Febbraio 2018

Cass. sez. VI, ord. 22 dicembre 2017 n. 30918 (Pres. Schirò, rel. Curzio)

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Impugnazioni – Ricorso per cassazione – Redazione come documento informatico – Notifica a mezzo PEC – Deposito di copia analogica – Firma autografa – Mancanza – Attestazione di conformità – Mancanza – Improcedibilità (art. 369, c. 1, c.p.c.)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STEFANO SCHIRO’ – Presidente-

Dott. PIETRO CURZIO – Rel. Pres. Sez. –

Dott. ADELAIDE AMENDOLA – Pres. Sez. –

Dott. MARCELLO IACOBELLIS – Pres. Sez. –

Dott. ANDREA SCALDAFERRI – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso NN-AAAA proposto da:

C. C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato F. N.;

– ricorrente –

contro R. F. I. SPA ***, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, ***, presso lo studio dell’avvocato E. M., che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 164/2016 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 09/02/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/10/2017 dal Presidente Dott. PIETRO CURZIO.

Ragioni della decisione

1. C. C. fu licenziata da R. F. I. SPA il 21 giugno 2010 per essersi appropriata, in qualità di cassiere, della somma di 15.630,40 euro. Il Tribunale di Reggio Calabria ritenne legittimo il licenziamento, respingendo il ricorso della lavoratrice proposto ai sensi della legge n. 92 del 2012. La Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza pubblicata il 9 febbraio 2016, ha respinto il reclamo e confermato la decisione di primo grado. 2. La C. ha proposto ricorso per cassazione. R. F. I. si è difesa con controricorso.

3. Il presidente della sesta sezione civile, con decreto del 22 settembre 2017, ha fissato la camera di consiglio dinanzi al collegio previsto dal par. 41.2. delle tabelle della Corte, indicando che il relatore ha proposto “l’improcedibilità del ricorso per cassazione perché l’attestazione di conformità della copia analogica del ricorso all’originale digitale non è firmata dal difensore”. Il decreto è stato comunicato alle parti.

4. La ricorrente ha depositato una memoria per la camera di consiglio, allegando una copia analogica del ricorso e relativa relazione di notifica, con attestazione di conformità all’originale telematico notificato alla controparte.

5. Anche R. F. I. SPA ha depositato una memoria per la camera di consiglio, chiedendo che venisse dichiarata l’improcedibilità per mancata attestazione di conformità e, in subordine, la manifesta infondatezza del ricorso per le ragioni indicate dalla Corte di cassazione decidendo su ricorsi analoghi promossi da colleghi della ricorrente destinatari del medesimo provvedimento di licenziamento.

*****

6. Il ricorso è stato redatto in modalità informatica e sottoscritto con firma digitale. Il difensore ha provveduto a notificarlo alla controparte a mezzo posta elettronica certificata.

7. Il processo telematico non è stato esteso al giudizio di cassazione. Pertanto, il ricorso per cassazione può essere depositato nella cancelleria della Corte esclusivamente in modalità analogica (cartacea). Ciò non esclude che il ricorrente per cassazione, se ritiene, possa notificare il ricorso con modalità telematiche.

8. Nel caso di specie il ricorrente si è avvalso di tale facoltà, ha poi estratto copia analogica del ricorso notificato e l’ha depositata nella cancelleria della Corte. La copia depositata è priva di firma autografa e priva di attestazione di conformità, così come la relazione di notifica, ed il relativo messaggio p.e.c..

*****

9. La materia delle attestazioni di conformità di copie analogiche di atti digitali è disciplinata dai commi 1-bis e 1-ter dell’art. 9 della legge 21 gennaio 1994, n. 53, introdotti, rispettivamente, nel 2012 (d.l. 179/12 conv. con modificazioni nella legge 221/12) e nel 2014 (d.l. 90/14 conv. con modificazioni nella 1. 114/14). 10. Con tale normativa gli avvocati sono stati sollevati dalla necessità di chiedere, di volta in volta, apposite certificazioni di conformità.

