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Omissis
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il ricorso, che si protrae per 54 pagine ed è in ciò difforme dal Protocollo siglato il 17 dicembre 2015 dalla Corte di cassazione e dal Consiglio nazionale forense, a mezzo dei loro presidenti, in merito alle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia civile e tributaria, Protocollo in cui è fissato un limite dimensionale di 30 pagine dei motivi, contiene otto motivi.
1.1. – Il primo motivo è rubricato: “Falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione alla ammissibilità e specificità del terzo motivo di appello relativo al contestato inadempimento della banca all’obbligo informativo specifico in relazione agli investimenti azionari nei titoli ***; violazione dell’art. 132, in relazione al contenuto della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”.
Sostengono in breve i ricorrenti che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere aspecifico il motivo di impugnazione concernente l’omesso adempimento degli obblighi informativi in ordine all’acquisto dei titoli azionari indicati in rubrica, omettendo in ogni caso al riguardo di motivare adeguatamente.
1.2. – Il secondo motivo è rubricato: “Violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 e art. 28, comma 2 regolamento Consob in relazione agli investimenti nei titoli azionari (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.
Secondo i ricorrenti, la Corte territoriale sarebbe incorsa in violazione delle norme richiamate nel respingere la censura relativa alla omessa informativa in ordine ai medesimi investimenti azionari.
1.3. – Il terzo motivo è rubricato: “Omesso esame di fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti in relazione al corretto adempimento all’obbligo informativo specifico in relazione all’acquisto del titolo “***”, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.
Secondo i ricorrenti la Corte territoriale avrebbe errato nell’affermare che l’intermediario finanziario avesse informato del rating del titolo ed altresì, in tal modo, che esso non avesse natura speculativa.
1.4. – Il quarto motivo è rubricato: “Violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 e art. 28, comma 2 regolamento Consob 11.522/98 relazione all’adempimento dell’obbligo informativo relativamente all’investimento nel titolo “***” (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.
Il motivo è volto a censurare sotto il profilo della violazione di legge l’affermazione secondo cui doveva ritenersi corretta l’informativa data agli investitori in relazione al titolo menzionato.
1.5. – Il quinto motivo è rubricato: “Violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 a art. 28, comma 2 regolamento Consob in relazione all’adempimento dell’obbligo informativo relativamente agli investimenti nel titolo “***” (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.
Affermano i ricorrenti che l’informativa fornita sarebbe stata in proposito generica ed imprecisa.
1.6. – Il sesto motivo è rubricato: “Violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, art. 29 regolamento Consob numero 11522/98 in relazione a tutte le operazioni di causa nonchè dell’art. 2725 c.c., in relazione alle operazioni del 22 giugno 2001 sul titolo “***” acquistato con spesa di Euro 76.618,04 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.
Si sostiene che la decisione impugnata si porrebbe in contrasto con la giurisprudenza di legittimità in ordine alla valutazione di adeguatezza dell’operazione menzionata.
1.7. – Il settimo motivo è rubricato: “Violazione degli artt. 1337,1338,1374,1375 e 1175 c.c., in relazione al dovere di adempiere, nell’esecuzione del contratto di custodia e amministrazione titoli, alle obbligazioni collaterali di informazione e protezione della controparte (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.
Il motivo denuncia l’asserito errore commesso dalla Corte d’appello nell’escludere la sussistenza di un obbligo di informazione post-contrattuale in capo all’intermediario finanziario.
1.8. – L’ottavo motivo è rubricato: “Violazione degli artt. 345 e 112 c.p.c., in relazione alla contestata qualificazione della domanda (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”.
Affermano i ricorrenti che la Corte territoriale avrebbe errato nell’escludere che essi non avessero chiesto la dichiarazione di risoluzione del contratto quadro.
2. – Il ricorso va respinto.
2.1. – Il primo motivo è inammissibile.
2.1.1. – Nella sua prima parte, quella fondata sulla denuncia dell’asserito errore commesso dal giudice di merito nel ritenere non specifico il motivo incentrato sulla violazione degli obblighi informativi concernenti gli investimenti azionari, il motivo è inammissibile per difetto dei requisiti di specificità ed autosufficienza.
In proposito il Protocollo di cui si è detto poc’anzi pone in evidenza l’esigenza che: 1) ciascun motivo articolato nel ricorso risponda ai criteri di specificità imposti dal codice di rito; 2) nel testo di ciascun motivo che lo richieda sia indicato l’atto, il documento, il contratto o l’accordo collettivo su cui si fonda il motivo stesso (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), con la specifica indicazione del luogo (punto) dell’atto, del documento, del contratto o dell’accordo collettivo al quale ci si riferisce; 3) nel testo di ciascun motivo che lo richieda siano indicati il tempo (atto di citazione o ricorso originario, costituzione in giudizio, memorie difensive, ecc.) del deposito dell’atto, del documento, del contratto o dell’accordo collettivo e la fase (primo grado, secondo grado, ecc.) in cui esso è avvenuto; 4) siano allegati al ricorso (in apposito fascicoletto, che va pertanto ad aggiungersi all’allegazione del fascicolo di parte relativo ai precedenti gradi del giudizio) ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, gli atti, i documenti, il contratto o l’accordo collettivo ai quali si sia fatto riferimento nel ricorso e nel controricorso.
Ciò detto, l’inammissibilità del motivo, secondo quanto subito si dirà, non discende, ovviamente, dalla violazione del protocollo, che è di per sè privo di efficacia normativa: ma il Protocollo testimonia di un condiviso orientamento interpretativo che ha la sua base nel dato normativo, sia per quanto attiene all’esigenza di specificità, sia per quanto attiene all’esigenza di autosufficienza, sicchè legittima l’interpretazione della norma in conformità al protocollo, con l’ulteriore conseguenza che la violazione delle regole del protocollo dà luogo ad inammissibilità laddove esso rifletta opzioni interpretative di quel dato.
