Ottobre 2017

Giosiana Radaelli

Nata a Milano il 30 settembre 1971, iscritta all’Ordine degli Avvocati di Milano dal 2012, Mediatore Civile e Commerciale, esperta in informatica giuridica e giudiziaria. E’ stata tirocinante presso la sezione di Diritto Societario del Tribunale di Milano (Giudice affidatario: dott.ssa Francesca Fiecconi). Consulente e formatore per il Processo Civile Telematico dal 2009. L’attività di formazione ha interessato gli Uffici Giudiziari dislocati su tutto il territorio nazionale, nonché i relativi Ordini. Cura la docenza dei corsi di formazione in ambito PCT per l’Ordine degli Avvocati di Milano. Si occupa di diritto civile, recupero crediti, procedure esecutive e concorsuali, condominio e locazioni.

Come le persone anche le leggi sono figlie del loro tempo

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Cass., sez. III, sent. 21 settembre 2017 n. 21915 (Pres. Chiarini, rel. Rubino)

 

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sig.ri Magistrati:

Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI       – Presidente –

Dott. RAFFAELE FRASCA                         – Consigliere –

Dott. LINA RUBINO                                    – Rel. Consigliere –

Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA     – Consigliere –

Dott. AUGUSTO TATANGELO                     – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso NN-AAAA proposto da:

A.L., A.F., A.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ***, presso lo studio dell’avvocato G.P., rappresentati e difesi dall’avvocato F.A. giusta procura a margine del ricorso;

ricorrenti –

 

contro

 

C.M., S.L., S.G., considerati domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato V.D.L. giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 974/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 22/07/2015; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/02/2017 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

 

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

A.A., L. e F. propongono ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, nei confronti di C.M., E., S.L. e S.G., in relazione alla sentenza n. 974 del 2015, depositata dalla Corte d’Appello dell’Aquila con la quale veniva dichiarato inammissibile perché tardivo, in quanto proposto oltre il termine di sei mesi, l’appello proposto dagli A. avverso la sentenza di rigetto dell’opposizione dagli stessi proposta contro l’esecuzione di un provvedimento (che indicano avere natura cautelare, sommaria e possessoria) emesso nei loro confronti dal collegio in sede di reclamo, sul presupposto che il termine per proporre appello, proposto in un giudizio introdotto dopo il 4.7.2009, ed in materia esecutiva, attesa la natura esecutiva delle opposizioni, non fosse soggetto alla sospensione feriale dei termini. Resistono con controricorso gli S. e M.C., allegando che il ricorso per cassazione stesso sia tardivo in quanto notificato oltre il termine di sessanta giorni applicabile a decorrere dalla notificazione della sentenza impugnata.

Va esaminata in via preliminare l’eccezione di tardività del ricorso, il cui eventuale accoglimento renderebbe superflua anche l’esposizione dei motivi di ricorso, conseguendone l’inammissibilità del ricorso stesso. 

Essa è fondata.

La sentenza impugnata è stata notificata il 29.7.2015 (e risulta regolarmente prodotta dai ricorrenti in copia notificata). Il ricorso avrebbe pertanto dovuto esser proposto entro il termine breve di sessanta giorni dalla notificazione (ex art. 325, secondo comma, e 326 c.p.c.). Il termine di notifica del ricorso scadeva il 27.9.2015 e, poiché il 27 settembre era domenica, esso era prorogato ex lege al lunedì successivo, primo giorno non festivo successivo alla scadenza del termine (ex art. 155, quarto comma, c.p.c.).

L’avvocato dei ricorrenti ha provveduto a notificare direttamente il ricorso, avvalendosi della facoltà prevista dall’art. 3 della legge n. 53 del 1994, il successivo lunedì 28 settembre 2015, a mezzo posta elettronica certificata. Tuttavia, come risulta dalla documentazione in atti, la notifica è stata eseguita soltanto alle ore 23,47 del lunedì 28 settembre.

Ripercorrendo la normativa applicabile al caso di specie:

– l’articolo 147 cpc (Tempo delle notificazioni) nella vigente formulazione – applicabile ratione temporis- dispone che le notificazioni non possono farsi prima delle ore 7 e dopo le ore 21.