11. Il comma 1-bis dispone: ‘Qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a norma dell’art. 3-bis, l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’art. 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

12. Il comma 1-ter aggiunge: In tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1- bis”.

13. L’art. 23, comma 1, d.lgs 82/2005, richiamato alla fine del comma 1-bis, fa parte del Codice dell’amministrazione digitale (C.A.D.) e così dispone: “le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.

14. L’esigenza di coordinare il potere di attestazione previsto in generale dal Codice dell’amministrazione digitale con la disciplina specifica del processo telematico ha indotto il legislatore a riconoscere all’avvocato la qualifica di pubblico ufficiale quando compie tali attestazioni. Infatti, l’art. 16-quater, comma 1, lett. g), d.l. 179/2012, convertito nella legge 221/2012, ha modificato l’art. 6 della legge 53 del 1994, stabilendo che dal 1° gennaio 2013 “l’avvocato che compila la relazione o le attestazioni di cui agli artt. 3, 3-bis e 9 o le annotazioni di cui all’art. 5, è considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto” (il comma successivo aggiunge che “il compimento di irregolarità o abusi nell’esercizio delle facoltà previste dalla presente legge costituisce grave illecito disciplinare, indipendentemente dalla responsabilità prevista da altre norme”).

15. Pertanto: il Codice generale dell’amministrazione digitale riconosce un potere di attestazione di conformità ai pubblici ufficiali a ciò autorizzati; la normativa speciale processuale sulle notifiche (legge 21 gennaio 1994, n. 53 e successive integrazioni) riconosce tale potere agli avvocati, qualificandoli a tal fine pubblici ufficiali.

16. Il potere di attestazione dell’avvocato previsto dal comma 1-bis dell’art. 9 della legge 53/1994 e successive integrazioni, ha per oggetto: il messaggio di posta elettronica certificata, i suoi allegati (ricorso e relazione di notifica), le ricevute di accettazione e di avvenuta consegna. Si estende quindi, per espressa previsione normativa, anche agli atti allegati.

17. Se, come nel caso in esame, il ricorso analogico è una mera copia di quello informatico priva della necessaria attestazione di conformità sottoscritta dal difensore, non è idoneo ad integrare quanto richiesto dall’art. 369, primo comma, c.p.c. ed è quindi improcedibile. Le sezioni unite hanno infatti affermato che “è improcedibile il ricorso per cassazione del quale sia stata depositata, nel termine di venti giorni dalla notificazione, soltanto una copia non autenticata e non già originale” (Cass., sez. un., 10 ottobre 1997, n. 9861). Analogo discorso vale per la relazione di notifica ed il relativo messaggio attestante il tempo della notifica dal quale decorre il termine per il deposito in cancelleria (Cass. 19 dicembre 2016, n. 26102, Cass. 28 luglio 2017, n. 18758).

18. La giurisprudenza afferma, senza oscillazioni, che l’improcedibilità del ricorso deve essere rilevata d’ufficio senza che sia necessaria un’eccezione della controparte (Cass. 18 settembre 2012, n. 15624, Cass. 22914/2013, Cass. 870/2015, nonché, da ultimo, Cass. 7 febbraio 2017, n. 3132).

19. Né rileva la mancata contestazione della controparte, in quanto la materia non è nella disponibilità delle parti.

20. Il problema del rilievo della non contestazione si era già posto negli stessi termini in situazioni in cui, essendo stata depositata una mera fotocopia o una velina, al fine di evitare l’improcedibilità del ricorso per cassazione, era stata invocata l’applicazione dell’art. 2719 c.c. per il quale “le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità …. non è espressamente disconosciuta”. In queste situazioni si è costantemente affermato (Cass. 1 dicembre 2005, n. 26222; 18 settembre 2012, n. 15624; 8 ottobre 2013, n. 22914; 26 maggio 2015, n. 10784) che tale regola si applica quando si tratta di attribuire ad un documento efficacia probatoria, da valere tra le parti, mentre non vale quando si è al di fuori dell’ambito probatorio e si devono operare verifiche, come quelle relative alla procedibilità del ricorso, che hanno implicazioni pubblicistiche e non sono nella disponibilità delle parti. Ciò spiega anche perché il comma 2 dell’art. 23 del C.A.D., non è richiamato dai commi 1-bis e 1-ter dell’art. 91. 53/1994. 21.Solo in prossimità della camera di consiglio, in allegato ad un atto intestato “Memoria difensiva con deposito attestazione di conformità sottoscritta”, la difesa della ricorrente ha depositato copie su supporto analogico del ricorso, della relata di notifica, della ricevuta di accettazione e della ricevuta di avvenuta consegna, corredate da attestazione di conformità agli originali sottoscritta dall’avvocato.

