Cass., sez. VI-1, ord. 26 aprile 2018 n. 10128 (Pres. Scaldaferri, rel. Ferro)

 
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Ricorso per cassazione ex art. 18, c. 14, l.f. – Termini – Decorrenza – Notifica effettuata a cura della cancelleria a mezzo PEC della sentenza integrale che rigetta il relcamo (art. 18, c. 13, l.f.) – Notifica successiva a mezzo Ufficiale giudiziario – Irrilevanza – Ricorso per cassazione – Inammissiblità
Notifica a mezzo PEC – Notifica effettuata dopo le ore 21 – Perfezionamento – Ore 7 del giorno successivo

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del popolo italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezione Sesta-Prima Civile

Composta dagli Ill.mi Signori Magistrati

Dott. Andrea Scaldaferri – Presidente –

Dott. Giacinto Bisogni – consigliere –

Dott. Maria Acierno – consigliere –

Dott. Massimo Ferro – consigliere relatore –

Dott. Massimo Falabella – consigliere –

Ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

B. R., rapp. e dif. da avv. A. R., elett. dom. presso il suo studio in Bologna, ***, come da procura a margine dell’atto

-ricorrente-

Contro

F. P. SNC di B. R. & C. e del socio ill. resp. B. R., in persona del curatore fall. p.t., rappr. e dif. dall’avv. S. A., elett. dom. in Roma, presso lo studio di questi in ***,

come da procura in calce all’atto

-controricorrente-

S. SRL

– intimato –

per la cassazione della sentenza App. Venezia 23.6.2016, n.1456, in R.G. 607/2016;

vista la memoria del ricorrente;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2017 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

il Collegio autorizza la redazione del provvedimento in forma semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n.136/2016 del Primo Presidente.

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. R. B. impugna la sentenza App. Venezia 23.6.2016, n.1456, in R.G. 607/2016, con cui è stato rigettato il suo reclamo proposto avverso la sentenza Trib. Rovigo 3 marzo 2016, n.9 dichiarativa del proprio fallimento, unitamente a quello della società P. SNC di B. R. & C., in conseguenza della risoluzione del concordato preventivo con cessione dei beni già omologato il 28.6.2013 e per effetto di istanze del creditore S. SRL;

2. la corte di appello ha dato atto che: a) la convocazione in istruttoria del socio illimitatamente responsabile quale legale rappresentante della società era idonea ad integrare il contraddittorio anche verso il socio per la prospettiva del suo fallimento personale; b) l’intervento del P.M., peraltro convocato, non era previsto a pena di nullità per l’ipotesi di mancata sua partecipazione effettiva al procedimento; c) dall’andamento negativo della liquidazione immobiliare – inutile sul punto una c.t.u. – discendeva il non raggiungimento della causa in concreto del concordato, venendo escluso ogni pagamento ai chirografari e financo quello integrale ai privilegiati, anche tenuto conto dell’inadempimento dell’obbligo di consegna ai creditori di tutti i beni secondo la proposta; d) la notifica alla società sia dell’istanza di risoluzione del concordato sia della contestuale domanda di fallimento avevano posto società e socio nella condizione di conoscere il possibile sviluppo dell’unitario procedimento, senza alcuna violazione del principio di cui all’art.15 I.f., applicabile in quanto compatibile; e) esistevano tutti i presupposti della fallibilità, potendosi negare che la società fosse in liquidazione e che al socio B. bastasse la cessazione dalla carica amministrativa per esentarsi dal fallimento;

3. con il ricorso si deducono in sei motivi vizi della notifica del ricorso ex art.186 I.f. alla società e al socio (stante il regime dell’atto ratione temporis condizionata dalla data di inizio del procedimento), nonché l’omessa convocazione della società e del socio con le specifiche indicazioni prescritte dall’art.15 I.f., l’inammissibile sindacato sulla fattibilità economica del concordato (omologato ed oggetto di accordi fra le parti), la mancanza di insolvenza e le condizioni di esenzione di cui all’art.10 I.f., l’illegittimità della mancata c.t.u.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. il ricorso è inammissibile, stante la sua proposizione tardiva ai sensi dell’art.18, co. 13 e 14 I.f.; tale complessa disposizione prevede infatti la regolarità della introduzione del giudizio di cassazione ove alla notifica al reclamante e a cura della cancelleria della sentenza di rigetto del reclamo (evento perfezionatosi a mezzo PEC in data 23.6.2016, lo stesso giorno di pubblicazione della pronuncia qui impugnata) segua la notifica del ricorso per cassazione nei trenta giorni da detta notificazione;

