Trib. Vicenza, sez. II, sent. 22 novembre 2016 n. 2013 (est. Morandin)

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI VICENZA

II SEZIONE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Ivana Morandin ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile promossa da

C.D. (C.F. ***), con l’avv. G.I. e l’avv. V.S.

contro

W.W. (C.F. ***), con l’avv. C.F. e l’avv. G.B.

OGGETTO: Vendita di cose mobili

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto di citazione notificato in data 3.07.2009, il sig. D.C., quale titolare dell’omonima ditta individuale, ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo NN/AAAA, provvisoriamente esecutivo, con cui il Tribunale di Vicenza aveva ingiunto il pagamento in favore della ditta W.W. della somma di € *** per la fornitura di pellame di cui alle fatture n. ***.

In particolare l’opponente ha chiesto, in via pregiudiziale, di dichiararsi la nullità del decreto ingiuntivo opposto, perché adottato in data 30.03.2009 ma mai formalmente depositato in cancelleria e pubblicato e, in subordine e nel merito, di revocarsi il medesimo decreto ingiuntivo o di ridursi l’importo ingiunto.

In particolare, l’opponente ha confermato di aver effettivamente ottenuto dal sig. R. la fornitura di pellame analiticamente indicato nelle fatture *** per un totale di € ***; ha poi dedotto di aver, a sua volta, fornito nel medesimo lasso temporale (dal 19 settembre 2007 al 21 aprile 2008) all’opposta pellame per complessivi € *** e di aver perciò concordato con la controparte di tacitare in parte qua le rispettive posizioni creditorie e debitorie facendo ricorso al meccanismo della compensazione; ha, infine, dichiarato di non aver mai richiesto e ricevuto la merce di cui alla fattura ***, negando perciò di essere debitore della relativa somma di € *** e sottolineando, a tal fine, come in relazione alla merce ivi indicata, a differenza delle precedenti forniture, la spedizione sia avvenuta “a cura del mittente”, anziché del vettore, ed il documento di trasporto sia privo di qualsivoglia sottoscrizione.

Nel costituirsi in giudizio, la ditta opposta ha chiesto la conferma del decreto ingiuntivo, sostenendo l’infondatezza dell’eccezione pregiudiziale di controparte, per aver l’atto in questione raggiunto lo scopo cui era destinato anche in assenza di deposito e pubblicazione da parte della Cancelleria, e dichiarando nel merito di aver già provveduto a pagare le forniture dedotte dall’opponente in compensazione e di aver effettivamente consegnato a controparte la merce di cui alla fattura n. ***, come dimostrato dalle mail inviate da D.C. a W. agli indirizzi di posta elettronica AAA@libero.it e CCC@libero.it, nella quali l’opponente lamentava la non conformità della merce all’ordine.

L’opposta ha richiesto altresì la condanna dell’opponente ex art. 96 c.p.c..

La causa è stata istruita per il tramite di prova testimoniale ed, all’esito, trattenuta in decisione dal nuovo Giudice Istruttore nel frattempo designato.

Va, anzitutto, rigettata l’eccezione di nullità del decreto ingiuntivo sollevata in via pregiudiziale dall’opponente, in quanto infondata.

L’impresa C. ha infatti specificamente lamentato il mancato “formale” deposito del decreto ingiuntivo nella cancelleria del Tribunale adito, con ciò alludendo alla mancata certificazione del deposito stesso da parte del cancelliere.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, mentre la pubblicazione del decreto ingiuntivo mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciato, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. proc. civ. – deposito consistente nella consegna ufficiale al cancelliere dell’originale della decisione sottoscritta dal giudice – costituisce un elemento essenziale per l’esistenza dell’atto, al contrario, la certificazione del compimento di tale attività, che deve essere eseguita dal cancelliere a norma del secondo comma dello stesso art. 133, è formalità estrinseca all’atto, con la conseguenza che la sua mancanza non determina la nullità del provvedimento, atteso che l’individuazione del giorno del deposito è sempre consentita con l’uso della normale diligenza, attraverso la consultazione delle annotazioni del cancelliere sui registri degli atti giudiziari (cfr. Cass. n. 9863/2004).