22. La difesa della ricorrente, nel corso della memoria, dà atto della mancata firma dell’attestazione di conformità in sede di deposito del ricorso e riconosce che ciò ha determinato la improcedibilità dello stesso, ma sostiene che tale situazione sia sanabile mediante la produzione della copia autenticata in allegato alla memoria.

23.La giurisprudenza della Corte ammette che il deposito dell’originale possa avvenire anche separatamente e dopo la produzione della copia non autenticata, ma a condizione che avvenga nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, non essendo ammissibile il recupero di una condizione di procedibilità mancante dopo la scadenza del termine per il deposito del ricorso (Cass. 20 gennaio 2015, n. 870 e Cass., 7 febbraio 2017, n. 3132).

24. Il principio è stato ribadito di recente dalle sezioni unite nella sentenza 2 maggio 2017, n. 10648. Con questa pronuncia, la Corte ha affermato che non si applica la sanzione della improcedibilità quando il documento mancante sia nella disponibilità del giudice perché prodotto dalla controparte o perché presente nel fascicolo d’ufficio. Ha però ribadito che, invece, “consentire il recupero dell’omissione mediante la produzione a tempo indeterminato con lo strumento dell’art. 372 c.p.c. vanificherebbe il senso del duplice adempimento del meccanismo processuale. L’improcedibilità, infatti, a differenza di quanto previsto in altre ‘situazioni procedurali’ trova la sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo che ostacola la sequenza di avvio di un determinato processo”.

25. In conclusione, deve affermarsi il seguente principio di diritto: “Il ricorso per cassazione è improcedibile, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., quando, nel termine di venti giorni dalla notificazione, siano state depositate solo copie analogiche del ricorso, della relazione di notificazione con messaggio p.e.c. e relative ricevute, sena attestarne la conformità, ai sensi dell’art. 9, comma 1 -bis, della legge 21 gennaio 1994 n. 53 e successive integra ioni, ai documenti informatici da cui sono tratte”.

26. Il ricorso in esame è, pertanto, improcedibile.

27. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della soccombente, che non dovrà versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in quanto ammesso al gratuito patrocinio (Cass. 18523/14, 21794/15, 7368/17, 9538/17 e 13935 /17).

 

PQM

La Corte dichiara improcedibile il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in 2.000,00 euro per compensi professionali, oltre spese forfetarie in misura del 15% ed accessori.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 ottobre 2117.

Stefano Schirò, Presidente

 

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Cass. sez. VI-3, ord. 21 dicembre 2017 n. 30745 (Pres. Frasca, rel. Olivieri)

 
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Impugnazioni – Notifica della sentenza ai fini del decorso del termine breve – Notifica via PEC – Ricorso per cassazione – Deposito della copia della sentenza di appello, del messaggio ricevuto e della relata di notifica – Attestazione di conformità – Mancanza – Improcedibilità (art. 369, c. 2, n. 2 c.p.c.)

 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE -3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAFFAELE FRASCA – Presidente –

Dott. STEFANO OLIVIERI – Rel. Consigliere –

Dott. ANTONIETTA SCRIMA – Consigliere –

Dott. ENZO VINCENTI – Consigliere –

Dott. AUGUSTO TATANGELO – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso NN-AA proposto da:

D. C. P., elettivamente domiciliato in ROMA, ***, presso lo studio dell’avvocato M. T., che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato G. T.;

 – ricorrente –

contro

C. A., elettivamente domiciliato in ROMA, *** presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato G. D. G., P. S. e T. S.;

– controricorrente –

nonché contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4463/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 18/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/07/2017 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI.