– l’art 16 quater comma tre del D.L. n. 179/2012 , a proposito delle notifiche eseguite a mezzo 13 1:1′,C, prevede che :

“3. La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall’articolo 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall’articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68”;

– l’art. 16-septie.s-del citato D.L. 179/2012 (Tempo delle notificazioni con modalità telematiche), introdotto dall’art. 45 bis del d.l. 24.6.2012, n. 90, conv. con modifiche dalla 1. 17.12.2012, n. 221, prevede che:

” La disposizione dell’articolo 147 del codice di procedura civile si applica anche alle notificazioni eseguite con modalità telematiche. Quando e’ eseguita dopo le ore 21, la notificazione si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo”. Sicché la notifica del ricorso per cassazione, a norma del combinato disposto degli artt. 16 septies del dl. n. 179 del 2012 e 147 c.p.c., poiché è stata eseguita il 28.9.2015 dopo il margine di tempo consentito dalla legge, si considera exlego’ perfezionata il 29 settembre 2015, a termine ormai decorso. 11 ricorso proposto pertanto è tardivo. Infatti, sulla base del combinato disposto dell’art. 147 c.p.c. nonché dell’art. 45 bis del d.l. 24.6.2012, n. 90, conv. con modifiche dalla 1. 17.12.2012, n. 221 che ha introdotto l’art. 16 septies, se la spedizione della notifica effettuata a mezzo posta elettronica certificata è stata eseguita — come nella specie non è contestato – oltre le ore 21, la notifica si considera perfezionata alle sette del giorno successivo, e di conseguenza, se essa è stata eseguita l’ultimo giorno utile ma dopo le ore 21, si considera perfezionata alle ore sette del giorno successivo.

Pertanto, qualora il compimento dell’attività notificatoria della impugnazione sia avvenuto l’ultimo giorno utile previsto dalla legge, ma al di là dei limiti di tempo dalla stessa fissati, l’impugnazione stessa deve ritenersi tardiva.

La questione in esame è stata in precedenza esaminata da questa Corte, che è già pervenuta alla medesima soluzione nel senso della tardività della notifica, con sentenza n. 8886 del 2016. In quella occasione, la Corte ha espresso il principio di diritto secondo il quale “L’art. 16 septies del d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif. dalla 1. n. 221 del 2012, non prevede la scissione tra il momento di perfezionamento della notifica per il notificante ed il tempo di perfezionamento della notifica per il destinatario, espressamente disposta, invece, ad altri fini, dall’art. 16 quater dello stesso d.l. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto quindi tardiva la notifica del ricorso per cassazione affermando che si era perfezionata, sia per il notificante che per il notificato, il giorno successivo a quello di scadenza del termine per l’impugnazione, poiché eseguita dopo le ore 21 di quest’ultimo giorno)”.

Sebbene si pervenga alla medesima soluzione, occorre effettuare alcune puntualizzazioni.

Non si può prescindere dall’osservare che, nel nostro ordinamento, deve ormai considerarsi principio generale di diritto vivente il principio della scissione degli effetti delle notifiche tra notificante e destinatario della notifica. Si tratta di principio elaborato dalla Corte costituzionale, fatto proprio ed affermato da questa Corte in numerose decisioni.

Come ricostruito da Cass. n. 10126 del 2006 “…il giudice delle leggi già con la sentenza 69/1994, relativa alla disciplina delle notifiche all’estero, aveva avuto modo di affermare che, ai sensi degli articoli 3 e 24 della Costituzione, le garanzie di conoscibilità dell’atto da parte del destinatario della notificazione debbono coordinarsi con l’interesse del notificante a non vedersi addebitare l’esito intempestivo del procedimento notificatorio per la parte sottratta alla sua disponibilità. Questo principio, confermato dalla successiva sentenza 358/96, è stato ulteriormente ribadito dalla sentenza 477/02 — che ne ha espressamente sottolineato la “portata generale” — ed ha trovato, in ulteriore prosieguo, applicazione nelle più recenti sentenze 28 e 97/2004 e 154/05. Per effetto di tali pronunzie risulta così ormai presente nell’ordinamento processuale civile, tra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il principio secondo il quale — relativamente alla funzione che sul piano processuale, cioè come atto della sequenza del processo la notificazione è destinata a svolgere per il notificante — il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il medesimo deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario. Con la conseguenza, che, alla luce di tale principio, le norme in tema di notificazioni di atti processuali vanno interpretate, sena necessità di ulteriori interventi da parte del giudice delle leggi, nel senso (costituzionalmente, appunto, adeguato) che la notificazione si perfeziona nei confronti del notificante al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario”.

Moltissime sono le sentenze di legittimità che hanno confermato tale principio, contemperato dall’onere e l’obbligo per il notificante di riattivare in un tempo ragionevole il procedimento notificatorio (tra le altre, Cass. n.18074 del 2012).