Nel caso di specie, si ritiene che il decreto ingiuntivo in questione sia stato effettivamente depositato, come attestato dalla firma del cancelliere nella stessa data di emissione (30.03.2009 – cfr doc. 1 fasc. opponente).

Nel merito, l’impresa C. ha, anzitutto, riconosciuto di aver ricevuto la merce di cui alle fatture *** per un corrispettivo totale di € *** ed ha eccepito, in via riconvenzionale, di essersi accordato con W. per l’estinzione di tale debito mediante compensazione con il maggior credito di €*** vantato nei confronti di tale società da C..

A dimostrazione di tale assunto, l’opponente ha prodotto le fatture n. ***, emesse nei confronti di W.: l’opposta, tuttavia, ha sostenuto l’infondatezza dell’eccezione di compensazione invocata dall’opponente, per aver già provveduto all’integrale saldo delle fatture in questione, come evincibile dalla quietanza di pagamento sottoscritta dall’impresa C. in data 6.10.2008.

Sul punto, ritiene questo Giudice che la tesi sostenuta dall’opponente non sia credibile, avendo essa stessa predisposto il documento contenente la quietanza di pagamento (come si evince dalla carta intestata – cfr. doc. R fasc. opposta) ed avendo tutto l’interesse alla data del 6.10.2008 a mettere per iscritto l’avvenuta compensazione tra le rispettive poste creditorie e debitorie, al fine di evitare che controparte potesse in un secondo momento far valere il credito portato dalle fatture oggi azionate in via monitoria, a quel momento tutte già scadute.

Del resto, l’accordo circa la compensazione dei rispettivi crediti, così come dedotto in atto di citazione in opposizione da parte dell’impresa C. (cfr. pag. 3 ” le parti, ancora una volta a cagione degli ottimi rapporti tra di loro in essere, convennero di tacitare in parte qua le rispettive posizioni creditorie e debitorie facendo ricorso ad un logico meccanismo di compensazione”) non è stato dimostrato dalla parte a ciò onerata, la quale ha formulato sul punto il solo capitolo di prova testimoniale b) di cui alla memoria 183 comma 6 n. 2 c.p.c. di data 9.12.2009, inammissibile in quanto generico.

Appare, dunque, fondata la pretesa di pagamento azionata in via monitoria con riguardo alle fatture ***, per un corrispettivo totale di € ***.

Si tratta ora di accertare la fondatezza della pretesa azionata in via monitoria da W. con riferimento alla fattura n. ***, di importo pari ad € ***, per la quale l’opponente ha contestato l’esistenza del rapporto contrattuale e l’effettiva ricezione della merce.

Sul punto, l’opposta ha prodotto, in sede monitoria, la fattura in questione corredata dall’estratto autentico notarile nonché, in allegato alla comparsa di costituzione e risposta, comunicazione mail di controparte del 20.10.2008, nella quale – a fronte dell’invio da parte di W. della fattura n. *** – veniva contestata la merce ricevuta perché non conforme all’ordine, e ulteriore mail del 21.10.2008, nella quale l’odierna parte opponente sollecitava un riscontro da parte della W. in ordine alla restituzione della suddetta merce.

All’udienza di prima comparizione, il procuratore di parte opponente ha disconosciuto genericamente ex art. 214 c.p.c. la scrittura privata prodotta da controparte sub doc. H (ossia la mail asseritamente inviata dall’impresa C. in data 20.10.2008) e, in sede di memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c., ha ribadito il disconoscimento ex art. 214 c.p.c., sottolineando l’impossibilità di equiparare il documento in questione ad una scrittura privata, siccome privo di sottoscrizione e, in specie, di firma digitale o firma elettronica qualificata.

