di Elisabetta Zimbè Zaire – Avvocato in Busto Arsizio
Il D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, pubblicato in G.U. in data 17 ottobre 2022, ha dato attuazione alla Legge del 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata, recependo le innovazioni previste, nell’ambito del processo civile, dalla c.d. Riforma Cartabia con riferimento ai sistemi di risoluzione alternativa delle controversie (A.D.R. ovvero Alternative Dispute Resolution)– mediazione e negoziazione assistita.
Per quel che riguarda la mediazione assistita la Riforma Cartabia ha come obiettivo il potenziamento degli effetti deflattivi del contenzioso ordinario mediante la diffusione della procedura di mediazione: per tal motivo, alle originarie materie, per le quali l’esperimento della procedura di mediazione si poneva come condizione di procedibilità dell’azione ordinaria: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, dal 30.06.2023 sono stati aggiunti: 1. i contratti di associazione in partecipazione, 2. il consorzio, 3.i contratti di franchising, 4. i contratti d’opera, 5. i contratti di rete, 6. i contratti di somministrazione, 7. le società di persone, 8. la subfornitura.
Come sappiamo la mediazione civile si concretizza nell’attività professionale svolta da un terzo imparziale (il Mediatore) e finalizzata, senza potere impositivo, a facilitare due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia oppure nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa, cui le parti possano poi aderire. Il contenuto del verbale di conciliazione assurge pertanto al valore di patto liberamente accettato che vincola i privati aderenti secondo buona fede e correttezza e ha forza di legge fra le parti, come da disciplina del contratto, in base all’art. 1372 c.c. Il verbale positivo di accordo sottoscritto dalle parti assistite dai rispettivi avvocati costituisce già, ai sensi dell’art. 12 del suddetto Decreto, titolo esecutivo. Inoltre, il comma 1-bis dello stesso articolo prevede che il verbale, su istanza di parte, sia omologato dal Presidente del Tribunale territorialmente competente, divenendo titolo idoneo per ogni tipo di esecuzione e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. La mediazione, dunque, rappresenta un valido presidio per la prevenzione della formazione dell’arretrato giudiziario e costituisce anche un efficace strumento in ragione della c.d. “aggressione” dell’arretrato nei Tribunali e nelle Corti di Appello. Si conferma il potere del giudice, anche in sede di appello, di attivare, con ordinanza motivata– nella quale dare conto delle circostanze valutate, quali, la natura della causa, lo stato dell’istruzione, il comportamento delle parti e ogni altra circostanza– un procedimento di mediazione fino alla precisazione delle conclusioni; la mediazione demandata dal giudice diventa condizione di procedibilità della domanda giudiziale e si applica, quindi, il regime dettato dal summenzionato art. 5 del D. Lgs. 28/2010. Risulta inoltre ristrutturato il procedimento di mediazione, con l’introduzione di limiti di durata massima (non superiore a 3 mesi, prorogabili di ulteriori 3 con accordo scritto tra le parti successivo all’instaurazione del procedimento ma antecedente alla scadenza del primo trimestre) e l’eliminazione del primo incontro “filtro” in cui le parti erano chiamate a valutare la sussistenza dei presupposti per intraprendere il tentativo di mediazione. La nuova normativa individua inoltre i termini per la fissazione del primo appuntamento di mediazione tra i 20 e i 40 giorni successivi al deposito della domanda presso l’Organismo di mediazione, salvo diversa concorde indicazione delle parti (art. 8, co. 1, D. Lgs. 28/2010).
Con la riforma in parola, entra in vigore anche la norma che, recependo il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia (Cass, SS.UU., sent. 18 sett 2020 n. 19596), in caso di opposizione a decreto ingiuntivo (art. 5-bis), addossa l’onere di presentare domanda di mediazione alla parte che ha presentato il ricorso monitorio, mettendo fine ad una diatriba giurisprudenziale. Vengono introdotte, inoltre, novità in merito alla materia condominiale, nello specifico all’articolo 5-ter sono state introdotte modifiche alla disciplina applicabile all’amministratore di condominio. Al fine di rendere più efficiente la relativa partecipazione al procedimento di mediazione si prevede, infatti, che l’amministratore possa attivare un procedimento di mediazione, aderirvi e parteciparvi, sottoponendo all’approvazione dell’assemblea, a seconda dei casi, il verbale contenente il testo dell’accordo di conciliazione individuato dalle parti, o la proposta conciliativa del mediatore. L’assemblea dovrà quindi manifestare la propria volontà di aderirvi (con le maggioranze previste dall’articolo 1136 del codice civile) entro il termine fissato nella proposta di accordo, decorso inutilmente il quale la conciliazione s’intende come non conclusa. Viene consentita la partecipazione agli incontri tramite rappresentanti, ma solo in presenza di “giustificati motivi” (art. 8, comma 4). La procura c.d. “negoziale”, distinta dalla procura alle liti, dovrà quindi indicare espressamente i “giustificati motivi” per i quali la parte non può essere presente agli incontri. Non è ovviamente necessario indicare i “giustificati motivi” nel caso di rappresentanti di enti e di persone giuridiche, essendo sufficiente che si tratti di persone a conoscenza dei fatti e muniti dei necessari poteri per la composizione della controversia (art. 8, comma 5).