Potrebbe pertanto dubitarsi perfino della legittimità costituzionale di una norma che non riconoscesse il principio della scissione in presenza delle esigenze di tutela per le quali essa è stato elaborato, ovvero in una situazione in cui non sia legittimo far ricadere sul notificante incolpevole gli effetti negativi di un ritardo nel procedimento notificatorio in riferimento ad attività in esso comprese ma sottratte al controllo del notificante. E’ un principio elaborato a tutela di chi, in buona fede, compia una attività dovuta che necessiti, per il suo completamento, dell’intervento di un terzo, per evitare che possa essere pregiudicato dal mancato perfezionamento nei termini dell’attività procedimentale da lui correttamente avviata e non portata a termine tempestivamente per cause al di fuori della sua volontà e della sua sfera di controllo (v. Cass. n. 9528 del 2015). In riferimento all’art. 147 c.p.c., però, il principio della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario non opera perché siamo al di fuori delle ipotesi a tutela delle (inali esso è stato creato. Il principio non ha ragione di operare, infatti, laddove la legge espressamente disciplina i tempi per il corretto ed efficace svolgimento di una attività (a tutela del diverso interesse, rafforzato dalle possibilità tecniche offerte dalla notifiche telematiche, di non costringere i professionisti alla continua verifica, a qualsiasi ora del giorno e della notte, dell’arrivo di atti processuali), qualora, come nella specie, è lo stesso notificante che ha iniziato a compiere l’attività attività notificatoria quando il margine di tempo a sua disposizione si era già consumato.

Il ricorso è pertanto inammissibile, il che rende superfluo esaminare, ed anche esporre, i motivi del ricorso stesso.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza del ricorrente, la Corte, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 , dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Pone a carico dei ricorrenti le spese di giudiziosostenute dal controricorrente, che liquida in complessivi euro 2.500,00, oltre euro200,00 per spese, oltre contributo spese generali al 15% ed accessori.Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, di unulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorsoprincipale.

Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 28 febbraio 2017

Il Consigliere estensore                                                                                              Il Presidente

Lina Rubino                                                                                                             M. Margherita Chiarini

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Trib. Milano, ord. 28 giugno 2016 (est. De Giovanni)

 

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N. R.G. 2014/***

 

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

QUINTA SEZIONE CIVILE

Nella causa civile iscritta al n. r.g. ***/2014 promossa da:

S.T. SRL

C.G.P.

ATTRICI

contro

FALL.TO S.I C. E A. SPA

COMUNE MILANO

CONVENUTI

M.B.

V.B.

TERZI CHIAMATI

 

Il Giudice Cristiano De Giovanni,

atteso che alla odierna udienza il procuratore del terzo chiamato M.B. ha chiesto accertarsi che la costituzione è stata tempestivamente eseguita mediante deposito di comparsa in via telematica in data 30.3.2016,

rilevato che il sistema risulta avere dato riscontro negativo quanto alla richiesta di deposito dell’atto del professionista rilevando che “non si può costituire più di un avvocato in un deposito” (come emerge dal dettaglio di deposito),

considerato che, ai sensi dell’art. 16 bis comma 7 D.L. 179/12, la data di deposito è quella della ricevuta di avvenuta consegna generata dal gestore di posta elettronica certificata dal Ministero della Giustizia e che il deposito è tempestivo se la ricevuta è generata entro le 24 ore del giorno di scadenza e la produzione della ricevuta in questione è prova sufficiente a dimostrare l’avvenuto deposito,

rilevato che la costituzione del difensore del terzo chiamato, M.B., è stata effettuata tempestivamente ex artt. 166 e 167 c.p.c. e che l’esito negativo della accettazione della costituzione del difensore non è da imputarsi ad una condotta negligente del medesimo nella gestione delle procedure di deposito telematico ma, piuttosto ad attività interna dell’Ufficio che ha ritenuto non corretta l’indicazione di due difensori nel file “datiatto.xml” laddove trattasi di irregolarità considerata come tale dal solo sistema e non dalle norme regolatrici della procedura di iscrizione,

visto che, quindi, non emerge alcun contegno negligente del difensore nella procedura di deposito telematico e che l’evento considerato preclusivo dal sistema non è nella disponibilità gestoria del difensore e che, quindi, non è da lui esigibile alcun ulteriore sforzo di diligenza nel controllare un fatto che è ad esso esterno (la valutazione di irregolarità della iscrizione è, infatti, frutto di una scelta del sistema e come tale non è conoscibile né prevedibile dall’avvocato).

P.Q.M.

 

Dichiara tempestiva la costituzione del difensore del terzo chiamato M.B.

Dispone che la cancelleria provveda a formulare esito positivo alla iscrizione a far data dal 30.3.2016.

