitalizzazione – dovrebbe condurre ad accogliere nuovi significati per i concetti di sinteticità e chiarezza, da declinarsi non dal punto di vista meramente quantitativo, ma in senso qualitativo, nell’ambito di un contesto nuovo e digitale.

(*) L’argomento è stato trattato in un webinar di OPEN Dot Com: clicca qui per richiedere il replay