IL COLLEGIO

Premesso

– La Corte d’appello di Napoli con sentenza 18.11.2015 n. 4463 ha confermato la decisione di prime cure che aveva ritenuto non provata la querela di falso proposta in via principale da P. D. C. ed avente ad oggetto la relata di notifica di avviso di accertamento emesso dalla Agenzia delle Entrate, in ordine al quale pendeva giudizio di impugnazione avanti il Giudice tributario

– La sentenza di appello è stata impugnata per cassazione dal D. C. con tre motivi

– hanno resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate e A. C.

– il ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 380 bis c.p.c.

Ritenuto

– che il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, non avendo assolto il ricorrente all’onere prescritto dall’art. 369 comma 2, n.2) c.p.c..

La sentenza di appello è stata infatti notificata al D. C., in data 14 gennaio 2016, presso il difensore domiciliatario avv. G. T., in forma telematica a mezzo PEC, a cura dell’avv. P. S. difensore dell’appellato A. C., ai sensi dell’art. 3 bis della legge 21 gennaio 1994 n. 53 (introdotto dall’art. 16 quater del DL18 ottobre 2012 n. 179, conv. con modificazioni in legge 17 dicembre 2012 n. 221), norma che autorizza gli avvocati ad eseguire la notifica di atti e documenti relativi al processo con modalità telematica utilizzando gli indirizzi di posta elettronica certificata.

Tale forma di procedimento notificatorio, che in applicazione delle norme di legge che disciplinano il “processo telematico” trova obbligatoria applicazione, peraltro secondo differenti scadenze temporali, negli uffici di merito, non è stato ancora esteso al giudizio di cassazione per il quale non operano, tuttora, le disposizioni sul deposito telematico degli atti processuali di cui ai commi da 1 a 4 dell’art. 16-bis del d.l. 18 ottobre 2012 n. 179, conv. con modificazioni in legge 17 dicembre 2012 n. 221 e succ. mod., essendo regolato pertanto tale giudizio dalle norme processuali che prevedono la notifica ed il deposito in Cancelleria di atti e documenti in forma analogica che, ove richiesto, devono essere sottoscritti con firma autografa. — Ne segue che gli atti e documenti elettronici, sebbene trasmessi dal difensore o pervenuti al suo indirizzo PEC in forma telematica, per rispondere ai requisiti di procedibilità ed ammissibilità prescritti dagli artt. 365, 369, 370, 371 e 372 c.p.c., debbono necessariamente essere trasformati in documento cartaceo.

Con specifico riferimento al deposito presso la Cancelleria di questa Corte della copia autentica della sentenza impugnata corredata della relata di notifica (art. 369, comma 2, n. 2), c.p.c.), che è funzionale alla necessaria verifica della tempestività del ricorso che la Corte è chiamata a compiere di ufficio, la copia della sentenza notificata all’indirizzo PEC del destinatario, ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione, e pervenuta quindi a tale indirizzo in formato elettronico, deve essere riprodotta in formato analogico conforme all’originale, essendo la copia provvedimento del Giudice -tanto se in originale generato e depositato come documento informatico quanto se depositato invece in forma analogica- comunicata in via telematica dalla Cancelleria (art. 45, comma 2, disp. att. c.p.c., modificato dall’art. 16 comma 3 lett. c) del DL n. 179/2012: l’obbligo della forma telematica è stato esteso a “decorrere dal 15 febbraio 2016, limitatamente alle comunicazioni e notificazioni da parte delle cancellerie delle sezioni civili, presso la Corte suprema di cassazione” dall’art. 2co1 del Decreto 19 gennaio 2016) od estratta dal difensore, sempre in via telematica, dal fascicolo informatico (art. 16 bis, comma 9 bis, DL n. 179/2012). A tal fine è espressamente attribuito ai difensori, che rivestono la qualità di pubblico ufficiale, il potere di attestazione della conformità dell’atto processuale od al documento estratto e poi trasmesso, alla corrispondente copia “presente” nell’archivio informatico che è considerata dalla legge equivalente all’originale, anche se priva della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all’originale (ibidem). La attestazione di conformità del difensore attribuisce alla copia informatica -dallo stesso estratta dal fascicolo informatico e trasmessa all’indirizzo PEC del destinatario- il requisito di autenticità, venendo essa considerata equivalente all’atto o documento originale: nel caso di trasmissione telematica da valere quale notificazione dell’atto processuale, la attestazione di conformità deve essere contenuta nella relata di notifica sottoscritta con firma digitale e che costituisce documento informatico separato da allegare, unitamente all’atto da notificare, al “messaggio di posta elettronica certificata” (art. 3 bis comma 5 della legge n. 53/1994; art. 16 undecies, comma 3, DL n. 179/2012).