Il Giudice

Cristiano De Giovanni

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Trib. Milano, ord. 20 aprile 2016 (Pres. De Sapia, rel. Angelini)

 
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TRIBUNALE DI MILANO

TERZA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:

Dott. Cesare de Sapia – Presidente

Dott.ssa Simonetta Scirpo – Giudice

Dott. Roberto Angelini – Giudice relatore

sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 20 aprile 2016,

nel procedimento per reclamo iscritto al numero di ruolo generale indicato in epigrafe

promosso da:

***, con il patrocinio dell’Avv. ***, elettivamente domiciliati presso il difensore in Milano, ***

reclamanti

avverso

l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 624 c.p.c. dal G.E. ad esito dell’udienza tenutasi in data 1 marzo 2016 nell’ambito del procedimento di esecuzione per rilascio R.G.E. n. 1202/2016 promosso dall’Avv. ***, in qualità di professionista delegato e custode nelle procedure esecutive immobiliari riunite R.G.E. nn. 1706/2008+2142/2011, in forza di provvedimento in data 6 luglio 2012, nonché di successiva ordinanza di rilascio degli immobili pignorati, in data 4 ottobre 2015, a sua volta promossa dalla  *** s.p.a. (c.f.:***), in persona del rappresentante legale pro tempore;

rilevato

– che il reclamo è stato depositato in data 15 marzo 2016;

– che con decreto presidenziale 23 marzo 2016 è stata fissata udienza di trattazione in data 20 aprile 2016 e assegnato termine a parte reclamante per la notifica del reclamo e del succitato decreto sino al giorno 31 marzo 2016;

– che la suddetta notifica non è stata effettuata;

– che con istanza urgente ai collegio del 18 aprile 2016 il legale dei reclamanti, premesso di aver “appreso dell’intervenuta emissione del suddetto provvedimento soltanto in data 18 aprile 2016, ad esito di un controllo effettuato a mezzo Consolle Avvocato”, ha rappresentato di non aver mai ricevuto comunicazione dalla cancelleria del menzionato decreto con apposito messaggio a mezzo p.e.c. e ha, pertanto, chiesto – sul presupposto di non essere stato posto nella condizione di provvedere tempestivamente alla notifica del reclamo e del decreto nel termine all’uopo ivi assegnato – di “emettere nuovo decreto di fissazione dell’udienza di trattazione e del relativo termine per la notifica del reclamo e del medesimo provvedimento”;

rilevato

che dall’attestazione telematica relativa ai dati desunti dal registro di cancelleria è emerso che quest’ultima ha regolarmente eseguito la predetta comunicazione in data 23 marzo 2016 nei confronti del legale dei reclamanti, ottenendo dal gestore di p.e.c. del destinatario ricevuta di mancata consegna con la seguente causale: “casella piena”;

considerato

– che, ai sensi dell’art. 16 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, come convertito nella L. 17 dicembre 2012, n. 221 e s.m.i., nei procedimenti civili le comunicazioni (e le notificazioni) a cura della cancelleria devono effettuarsi “esclusivamente per via telematica” all’indirizzo p.e.c. risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni (comma 4);

– che, sempre ai sensi della citata disposizione, se la comunicazione (o notificazione) tramite p.e.c. è impossibile “per cause imputabili al destinatario” essa si ha per effettuata mediante deposito in cancelleria (comma 6), essendo quest’ultima tenuta ad ovviare con l’uso di mezzi alternativi – quali l’invio di telefax o l’inoltro tramite ufficiale giudiziario a norma degli artt. 136 e 137 c.p.c. – all’impossibilità di usare la p.e.c. nel solo caso in cui ciò non dipenda da causa imputabile allo stesso destinatario (comma 8);

ritenuto che nel caso di specie la mancata ricezione e presa visione del decreto di fissazione dell’udienza collegiale e del termine per notificare alle controparti il decreto stesso unitamente al reclamo sia ascrivibile alla sfera di organizzazione del legale di parte reclamante, che non ha fatto diligente uso del proprio account di p.e.c., avendo omesso di controllare con la necessaria periodicità la capienza residua della casella, di scaricare e cancellare i messaggi che ne rendevano satura la memoria e, in definitiva, di porsi in condizione di ricevere il suddetto messaggio della cancelleria;

ritenuto che, pertanto, l’istanza depositata nell’interesse dei reclamanti non meriti accoglimento, così come irricevibile, per effetto del quadro normativo sopra sinteticamente esposto, si riveli l’argomentazione, verbalizzata in sede di udienza collegiale, secondo cui la cancelleria avrebbe dovuto ovviare alla mancata ricezione del messaggio p.e.c. facendo uso del telefax,

P.Q.M.

dichiara inammissibile il reclamo.

Nulla sulle spese.

Così deciso in Milano, il 20 aprile 2016.

 

Trib. Milano, ord. 20 aprile 2016 (Pres. De Sapia, rel. Angelini) Leggi tutto »