Di recente con sentenza n. 1838/2024 il Tribunale di Firenze ha chiarito, inoltre, che se la mediazione viene attivata cumulativamente da più soggetti distinti è valida se è giustificata dalla connessione oggettiva tra le domande proposte, in quanto rappresentanti un unico centro di interesse. All’atto del deposito della domanda di mediazione o dell’adesione la parte dovrà pagare, oltre alle spese documentate, una indennità corrispondente sia alle spese di avvio del procedimento che alle spese di mediazione per lo svolgimento del primo incontro (art. 17, comma 3). Il regolamento dell’organismo potrà prevedere ulteriori somme per il caso di conclusione dell’accordo di conciliazione o per gli incontri successivi al primo (art. 17, comma 4). Viene, quindi, abbandonato il sistema del pagamento dei soli diritti di avvio del procedimento (40 o 80 euro oltre IVA a seconda del valore) contestualmente al deposito dell’istanza o dell’adesione e della successiva richiesta di pagamento delle spese di mediazione solamente se si entra nel merito della controversia. Non c’è infatti più il “consenso ad entrare in mediazione” e le parti sono già in mediazione dal primo incontro. Si evidenzia, inoltre, che le spese di mediazione che le parti pagano all’atto del deposito sono relative solamente al primo incontro (art. 17, comma 3) mentre per i successivi incontri è previsto dal regolamento dell’organismo una ulteriore indennità (art. 17, comma 4). Con sentenza n. 1838/2024 il Tribunale di Firenze stabilisce che la mediazione che viene attivata cumulativamente da più soggetti distinti è valida se è giustificata dalla connessione oggettiva tra le domande proposte, in quanto rappresentanti un unico centro di interesse.
Altro istituto sul quale la Riforma Cartabia ha apportato notevoli novità è la negoziazione assistita, introdotta nel nostro ordinamento con il decreto legge 12 settembre 2014, n.132, convertito in legge 10 novembre 2014, n.162. Le novità riguardano principalmente il gratuito patrocinio e la possibilità per le controversie in materia ordinaria, di lavoro e di famiglia, di utilizzare i modelli redatti dal Consiglio Nazionale Forense. La procedura di negoziazione assistita è obbligatoria per legge per il risarcimento dei danni da circolazione di veicoli e natanti ed il pagamento a qualsiasi titolo di somme che non superino i cinquantamila euro. Ulteriormente, una novità è costituita dalla possibilità delle parti, in accordo, di beneficiare della procedura telematica, che consentirà loro di trasmettere gli atti e l’accordo conclusivo via PEC. Gli avvocati dovranno in questo caso certificare la sottoscrizione delle parti attraverso la firma elettronica. Come si evince dall’art.2 del d.l.132/2014, la finalità della negoziazione assistita è quella di risolvere una controversia “in via amichevole”, infatti, l’attività della negoziazione mira a far raggiungere un accordo stragiudiziale fra le parti, basato su un atto scritto denominato “convenzione di negoziazione assistita”, attraverso la c.d. attività di “negoziazione”. La convenzione è sostanzialmente l’accordo concluso con l’assistenza degli avvocati delle parti, che ricoprono un ruolo di assistenza fondamentale nella procedura, demandata ex lege, non essendo richiesta, a differenza che nella mediazione, la presenza di un terzo, c.d. mediatore. La procedura ha inizio con l’invito a stipulare la convezione di negoziazione, che deve indicare l’oggetto della controversia e che consiste fondamentalmente nella sottoscrizione di tutte le parti, della predetta convenzione, con la quale si stabilisce di cooperare per risolvere in via amichevole una controversia vertente su diritti disponibili, tramite l’assistenza degli avvocati. Laddove si riesca a raggiungere l’accordo, questo, sottoscritto dalle parti, costituirà titolo esecutivo valido per l’iscrizione di un’eventuale ipoteca giudiziale.
Ma cosa succede qualora una controversia risulti soggetta sia alla negoziazione assistita che alla mediazione? Per come chiarito dalla sentenza n. 343 del 29 aprile 2024 del Tribunale di Prato l’esperimento di questa seconda procedura conciliativa assolve la condizione di procedibilità della domanda. Quando si è in presenza di un potenziale cumulo per la risoluzione stragiudiziale nella stessa materia la mediazione prevale sulla negoziazione assistita. Il legislatore con gli articoli 3 comma 1 e 5 del decreto legislativo n. 132/2014 ha previsto l’invito a procedere alla negoziazione assistita nelle controversie relative al pagamento di somme non superiori ai 50.000 euro come obbligatorio “fuori dei casi previsti dal periodo precedente e dall’art. 5, comma 1 bis del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” e che “restano ferme le disposizioni che prevedono speciali procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati.” Dall’interpretazione di queste disposizioni risulta che il legislatore abbia voluto evitare l’aggravamento procedurale che si sarebbe verificato in caso di imposizione delle due condizioni di procedibilità; ragione per la quale ha dato prevalenza al procedimento di mediazione obbligatoria in presenza di un cumulo potenziale con la negoziazione assistita. Ne consegue, che tutte le volte in cui una controversia rientri tra quelli indicate dal decreto legislativo n. 132/2014 e contemporaneamente tra quelle elencate nell’articolo 5 comma 1 bis del decreto legislativo n. 28/2010, il soggetto che ha intenzione di agire in giudizio è tenuto a esperire solo la procedura di mediazione perché la negoziazione assistita perde il carattere della obbligatorietà.
Per approfondire il tema in oggetto, si segnala che sono ancora disponibili alcuni posti per il webinar gratuito con gli esperti di Maat LegalPaperless di lunedì 14 ottobre 2024, ore 14.30-16.30: