di Fabio Callegari
Formatore PCT
La legge 21.01.1994 n. 53 disciplina la “facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali”.
Anche tale disciplina è stata interessata dalla telematizzazione del processo civile. L’entrata in vigore dell’art. 46, d.l. 24.06.2014 n. 90, ha, peraltro, semplificato la facoltà, in capo agli avvocati, di procedere alla notificazione in proprio a mezzo Pec: è stata, infatti, eliminata la necessità di ottenere la preventiva autorizzazione dal proprio ordine di appartenenza nonché l’obbligo di effettuare il pagamento dell’importo previsto dal previgente art. 10, comma n. 1, l. 53/1994.
I requisiti affinché l’avvocato possa validamente procedere con la notifica in proprio a mezzo Pec sono indicati dall’art. 3 bis della l. 53/1994, così come modificato dalla l. 11.08.2014 n. 114, di conversione del d.l. 90/2014.
Questi requisiti sono, in sostanza, quei “nuovi arnesi del mestiere” di cui l’avvocato telematico non può più fare a meno.
In primis è necessario che il soggetto notificante sia munito di un indirizzo Pec risultante da pubblici elenchi. Ciò, in teoria, non dovrebbe porre particolari ostacoli in quanto, ai sensi dell’art. 16, comma 7, della l. 28.01.2009 n. 2, gli avvocati, al pari di ogni altro professionista iscritto in albi o collegi, sono tenuti a comunicare il proprio indirizzo Pec all’ordine di appartenenza.
L’art. 3 bis richiede, inoltre, che il soggetto notificante sia munito di un dispositivo di firma digitale ex art. 1 lettera s), d.lgs. 07.03.2005 n. 82, che abbia rinvenuto l’indirizzo Pec del destinatario in pubblici registri, che venga allegata l’eventuale procura alle liti ex art. 83 c.p.c, che venga generata e allegata la relazione di notificazione e che nell’oggetto del messaggio venga specificato che si tratta di una “notifica ai sensi della legge n. 53/1994”.
È opportuno precisare che nel procedere con la notificazione in proprio a mezzo Pec, l’avvocato notificante deve osservare le disposizioni tecniche contenute nel D.M. n. 44/2011 e s.m.i. per quanto concerne, tra l’altro, le modalità di formazione degli atti da notificare.
In altre parole, la notifica in proprio a mezzo Pec altro non è se non un comune messaggio di posta elettronica certificata avente come allegato principale l’atto da notificare.
Per quanto attiene al perfezionarsi della notifica, l’art. 3 bis l. n. 53/1994 comma n. 3, ribadisce il principio di scissione degli effetti della notifica distinguendo tra perfezionamento in capo al notificante e al destinatario.
Per il notificante, infatti, la notifica si perfeziona nel momento in cui viene generata, dal proprio gestore Pec, la ricevuta di avvenuta accettazione (RDA) mentre, per quanto concerne il destinatario, la notifica si perfeziona nel momento in cui viene generata, dal gestore Pec di quest’ultimo, la ricevuta di avvenuta consegna (RAC).
Ciò impone, nel caso in cui si proceda con la notifica mediante il servizio webmail, di impostare la funzione “ricevuta completa” di cui all’art. 18 comma n. 6 D.M. n. 44/2011. Tale norma rinvia alla disposizione dell’art. 6, comma 4, D.p.r. n. 68/2005 secondo cui “la ricevuta di avvenuta consegna può contenere anche la copia completa del messaggio consegnato”. In tal modo la RAC è in grado a provare il perfezionamento della notifica in capo al destinatario e, contenendo copia del messaggio inviato e dei relativi allegati, è altresì idonea a provare anche il contenuto del messaggio Pec.
Dal punto di vista del soggetto destinatario della notifica, giova evidenziare inoltre come la giurisprudenza formatasi sul tema ha precisato che la notifica si perfeziona al momento della generazione della RAC, indipendentemente dall’effettiva apertura del messaggio nella casella di posta elettronica (cfr. Corte d’Appello Bologna 30 maggio 2014).
Svolte queste doverose premesse, merita approfondimento il profilo del perfezionamento della notifica nello specifico caso in cui risultasse impossibile, per causa non imputabile al notificante, consegnare al destinatario il messaggio Pec che la contiene.
Trattasi di un tema che, alla luce della disciplina prevista per le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria agli avvocati, potrebbe ingenerare rilevanti equivoci e fraintendimenti.
L’art. 16, comma 4, del d.l. n. 179/2012 prevede, infatti, che le comunicazioni della cancelleria agli avvocati debbano eseguirsi esclusivamente a mezzo Pec. Il comma 6 della medesima norma dispone inoltre che, qualora risulti impossibile procedere alla comunicazione a mezzo Pec per causa imputabile al destinatario (ovvero all’avvocato), la comunicazione si ritiene perfezionata con il deposito in cancelleria. In sostanza, la norma richiamata pone a carico dell’avvocato telematico l’onere di gestire con diligenza la propria casella di Pec.
Sul punto occorre precisare che un simile principio non è, al momento, previsto nell’ambito delle notifiche in proprie effettuate dagli avvocati, nel caso in cui la notifica non possa portarsi a compimento per causa imputabile al destinatario. Ciò sta a significare che assume una notevole importanza, al pari di quanto avviene nel deposito delle buste telematiche, il ricevimento della ricevuta di avvenuta consegna (RAC).
Al riguardo è bene precisare che nel caso in cui, per qualsiasi ragione non imputabile al notificante, non dovesse perfezionarsi la notifica in capo al destinatario, il sistema provvede a generare un messaggio di mancata consegna entro le successiva 24 ore successive, indicando le relative cause.
In concreto, le ragioni della mancata notifica potrebbero essere di diversa natura ed origine: mancato rinnovo del contratto con il gestore, raggiungimento del limite di spazio disponibile sulla casella di posta del destinatario, indicazione errata dell’indirizzo di posta elettronica al registro delle imprese, ecc.
Ciò è particolarmente frequente per quanto riguarda le notifiche di atti, come ad esempio i decreti ingiuntivi od i precetti, rivolti a piccoli imprenditori, ancora non tutti abituati alla corretta gestione della Pec.
In tali casi, nei quali la notifica non si perfeziona in capo al destinatario, l’avvocato notificante deve attivarsi diligentemente e riprendere il procedimento di notifica secondo le regole generali dettate dagli artt. 137 e ss. c.p.c. ed eventualmente richiedere una rimessione in termini ex art. 153 comma n. 2 c.p.c.
In questa sede è solo il caso di richiamare il principio sancito con l’autorevole pronuncia delle Sezioni Unite secondo la quale “la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie” (cfr. Cass. SS.UU. n. 13752/2009).
Giova puntualizzare che tale principio di diritto opera allorquando la mancata conclusione positiva della notifica non derivi da circostanze imputabili al notificante e sempreché quest’ultimo assolva all’onere di richiedere all’ufficiale giudiziario, entro un termine ragionevolmente contenuto secondo la comune diligenza, la ripresa del procedimento notificatorio.
In questo modo sono tutelati, da un lato, il principio d’eguaglianza ed il diritto di difesa in capo al soggetto notificante e, dall’altro, il principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost.
Ad opinione di chi scrive sarebbe certamente opportuno un intervento normativo volto a disciplinare, in termini analoghi a quanto avviene nei rapporti tra cancellerie ed avvocati, la materia delle notificazioni in proprio in modo tale da rendere maggiormente effettiva la facoltà, riconosciuta in capo agli avvocati dall’art. 3 bis l. 53/1994, di notificare in proprio a mezzo Pec.