D.L. 83/2015 e PCT. Finalmente c’è tutto. Anzi, no!

di Francesco Cislaghi
Avvocato in Milano

 

27 giugno 2015. Alla notizia della pubblicazione del D.L. 83/2015 gli appassionati e “cultori” del processo telematico hanno avuto un sussulto di immediata soddisfazione nel leggerne il testo e, in particolare, nel leggere quelle agognate parole recitate dall’art. 19: “è sempre ammesso il deposito telematico dell’atto introduttivo o del primo atto difensivo
In un’epoca in cui gli “addetti ai lavori” si sono trovati a doversi orientare in un insieme disorganico di norme di diverso rango, con decorrenze di vigenza intrecciate e con ambiti di applicazione frazionati, in un’epoca in cui tale disordine normativo ha contribuito alla comparizione e circolazione di tabelle sinottiche “guida”, destinate a descrivere e schematizzare quali atti si possa, non si possa o si debba depositare in telematico (tabelle sintomaticamente e saggiamente corredate dal consiglio rivolto al lettore di verificare l’esattezza delle informazioni in esse stesse riportate), anche chi scrive si è trovato a pensare: “oh, era ora! Da adesso in avanti abbiamo a disposizione un processo interamente digitale e posso depositare tutto con modalità telematiche”.
E la misura del sollievo è stata tanto ampia quanto lungo e complesso è stato il cammino di questo nostro “amico” (il processo telematico).

Il pensiero si è immediatamente rivolto al 2006, quando fu effettuato il primo deposito telematico di un atto giudiziario, ed all’idea che a quel tempo si aveva, ossia che arrivare a dove siamo oggi poteva in quel momento sembrare un sogno, realizzabile sì, però “chissà quando e a che costo”.
Va ricordato che quel primo deposito avvenne con uno strumento chiamato il “redattore atti”. Uno strumento che, oltre ad offrire funzionalità poco intuitive (basti rammentare il non certo confidenziale concetto di “placeholder”), si inseriva in un contesto di fondamenti normativi non immediatamente apprezzabile nella propria chiarezza e solidità (basti pensare ai dubbi e perplessità in merito alle modalità di allegazione della procura alle liti regolate dal pioneristico D.P.R. n. 123/01).
Vanno ricordate le resistenze al concetto di “digitale che ha valore legale”, la passione morbosa per la carta ed il timbro, la diffidenza diffusa nei riguardi di ogni cambiamento/innovazione.
E invece, passando attraverso molteplici (e seppur poco organici) interventi normativi, già lo spartiacque dell’obbligatorietà del 30/6/14 aveva destato la convinzione che, da lì a breve, avremmo potuto avere un processo interamente telematico (pur se “solo” civile).
Col D.L. 83/2015 è sembrato quindi che il passo “finale” fosse compiuto.
Il senso di soddisfazione ed appagamento è durato tuttavia ben poco, giusto il tempo di completare la lettura della agognata norma e rendersi conto che la stessa recita in realtà: “è sempre ammesso il deposito telematico dell’atto introduttivo o del primo atto difensivo nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici
Per comprendere la perplessità destata dal dato letterale della norma, occorre rammentare che la “normativa regolamentare” cui ivi si fa riferimento contempla anche il D.M. 44/2011 e, nello specifico, il suo art. 35.
Disposizione, quest’ultima, che subordina la validità legale di un deposito telematico al “decreto dirigenziale che accerta l’installazione e l’idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio”.
In altre parole, la lettera dell’art. 19 del D.L. 83/2015 spingerebbe a ritenere che il deposito telematico di atti introduttivi, in quanto non previsto come obbligatorio, sarà sì ammissibile, ma solo all’indispensabile condizione che sia diretto ad un Ufficio Giudiziario in relazione al quale sia stato emanato l’apposito decreto dirigenziale di cui al citato art. 35 del D.M. 44/2011.
Ne sovviene dunque un consistente ridimensionamento di quella che, in prima battuta, è sembrata poter essere la portata applicativa concreta di questa ultima novità legislativa, restando infatti esclusa l’ammissibilità del deposito telematico di atti introduttivi in tutti quei casi in cui manchi il decreto dirigenziale ex art. 35.
Ma la disposizione di cui trattasi pone il fianco ad ulteriori e ben più incisive valutazioni e ciò, in particolare, sotto il profilo della validità degli atti introduttivi sino ad oggi depositati in telematico, che potrebbe in effetti essere messa in grave discussione.
Sul punto è infatti noto ai più che, anche a seguito del regime di obbligatorietà vigente dal 30/6/14, è andato consolidandosi il pensiero che il deposito telematico di un atto introduttivo fosse da ritenersi senz’altro ammissibile laddove l’Ufficio Giudiziario interessato fosse beneficiario di apposito decreto DGSIA ex art. 35 D.M. 44/2011, rimanendo invece discutibile ed opinabile che tale forma di deposito fosse concessa in mancanza del detto apposito decreto.
Ed in questo contesto, la lettura della nuova norma appare però idonea a destare non poche perplessità, non potendosene trascurare l’interpretazione secondo cui, essendosi il legislatore premurato di sancire oggi l’ammissibilità del deposito telematico di atti introduttivi a condizione della presenza del decreto ex art. 35, ciò costituisca la dimostrazione che, prima di questo nuovo intervento, tal genere di depositi non fosse ammissibile.
Del resto, delle due l’una: o la norma in questione niente altro dice se non ciò che l’impianto normativo previgente già consentiva (ma così argomentando si imporrebbe un giudizio di totale inutilità della norma in questione) oppure tale norma deve necessariamente essere portatrice di un diverso significato applicativo.
E salvo voler attribuire alla disposizione in questione la qualifica di norma di interpretazione autentica (il che per il vero confliggerebbe con la sua formulazione letterale, che non reca in effetti traccia alcuna di tale intento da parte del legislatore), ben potrebbe allora trovare terreno fertile negli Organi Giudicanti la tesi secondo cui non vi sarebbero altre versioni interpretative se non quella sopra considerata, ossia che prima del D.L. 83/2015, i depositi telematici di atti introduttivi erano senz’altro non ammessi, presente o meno il decreto dirigenziale ex art.  35 D.M. 44/2011.
Pur considerando che gli effetti di tale tesi potrebbero nel concreto trovare un limite in ulteriori argomentazioni (quali il richiamo ai principi del raggiungimento dello scopo e della libertà delle forme degli atti processuali), non può nascondersi il disagio procurato dal varo di una norma ad entrata in vigore immediata che, oltre a disporre di una ridotta portata applicativa per i futuri depositi telematici, si pone come funzionale a mettere in dubbio la validità di quelli già effettuati in passato.
L’auspicio è pertanto che, in sede di conversione in legge, la formulazione della norma in commento venga adeguatamente corretta, potendo in tal senso bastare, ad avviso di chi scrive, il completamento della stessa con l’aggiunta delle parole “indipendentemente dall’esistenza decreto previsto dall’art. 35 DM 44/2011”.