di Elisabetta Zimbè Zaire – Avvocato in Busto Arsizio
Il contenzioso tributario italiano sta attraversando una fase di crescente incertezza, alimentata dalle cosiddette “sentenze a sorpresa” che stanno creando frustrazione e disorientamento tra i professionisti del settore e i contribuenti. La certezza del diritto, un tempo pilastro della giurisprudenza italiana, sembra essere messa a rischio dalle decisioni contrastanti in materia di ricorsi tributari, soprattutto riguardo alla forma in cui devono essere presentati. Negli ultimi tempi, si sono moltiplicate le pronunce che dichiarano inammissibili i ricorsi o gli appelli notificati presentati in formato “pdf” anziché in formato “eml”, creando confusione tra le normative applicabili nel processo civile e in quello tributario.
Le sentenze a sorpresa e la confusione tra le norme civili e tributarie
Negli ultimi mesi, alcune sentenze dei giudici tributari hanno suscitato preoccupazione. Tra queste, spiccano le sentenze della Corte di giustizia di secondo grado della Sicilia (sezione staccata di Catania) e quella della Corte di giustizia di primo grado di Siracusa, che dichiarano inammissibili ricorsi e appelli presentati in formato “pdf”. Tali decisioni, peraltro, si sono fondate su una distorta applicazione della legge 53/1994, che regolamenta le notifiche nel processo civile, amministrativo e stragiudiziale, ma che non trova applicazione nel processo tributario telematico (PTT).
In particolare, la sentenza della Corte di giustizia di primo grado di Siracusa (n. 698/2025 del 31 marzo 2025) cita erroneamente la sentenza della Cassazione, sezione civile, n. 16189/2023, che riguarda la normativa civile, per giustificare l’inammissibilità di un ricorso tributario notificato presentato in formato “pdf”. Tuttavia, la legge 53/1994 non ha alcuna applicazione nel PTT, la cui regolamentazione è distinta e prevede che i documenti possano essere presentati in formato “pdf” o “eml”, come chiarito nella circolare 1/2019.
La norma corretta: Il Decreto Legislativo 546/1992
La vera disciplina da seguire nel contesto del processo tributario telematico è quella contenuta nel decreto legislativo 546/1992, in particolare l’articolo 16-bis, comma 4-bis. Tale norma stabilisce che la violazione delle regole sul processo tributario telematico non comporta invalidità del deposito, a meno che il giudice non disponga un termine per la regolarizzazione del deposito stesso. Questo significa che, anche qualora un ricorso o un appello siano presentati in formato “pdf”, il contribuente non deve subire conseguenze negative, a meno che non sia stabilito diversamente dal giudice.
Le recenti decisioni in Sicilia, che hanno erroneamente fatto riferimento alla legge 53/1994, sono in contrasto con la normativa corretta, e in particolare con la circolare 1/2019 che chiarisce l’accettabilità del formato “pdf”. L’applicazione erronea di tale legge, che disciplina esclusivamente le notifiche in ambito civile e amministrativo, ha portato a una serie di pronunce sbagliate che hanno ostacolato il diritto di accesso alla giustizia da parte dei contribuenti.
Il rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio
Un altro aspetto che desta preoccupazione è la violazione del diritto di difesa e del contraddittorio, principi fondamentali sanciti dalla Costituzione. Come previsto dall’articolo 101 del Codice di Procedura Civile, ogni volta che il giudice solleva una questione rilevata d’ufficio, ha l’obbligo di consentire alle parti di presentare osservazioni. Quando questo principio viene ignorato, si corre il rischio di compromettere l’effettivo esercizio del diritto di difesa.
Le sentenze errate relative alla forma dei ricorsi, che spesso non tengono conto delle disposizioni specifiche del processo tributario telematico, non solo violano i diritti dei contribuenti ma minano la certezza del diritto. Questo fenomeno è ancora più preoccupante in quanto le decisioni errate non si limitano ai tribunali di primo grado, ma spesso raggiungono anche la Corte di Cassazione, che, purtroppo, non sempre interviene per chiarire la questione, aggravando ulteriormente la situazione per il contribuente.
Le conseguenze sulle decisioni della Cassazione
L’aggravante di questa situazione è che le erronee applicazioni della legge 53/1994 e la confusione tra la normativa civile e quella tributaria non si fermano a livello locale, ma arrivano fino alla Corte di Cassazione. In questo modo, i contribuenti si trovano costretti a proseguire il contenzioso fino all’ultimo grado di giudizio, in un contesto di incertezze interpretative. La Cassazione, purtroppo, non ha ancora preso una posizione chiara su questi temi, con il rischio che le decisioni contrastanti proseguano ad alimentare l’arbitrio nelle decisioni giudiziarie, mettendo ulteriormente in discussione la certezza del diritto.
Un sistema tributario da ripristinare
Il processo tributario telematico è regolato da norme specifiche che vanno rispettate, ma la crescente confusione tra la disciplina civile e quella tributaria rischia di minare la fiducia nel sistema giudiziario e di rendere il contenzioso tributario un campo di battaglia giuridica contraddittoria e disorganizzata. È essenziale che i giudici tributari, in particolare la Corte di Cassazione, si facciano carico di chiarire definitivamente l’applicabilità delle normative, evitando che le sorprese giuridiche e le inefficienze procedurali compromettano il diritto di difesa e la certezza del diritto.
Soltanto ripristinando l’unità e l’uniformità nell’interpretazione delle normative, sarà possibile evitare che il contenzioso tributario diventi una continua fonte di incertezze, rendendo necessario un intervento correttivo per ripristinare l’equilibrio e la trasparenza del sistema giuridico tributario.