Perfezionatasi la notifica della sentenza (per il notificante con la “ricevuta di accettazione” del messaggio generata dal server del gestore del servizio di posta elettronica, e per il destinatario con la ricevuta di “avvenuta consegna” del messaggio, anch’essa generata dal medesimo server), il difensore destinatario “vedrà” inserito nel proprio “fascicolo informatico” il messaggio di posta elettronica cui è allegato il documento (la sentenza) e la relata di notifica completa di attestazione di conformità sottoscritta con firma digitale dal mittente. Conseguentemente, onde ottemperare al disposto dell’art. 369, comma 2, n. 2) c.p.c., il difensore destinatario della notifica, dovrà procedere ad estrarre il documento in forma digitale dal proprio fascicolo informatico, riproducendolo in forma analogica, effettuando quindi un procedimento inverso che richiede, una nuova attestazione di conformità del documento cartaceo a quello “presente” nell’archivio informatico (art. 16 bis, comma 9 bis DL n. 179/20102: “Le copie analogiche ed informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico e munite dell’attestazione di conformita’ a norma del presente comma, equivalgono all’originale”), che deve essere apposta, con sottoscrizione in forma autografa, in calce o a margine, o su foglio separato ma fisicamente congiunto alla copia analogica della sentenza e della relata di notifica estratte dal fascicolo informatico (art. 16 undecies DL n. 179/20102 : “Quando l’attestazione di conformita’ prevista dalle disposizioni della presente sezione, dal codice di procedura civile e dalla legge 21 gennaio 1994, n. 53, si riferisce ad una copia analogica, l’attestazione stessa è apposta in calce o a margine della copia o su foglio separato, che sia però congiunto materialmente alla medesima.”).

Tanto premesso il mero deposito presso la Cancelleria della Corte, da parte del difensore del ricorrente, della copia della sentenza di appello, in forma cartacea, unitamente alla copia analogica del messaggio di posta elettronica ricevuto, della relata di notifica, della ricevuta di consegna e della attestazione di conformità sottoscritta con firma digitale dal mittente, non attribuiscono al provvedimento giudiziale ed ai documenti indicati il valore di copie equivalenti all’originale -espressamente richiesto dall’art. 369 c.p.c.-, in quanto non recano in calce, od a margine, né in foglio separato materialmente congiunto, la indispensabile “attestazione di conformità” -sottoscritta con firma autografa del difensore destinatario della sentenza notificata- ai corrispondenti documenti “presenti” nel fascicolo informatico dell’avv. T. dal quale sono stati estratti in forma analogica.

Né può soccorrere, come adempimento “sostitutivo”, il deposito della copia cartacea della attestazione di conformità che le legge impone di effettuare al mittente che procede alla notifica telematica dell’atto processuale : una volta infatti transitato per via telematica il documento dal fascicolo informatico del mittente al fascicolo informatico del destinatario, appare del tutto evidente come la originaria attestazione di conformità del documento trasmesso a quello presente nel fascicolo del mittente, non possa esplicare alcuna efficacia in ordine alla successiva operazione di estrazione del documento elettronico, per consentirne la trasformazione in analogico, eseguita dal difensore destinatario della notifica, sfuggendo del tutto alla sfera di controllo del difensore mittente la successiva attività compiuta dal destinatario che interviene a confezionare una nuova copia del documento, contenuto nel proprio fascicolo informatico, che necessita, pertanto, di una nuova attestazione di conformità da parte del pubblico ufficiale.

