Un rapporto di fratellanza: incontro e scontro tra Processo Amministrativo Telematico (PAT) e Processo Civile Telematico (PCT) – Parte 2

Avvocato in Milano e formatore PCT

Formatore PCT ed esperta in informatica giudiziaria applicata

 

Riprendiamo l’esame della disciplina del processo amministrativo telematico, iniziata nel precedente articolo: Un rapporto di fratellanza: incontro e scontro tra Processo Amministrativo Telematico (PAT) e Processo Civile Telematico (PCT) – Parte 1

Analizzati i formati ammessi dalle rispettive specifiche tecniche, proseguiamo il confronto focalizzando i diversi strumenti scelti.

PAdES-BES (PAT) vs CAdES-BES e PadEs-BES (PCT)

La sottoscrizione può essere effettuata per il PAT esclusivamente con la firma digitale a struttura PAdEs-BES (artt. 5, c.2, 6 c. 4, 12 c. 6 Specifiche Tecniche). E’ stata quindi bandita dal processo amministrativo la firma CAdEs con l’estensione .p7m.

In ambito civile il formato CAdES, specialmente in una fase iniziale, aveva causato problemi riguardo all’apertura del documento ad opera di soggetti terzi destinatari di tali atti. Questi ultimi, essendo molto spesso società o imprenditori individuali, risultavano poco avvezzi a questo nuovo strumento e non erano dotati di appositi software per la decifratura.

E’ innegabile che la firma PAdEs, andando semplicemente ad aggiungersi al file, che conserva la sua estensione .pdf, sia di più agevole ed immediata lettura. Per tale motivo nel 2014 la struttura PAdEs è stata inserita nelle Specifiche Tecniche come nuova ed alternativa al CAdEs in riferimento ai depositi degli avvocati, in qualità di utenti abilitati interni. Inoltre, sempre nel 2014, è stata adottata come unica modalità di sottoscrizione per i provvedimenti del magistrato.

Nel PAT tuttavia l’esclusione del formato CAdEs da quelli ammessi dalle specifiche tecniche, volta alla semplificazione, potrebbe comportare, di fatto, un intralcio nell’ipotesi in cui l’avvocato si trovasse a dover depositare un documento sottoscritto con tale modalità.

Non essendo l’estensione .p7m tra quelle contemplate dalle specifiche tecniche del PAT probabilmente si dovrà optare per un palliativo: stampa e successiva scansione, oppure inserimento del file in una cartella compressa (zip o rar) per poter così aggirare l’ostacolo tecnico. Ovvero, forse, si potrà ricorrere alla norma di salvaguardia che statuisce che “i documenti digitali possono essere depositati in un formato diverso dai formati indicati al comma 3 quando il diverso formato è richiesto da specifiche disposizioni normative”. (art. 12, c. 4, Specifiche Tecniche).

 

Pec-upload (PAT) vs pec (PCT)

Entrambi i fratelli dispongono della pec quale veicolo per il deposito degli atti.

Per il giovane PAT però, non si tratta di una modalità esclusiva di deposito “dell’atto introduttivo, dei relativi allegati e degli altri atti di parte” (art. 6, c. 7, Specifiche tecniche), bensì soltanto prevalente e preferibile a quello effettuato mediante up-load attraverso il sito istituzionale.

L’up-load rimane circoscritto alle ipotesi in cui “per ragioni tecniche o per la particolare dimensione del documento” (depositi superiori ai 30 MB) non sia stato possibile provvedere a mezzo pec. (art. 9, c. 6, Regolamento).

L’avvocato, infatti, deve indicare “la ragione che non ha consentito il deposito mediante PEC” nonchédigitare il codice identificativo del messaggio di mancato deposito” (art. 8, c. 2, Specifiche Tecniche). Viene quindi, verosimilmente, richiesto al professionista un tentativo di deposito via pec prima di procedere all’up-load.

 

RdA (PAT) vs RdAC (PCT)

Nel PAT il deposito degli atti e dei documenti allegati si considera tempestivo“quando entro le 24 ore del giorno di scadenza è generata la ricevuta di avvenuta accettazione, ove il deposito risulti, anche successivamente, andato a buon fine” (art. 9, c. 3, Regolamento).

Il numero del ricorso è “attribuito automaticamente dal SIGA al momento del perfezionamento del deposito telematico” (art. 3, c. 2, Specifiche Tecniche)

Ci eravamo giustappunto abituati alla famosa, talvolta sospirata, ricevuta di avvenuta consegna (c.d. RdAC) generata dal gestore PEC ministeriale come prova ed emblema del momento da identificare nel “depositato” (art. 16 bis, c. 7, D.L. 179/2012 conv. L 221/2012) ed ecco che incontriamo una nuova e diversa norma in riferimento al perfezionamento del deposito telematico nel processo amministrativo.

Il fratello più giovane ha scelto, infatti, di dare rilevanza alla ricevuta di accettazione (cd. RdA) che corrisponde al rilascio, da parte del proprio gestore PEC, della presa in carico dell’invio, scostandosi così da quanto previsto nel processo civile, dove soltanto la successiva ricevuta di avvenuta consegna (cd. RdAC) assicura – e non sempre secondo alcuna giurisprudenza di merito – il buon esito del deposito.

Se da un lato si anticipa il cd. “depositato” alla RdA, dall’altro viene nondimeno condizionato alla circostanza che il deposito sia andato a buon fine (a nulla rilevando il quando).

Di fatto occorrerà disporre non solo della ricevuta di avvenuta consegna ma anche della successiva ricevuta denominata “registrazione di deposito” che riporta “l’indicazione del numero progressivo di protocollo assegnato e l’elenco di tutti gli atti e documenti trasmessi con il ModuloDepositoRicorso o il ModuloDepositoAtto”(art. 7, c. 4, Specifiche Tecniche).

Pertanto, a parere di chi scrive, non si fa altro che arricchire di contraddizioni il già delicato tema in merito al perfezionamento del deposito, ancorandone l’effettiva bontà al momento finale dell’avvenuta e manuale registrazione dello stesso da parte del personale di segreteria.

Nell’eventuale ipotesi di caricamento diretto attraverso il Sito istituzionale (c.d. upload),“ad avvenuto completamento della procedura” il “S.I.G.A. genera un messaggio, immediatamente visualizzabile, di ricezione” e il deposito si intende perfezionato con riferimento alla data indicata dal SIGA al termine della procedura di caricamento. (art. 8, c. 3-4, Specifiche Tecniche)

La scelta del legislatore di specificare che l’avvocato amministrativista ha a disposizione tutte le 24 ore del giorno di scadenza per il deposito del ricorso, appare come esplicazione volta ad evitare un retaggio della norma, ormai superata, prevista nel processo civile che limitava la possibilità di deposito (RdAC) alle ore 14:00 del giorno di scadenza.

L’unica eccezione alla possibilità di depositare entro le ore 24 del giorno di scadenza, si ha “nei casi in cui il codice prevede il deposito di atti o documenti sino al giorno precedente la trattazione di una domanda in camera di consiglio”. In queste ipotesi il termine si riduce di ben 12 ore, essendo tempestivo il deposito effettuato entro le ore 12:00 dell’ultimo giorno consentito (art. 9, c. 4, Regolamento).

segue – parte 3