2. in tema Cass. 10525/2016 (e poi Cass. 2315/2017) hanno statuito che «la notifica del testo integrale della sentenza reiettiva del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, effettuata ai sensi dell’art. 18, comma 13, l.fall., dal cancelliere mediante posta elettronica certificata (PEC), ex art. 16, comma 4, del d. I. n. 179 del 2012, conv., con modif, dalla I. n. 221 del 2012, è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione in cassazione ex art. 18, comma 14, I.fall., non ostandovi il nuovo testo dell’art. 133, comma 2, c.p.c., come nove/lato dal d.l. n. 90 del 2014, conv., con modif., dalla I. n. 114 del 2014, secondo il quale la comunicazione del testo integrale della sentenza da parte del cancelliere non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c.»; la medesima circostanza non è contraddetta dal richiamo, formulato in esordio dal ricorrente, alla diversa data del 5.7.2016 quale momento di successivo adempimento di notifica tramite ufficiale giudiziario, questa non operando quale atto sostitutivo – né materialmente, né per univoca portata giuridica – della notifica a mezzo PEC già attuata dall’ufficio della corte d’appello al domicilio eletto dal reclamante B. presso lo studio del legale A. R., così come indicato nell’atto introduttivo ex art.125 co.1 c.p.c. e riportato in sentenza come “indirizzo telematico”;

3. altrettanto univoco è l’indirizzo per cui «in tema di redazione della sentenza in formato elettronico, dal momento della sua trasmissione per via telematica mediante PEC, il procedimento decisionale è completato e si esterna, divenendo il provvedimento, dalla relativa data, irretrattabile dal giudice che l’ha pronunciato e legalmente noto a tutti, con decorrenza del termine lungo di decadenza per le impugnazioni ex art. 327 c.p.c. Ne consegue che è del tutto irrilevante la successiva trasmissione, sempre a mezzo PEC e a causa di un problema tecnico relativo al precedente invio, di altra sentenza relativa alla medesima controversia.» (Cass.17278/2016);

4. parimenti, la notifica effettuata a tutte le parti (contraddittori necessari) nel procedimento risulta avvenuta alle ore 23.44 del 25 luglio 2016, vale a dire oltre lo spirare del termine delle ore 21 del medesimo giorno che, computato avendo riguardo alla proroga ex lege dal 23 luglio (sabato), doveva considerarsi il limite per il citato adempimento, giusta la regola dell’art.147 c.p.c.; tale norma prevede infatti che le notifiche non possono essere fatte prima delle ore 7 e dopo le ore 21, mentre l’art. 16-septies del decreto legge 18.10.2012, n.179 (vigente sul punto dal 19.8.2014) statuisce che La disposizione dell’articolo 147 del codice di procedura civile si applica anche alle notificazioni eseguite con modalità telematiche. Quando è eseguita dopo le ore 21, la notificazione si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo;

5. da ciò consegue che la notifica effettuata dall’attuale ricorrente va intesa come effettuata il 26.7.2016, con gli effetti della tardività secondo conforme ricostruzione di questa Corte nell’arresto n. 8886/2016, cui si affianca anche il precedente di Cass. 14025/2017, per il quale la citata disposizione civilistica, nel porre il limite di adempimento entro le ore 21 di ciascun giorno, interviene con operatività da estendersi anche alle “notificazioni in via automatica”, addirittura “a prescindere dal diverso orario previsto dalla destinataria della notifica per l’apertura dei suoi uffici”, puntualizzazione la quale esclude qualsiasi diverso apprezzamento in fatto della organizzazione della persona o del legale destinatario;

6. Il ricorso è pertanto inammissibile, con condanna alle spese del ricorrente secondo le regole della soccombenza e liquidazione come meglio da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, liquidate in euro 7.100 (di cui euro 100 per esborsi), oltre al rimborso a forfait del 15% sui compensi e agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.P.R. 115/02, come modificato dalla 1. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del co. 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 ottobre 2017.

Il Presidente

dott. Andrea Scaldaferri