Ora, con riguardo al disconoscimento delle produzioni documentali di parte opposta, deve rilevarsi che, come noto, il documento informatico sprovvisto di qualsiasi firma elettronica che ne attesti la provenienza, essendo pur sempre un documento, ha l’efficacia probatoria prevista dall’art. 2712 c.c. riguardo ai fatti ed alle cose rappresentate, essendo stata sancita l’applicabilità della norma sulle rappresentazioni meccaniche; la Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare che i documenti informatici privi di firma digitale hanno l’efficacia probatoria prevista dall’art. 2712 c.c., per le rappresentazioni meccaniche di fatti e di cose, le quali formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime, ricordando che questo disconoscimento è diverso da quello previsto dall’art. 215, comma 2, c.p.c. per la scrittura privata, in quanto, anche in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni, tanto più quando il documento non viene fatto valere come prova di un negozio, fonte diretta di diritti ed obblighi tra le parti ma, come nel caso di specie, al solo fine di dimostrare un fatto storico, da valutare nell’apprezzamento di una più complessa fattispecie, restando in tal caso il giudice libero di formarsi il proprio convincimento utilizzando qualsiasi circostanza, atta a rendere verosimile un determinato assunto, come qualsiasi altro indizio, purché essa appaia grave, precisa e concordante.

Fatta tale premessa, si rileva come una copia cartacea di una pagina web tratta dalla rete sia già di per sé un documento informatico originale, per cui la stampa di un testo pubblicato su Internet può essere considerata una riproduzione di un documento, a prescindere da un suo specifico valore probatorio. Permane, però, il principio secondo il quale il documento informatico privo della firma elettronica, ha invece l’efficacia probatoria prevista dall’articolo 2712 c.c., nel senso che esso va ricompreso tra le riproduzioni fotografiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica (ed ora elettronica) di fatti e di cose, le quali formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime.

Come già detto, il disconoscimento della conformità di una delle riproduzioni menzionate nell’articolo 2712 c.c. ai fatti rappresentati non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall’articolo 215 comma 2 c.p.c., della scrittura privata, perché, mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l’utilizzazione della scrittura, il primo non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (cfr. Cass. 11445/2006).

In sostanza, a fronte di un documento informatico privo di firma digitale, costituente comunque una rappresentazione meccanica (elettronica) di fatti o di cose, il disconoscimento, volto a rimuovere l’efficacia probatoria di detto documento, deve essere circostanziato e deve concernere la sua capacità rappresentativa della realtà e quindi la sua genuinità ed attendibilità (cfr. Cass. 9884/2005: “in ordine all’assunta contestazione dei dati del sistema informatico, è da osservare preliminarmente che, per l’art. 2712 c.c., la contestazione esclude il pieno valore probatorio della riproduzione meccanica, ove abbia per oggetto il rapporto di corrispondenza fra la realtà storica e la riproduzione meccanica (la conformità dei dati ai fatti ed alle cose rappresentate)” ed “ove la contestazione (con questo specifico contenuto) vi sia stata, la riproduzione, pur perdendo il suo pieno valore probatorio, conserva tuttavia il minor valore di un semplice elemento di prova, che può essere integrato da ulteriori elementi)”.

Nel caso concreto parte opponente, come già detto, ha disconosciuto ai sensi dell’art. 214 c.p.c. il documento in questione, contestando la rilevanza probatoria del medesimo per l’assenza di sottoscrizione elettronica e per la totale incertezza in ordine alla provenienza ed alla integrità del contenuto. Ha, poi, ribadito di non aver ordinato né ricevuto la merce indicata nella fattura in questione, lamentando in ogni caso l’assenza di prova circa il prezzo pattuito.

Trattandosi di azione di adempimento contrattuale, come più volte ribadito dalla Cassazione, spetterà a colui che agisce dar prova del titolo in base al quale la pretesa viene esercitata, potendosi poi limitare ad allegare l’inadempimento di controparte.

La pretesa dell’opposta in relazione al saldo della fattura n. (omissis…) appare infondata.

A fronte del disconoscimento della mail di cui al doc. H (o anche P e Q fasc. opposta), nella quale peraltro viene fatto genericamente riferimento ad un non meglio precisato “ordine”, incombe su parte opponente l’onere della prova circa l’esistenza del titolo.

L’impresa W., invece, si è limitata a fornire prova per testi in ordine all’effettivo trasporto della merce […]

Omissis