In difetto di tale adempimento il ricorso per cassazione deve essere dichiarato improcedibile, dovendo essere confermato il precedente di questa Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 17450 del 14/07/2017 che ha affermato il principio secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, per soddisfare l’onere di deposito della copia autentica della relazione di notificazione, il difensore del ricorrente, destinatario della suddetta notifica, deve estrarre copie cartacee del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e della relazione di notificazione redatta dal mittente ex art. 3-bis, comma 5, della I. n. 53 del 1994, attestare con propria sottoscrizione autografa la conformità agli originali digitali delle copie analogiche formate e depositare nei termini queste ultime presso la Cancelleria della Corte.

Le spese del giudizio di legittimità, debbono porsi a carico del ricorrente soccombente e sono regolate come da dispositivo.

P.Q.M.

dichiara improcedibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore della Agenzia delle Entrate in Euro 6.000,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito, ed in favore di *** in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del Dpr 30 maggio 2002 n. 115, inserito dall’art. 1 comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma il 20/07/2017

 

Il Presidente

(Raffaele Frasca)

 

Cass. sez. VI-3, ord. 21 dicembre 2017 n. 30745 (Pres. Frasca, rel. Olivieri) Leggi tutto »

Improcedibilità del ricorso per Cassazione per omesso deposito dell’attestazione di conformità: nessuna rimessione alla Sezioni Unite

Con l’ordinanza n. 30765 del 22 dicembre 2017, la sesta sezione (c.d. sezione filtro), si è espressa sulla nota questione dell’improcedibilità del ricorso per cassazione affermando il seguente principio di diritto: “Ai fini del rispetto di quanto imposto, a pena d’improcedibilità, dall’art. 369, comma 2, c.p.c., il difensore che propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli è stato notificato con modalità telematiche, deve depositare nella cancelleria della Corte di cassazione copia analogica, con attestazione di conformità ai sensi dei commi 1 bis e 1 ter dell’art. 9 della l. n. 53 del 1994, del messaggio di posta elettronica certificato ricevuto, nonché della relazione di notifica e della decisione impugnata, allegati al messaggio; tuttavia, non è anche necessario il deposito di copia autenticata del provvedimento impugnato estratta direttamente dal fascicolo informatico”.

Con tale pronuncia, la Corte ribadisce il principio per cui il ricorrente, destinatario della notifica, deve depositare, nel termine perentorio di 20 giorni dalla notificazione del ricorso e a pena di improcedibilità, copia analogica del messaggio PEC ricevuto, nonché dei relativi allegati (provvedimento impugnato e relazione di notifica) e attestarne la conformità ex art. 9, commi 1bis e 1ter, della l. 53/1994.

L’omesso deposito di tali documenti e della relativa attestazione di conformità determina l’improcedibilità del ricorso. Non rilevano né la mancata contestazione di controparte (il rilievo è d’ufficio) né la presenza nel fascicolo d’ufficio o in quello di controparte di copia autentica della sentenza. Né tanto meno potrà essere concessa alcuna rimessione in termini. È fatto salvo il solo caso in cui il ricorso per cassazione sia stato notificato prima della scadenza dei sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza (non essendo evidentemente necessaria alcuna verifica sulla data di notifica del provvedimento).

Dall’altro lato, la Corte smentisce quanto affermato dalla sentenza n. 26520/2017 che aveva parlato di “duplice onere di certificazione”: l’ulteriore onere di estrarre copia della sentenza che si impugna dal fascicolo informatico ai sensi dell’art. 16-bis, comma 9-bis, del D.L. 179/2012 (ovvero di farsi lasciare copia autentica dalla cancelleria) sussiste – in via esclusiva – nel solo caso in cui la sentenza non sia stata notificata.

A seguito di detta decisione e del principio da essa enunciato, è stata disposta la restituzione alla Terza Sezione del ricorso che, con ordinanza n. 30622 del 20 dicembre 2017, era stato trasmesso per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite che quindi non si pronunceranno – almeno per ora – sul punto.

 

Approfondimenti
Cass. sez. VI, ord. 22 dicembre 2017 n. 30765 (Pres. Schirò, rel. Curzio)

 

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