Breve commento al ddl n. 1662/2020

Delega al governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie

di Daniela Muradore
Avvocato in Milano e Formatore pct

Lo scorso 9 gennaio è stato presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Ministro della Giustizia il disegno di legge delega per la riforma del processo civile che prevede alcuni interessanti sviluppi nell’ambito del processo telematico.

Come si legge nella Relazione introduttiva al Disegno, e nello stesso articolo 1, le disposizioni contenute nello stesso si prefiggono di incidere profondamente sulla disciplina del processo civile e degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, in funzione degli obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile.

Il disegno si compone di 16 articoli e lo strumento di riforma adottato prevede l’adozione di uno o più decreti legislativi da parte del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione.

L’articolo 2 introduce una serie di interessanti principi di riforma riguardo le procedure di mediazione obbligatoria con riferimento ad alcune materie che, come si legge nella relazione, non hanno dato buona prova di sé (con riferimento alla materia bancaria, ad esempio). Interessante è l’introduzione della possibilità per i difensori di raccogliere dichiarazioni testimoniali e delle parti, da utilizzare anche nel successivo giudizio, salvo ordine di ripetizione da parte del giudice della causa.

Con particolare riferimento agli aspetti legati al processo telematico non può che osservarsi come la scelta del ricorso quale unico atto introduttivo (per il giudizio ordinario contenzioso di primo grado, nel giudizio di appello e nei procedimenti avanti il Giudice di Pace) sia una scelta necessitata. In questo modo l’atto che introduce il giudizio può essere realizzato rispondendo a quei requisiti tecnologici di struttura volti a realizzare:

– l’inclusione immediata della lite nel sistema informatico;

– i principi di chiarezza, semplicità e sintesi voluta dal Disegno medesimo.

Degno di nota è certamente l’articolo 12 che introduce il principio di superamento della Posta Elettronica Certificata per il deposito e lo scambio nel corso del procedimento dei documenti (preferendo una strada che pare ipotizzare il deposito in cloud certificati, secondo un modello che Milano aveva propugnato).

Il processo per tale superamento, unitamente alla scelta tecnologica che consenta lo scambio processuale, potrà e dovrà essere discussa e condivisa con l’avvocatura, che in questi anni ha acquisito l’esperienza e sviluppato quella competenza necessarie per diventare un interlocutore imprescindibile. Qui esiste uno spazio politico  significativo per gli Ordini professionali, se sapranno conquistarlo  in questo nuovo percorso tecnologico, percorso che in questi anni ha evidenziato la necessità di analizzare e comprendere prima il mezzo tecnologico e il suo linguaggio applicato al processo (il mutamento del media della legge dalla carta al digitale e quindi il cambiamento della capacità informativa del veicolo di trasmissione del contenzioso legale), anziché proporre una riforma normativa “sic et simpliciter“, che non sempre, come si legge nella relazione introduttiva del Disegno, ha saputo offrire i risultati sperati per l’efficientamento della giustizia (si consideri, ad esempio, la proposta contenuta nel Disegno di eliminare il preventivo giudizio di ammissibilità dell’appello a causa del provocato aumento dei ricorsi in Cassazione avverso i provvedimenti di inammissibilità).

Apprezzabile è, sempre nell’articolo 12, lett. e, il sostanziale superamento dell’eccessivo formalismo con cui sono state interpretate, nel recente passato, le regole tecniche del processo telematico, interpretazione che ha determinato un sostanziale diniego di giustizia e contro cui l’Ordine di Milano molto ha detto e scritto.

Tuttavia, la riforma è mancante in due punti essenziali:

– da un lato, alla sostanziale obbligatorietà di deposito telematico per tutti gli atti di parte non corrisponde una identica obbligatorietà per il deposito da parte del Magistrato, condizione che consentirebbe di concretamente raggiungere gli obbiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile, oltre che realizzare quella agevole consultazione dei provvedimenti indicata all’art. 12 lettera del Disegno;

– manca una coordinazione con la riforma della competenza per valore e materia del Giudice di Pace, che entrerà in vigore nel 2025, e che aumenterà la competenza di tale organo giudicante sugli affari civili, comprese su alcune procedure esecutive: attualmente, tuttavia, il giudizio avanti il Giudice di Pace non è telematico, nè i Giudici sono dotati dei necessari strumenti per la redazione ed il deposito di provvedimento telematici.

Il meccanismo utilizzato dal legislatore (l’adozione di uno o più decreti legislativi), consente di ulteriormente trattare e sviluppare i temi sopra proposti. L’auspicio è quello che le norme che verranno scritte, che non possono non tenere conto della tecnologia applicata al processo, tengano conto delle esperienze realizzate in questi anni, compresi errori e soluzioni, al fine di potenziare il sistema in modo da garantire una efficace risposta alla domanda di giustizia civile che, dalla stessa relazione introduttiva al disegno di legge, necessita di una spinta in avanti.

Daniela Muradore