Ora, quanto alla specificità, si tratta di un requisito che, con riguardo ai motivi di ricorso per cassazione, non è espressamente contemplato dal codice di rito, come è per l’appello, secondo quanto stabilisce l’art. 342 c.p.c.. Ciò, però, non vuol certo dire che i motivi di ricorso per cassazione, secondo la legge, possano essere aspecifici, quanto, piuttosto, che l’esigenza di prevedere espressamente il requisito di specificità ricorreva per l’appello, ma non per il ricorso per cassazione, giacchè, mentre è astrattamente configurabile un appello non fondato su motivi specifici (e tale è l’appello configurato come novum iudicium, nel qual caso, secondo la nota definizione della dottrina esso costituisce “semplicemente il mezzo per passare da uno all’altro esame della causa”), il motivo di ricorso per cassazione non può per ragioni intrinseche che essere specifico, giacchè diretto a demolire il provvedimento impugnato in ragione della sussistenza di uno dei vizi normativamente previsti, con la conseguente necessità di individuare il vizio e spiegare in qual modo esso si annida nella decisione impugnata. Un motivo di cassazione non specifico, cioè, è per definizione un non-motivo. E il motivo è specifico se, quando le affermazioni che esso contiene sono vere, senza che la Corte debba supplire a sue mancanze, il provvedimento impugnato è affetto dall’errore denunciato.
Quanto all’autosufficienza, poi, il protocollo altro non è che il recepimento di principi già indicati da questa Corte – secondo l’orientamento più elastico formatosi in proposito – sulla base dell’art. 366 c.p.c. (Cass., Sez. Un., 25 marzo 2010, n. 7161; Cass. 23 agosto 2011, n. 17602; Cass. 4 gennaio 2013, n. 124).
Sicchè può in definitiva affermarsi che la violazione delle regole per la redazione del ricorso per cassazione secondo il Protocollo siglato il 17 dicembre 2015 dalla Corte di Cassazione e dal Consiglio nazionale forense, a mezzo dei loro presidenti, in merito alle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia civile e tributaria, dà luogo ad inammissibilità, laddove tale violazione implica la violazione – non già, ovviamente, del Protocollo in sè, bensì – del dato normativo di riferimento nell’interpretazione recepita nello stesso Protocollo.
Nel caso in esame, si dice che i titoli in questione erano stati individuati nel contesto del terzo motivo di appello, trascritto nella parte rilevante all’interno del primo motivo di ricorso per cassazione, e si aggiunge poi “che tempo dell’acquisto, andamento dei titoli e perdite subite, erano stati indicati nell’illustrazione del fatto e per di più risultavano dagli ordini, dagli estratti del deposito titoli e dagli attestati di vendita prodotti in atti dalle parti”, ma di tali atti e documenti, ed in particolare della idoneità del loro contenuto a rendere edotta la Corte d’appello sulle circostanze ritenute rilevanti ai fini del decidere, nulla si sa (sicchè il motivo è sul punto aspecifico; sulla specificità v. Cass. 11 gennaio 2005, n. 359; Cass. 12 marzo 2005, n. 5454; Cass. 29 aprile 2005, n. 8975; Cass. 22 luglio 2005, n. 15393; Cass. 24 gennaio 2006, n. 1315; Cass. 14 marzo 2006, n. 5444; Cass. 17 marzo 2006, n. 5895; Cass. 31 marzo 2006, n. 7607; Cass. 6 febbraio 2007, n. 2540; Cass. 28 agosto 2007, n. 18210; Cass. 28 agosto 2007, n. 18209; Cass. 31 agosto 2015, n. 17330), nè ne è specificamente indicata la collocazione (sicchè il motivo non è autosufficiente).
Insomma, il giudice di appello ha affermato in modo netto e chiaro che L. e La., nel riferirsi ai titoli azionari riguardo ai quali, secondo loro, l’intermediario finanziario aveva ammesso di non aver fornito alcuna informazione, non avevano indicato gli specifici investimenti cui intendevano riferirsi, nè il tempo del relativo acquisto, nè lo specifico andamento dei titoli. Il motivo di ricorso per cassazione afferma il contrario, ma non dice nè dove nè come sarebbero state fornite le indicazioni in ordine al tempo dell’acquisto ed allo specifico andamento dei titoli.
2.1.2. – Nella seconda parte, poi, l’inammissibilità discende dall’applicazione del principio secondo cui è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).
E’ erronea, dunque, l’affermazione dei ricorrenti secondo cui “la garanzia della motivazione… si ha… solo allorquando essa non solo esiste, ma è anche logica e coerente”, giacchè, al contrario, può discorrersi di violazione dell’art. 132 c.p.c., per la mancanza della motivazione soltanto se questa sia materialmente mancante ovvero se la motivazione fornita non sia che un mero simulacro, privo di alcun reale contenuto.
Nel caso di specie, viceversa, la motivazione non solo c’è, ma è anche plausibilissima, avendo la Corte d’appello evidenziato di non essere stata posta in condizioni di prendere posizione sugli investimenti azionari in questione, dal momento che non erano stati neppure indicati in specifico (e cioè mediante la menzione delle caratteristiche dei titoli e non certo del solo nominativo dell’emittente) gli investimenti azionari oggetto della domanda, ed altresì il tempo del relativo acquisto e l’andamento di essi, non potendo certo configurarsi un deficit informativo riguardo a titoli neppure in tal senso esattamente individuati.
Omissis