Novembre 2016

Cass., sez. 6-1, sent. 7 luglio 2016 n. 13917 (Pres. Ragonesi, rel. Genovese)

 

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE -1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIO RAGONESI – Presidente –

Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE – Rel. Consigliere –

Dott. GIACINTO BISOGNI – Consigliere –

Dott. CARLO DE CHIARA – Consigliere –

Dott. MARIA ACIERNO – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso *** proposto da:

E. SRL, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, ***, presso lo studio dell’avvocato D.U.S., rappresentata e difesa dall’avvocato R.D.R giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

U. SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, quale mandataria per la gestione del credito U.C. SPA, società con socio unico, in persona del Quadro Direttivo, elettivamente domiciliata in ROMA, ***, presso lo studio dell’avvocato F.C., rappresentata e difesa dall’avvocato G.L. giusta procura in calce al controricorso;

controricorrente

nonché contro

FALLIMENTO E. SRL, PROCURATORE GENERALE presso la CORTE SUPREMA CASSAZIONE;

– intimati

avverso la sentenza n. nn/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO del 5/02/2015, depositata il 12/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;

udito l’Avvocato R.D.R. difensore della ricorrente che insiste nell’accoglimento del ricorso e si riporta agli scritti;

udito l’Avvocato F.C. (delega avvocato G.L.) difensore della controricorrente che si riporta al controricorso e chiede il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo e Motivi della decisione

Rilevato che, con sentenza in data 12 marzo 2015, la Corte d’Appello di Milano ha rigettato il reclamo proposto, ex art. 18 LF, da E. srl, contro la sentenza del Tribunale di quella stessa città, che aveva dichiarato il fallimento della menzionata impresa societaria;

che, secondo la Corte territoriale, era infondata la doglianza della reclamante relativa al mancato perfezionamento della notificazione dell’avviso di udienza, dovuto al cattivo funzionamento dell’account di posta elettronica della destinataria, in quanto colpito da virus informatici, ciò che le avrebbe impedito — se non altro — l’accesso a procedure concorsuali minori;

che, infatti, la cattiva manutenzione della posta della destinataria, presso la cui casella si sarebbero accumulate ben 1.500 messaggi nella casella «posta indesiderata», assieme a numerose e-mail accantonate in modalità «SPAM», avrebbero dimostrato, oltre che una cattiva manutenzione per difetto di un valido antivirus, anche un completo disinteresse della destinataria sia rispetto alla posta in arrivo sia riguardo alla vigilanza sul funzionamento del proprio programma gestionale;

che avverso la sentenza della Corte d’Appello ha proposto ricorso la società fallita, con atto notificato il 27 aprile 2015, sulla base di quattro motivi, con cui denuncia violazione e falsa applicazione di norme di legge processuale (artt. 149-bis, 160 c.p.c. 45 D. Lgs. n. 82 del 2005, 6, co. 3, d.P.R. n. 68 del 2005) e fallimentare (art. 15) e vizi motivazionali, dolendosi, principalmente, del travisamento degli elementi fattuali relativi allo stato del proprio account di posta elettronica, soggetto non a trascuratezza (peggio che mai, per assenza di un adeguato antivirus) ma ad aggressione ad opera di esterni (come attestato sia dalla relazione giurata di parte e sia da dichiarazione del provider gestore del sistema ed eccependo, in via subordinata, in relazione agli artt. 24, 42 e 111 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 149-bis, 160 c.p.c., 45 D. Lgs. n. 82 del 2005 e 6, co. 3, d.P.R. n. 68 del 2005. Perché, in caso di assenza del debitore all’udienza di cui all’art. 15 LF, non prevede una nuova notifica dell’avviso di convocazione di cui all’a. 15, co. 2, L14;

che il curatore non ha svolto difese mentre il creditore procedente ha resistito con controricorso.

Considerato che i mezzi di cassazione, tra di loro strettamente connessi possono essere esaminati congiuntamente, e dichiarati non fondati;

che, infatti, con riguardo alla questione della notificazione del ricorso di fallimento e del pedissequo decreto di convocazione del debitore in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 15, terzo comma, LF (come modificato dal DL n. 179 del 2012 conv. nella legge a 221 del 2012) eseguita a mezzo della posta elettronica certificata (PEC), il ragionamento del giudice a quo appare corretto, alla luce dei principi già enunciati da questa Corte, ed in particolare:

a) con riguardo al primo ed al terzo motivo (ed alla questione dell’avviso dell’udienza di comparizione delle parti, in sede prefallimentare, data a mezzo di invio telematica), il ragionamento svolto dal giudice distrettuale è motivato e conforme al principio di diritto già affermato da questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22352 del 2015), e secondo cui «in tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, ai fini del perfezionamento della notifica telematica del ricorso, prevista dall’art. 15, comma 3, l.fall. – nel testo successivo alle modifiche apportate dall’art. 17 del d. L n. 179 del 2012, convertito nella l. n. 221 del 2012 – occorre aver riguardo unicamente alla sequenza procedimentale stabilita dalla legge e, quindi, dal lato del mittente, alla ricevuta di accettazione, che prova l’avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata, e, dal lato del destinatario, alla ricevuta di avvenuta consegna, la quale, a sua volta, dimostra che il messaggio di posta elettronica certificata è pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento dell’avvenuta consegna tramite un testo leggibile dal mittente»;

b) tale principio, giustificato dal valore cardine di celerità del processo, non è affatto immune — come si afferma, ponendo, al quarto mezzo, anche una eccezione di legittimità costituzionale – dalle garanzie di ricezione, date dalle specifiche tecniche elaborate da appositi comitati in sede ministeriale e collaudate da un lungo periodo di sperimentazione;

c) ad esse, non possono opporsi, come fa la ricorrente, esigenze di sostanziale migliore comodità, per la debitrice, della ricezione della notifica in via ordinaria e tradizionale (e cioè a mezzo dell’ufficiale giudiziario o a mezzo della posta in formato cartaceo) in quanto è onere della parte che eserciti l’attività d’impresa, normativamente obbligata [ex art. 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito nella legge 28 gennaio 2009, n. 2; ex lege 28 gennaio 2009, n. 2; ex art. 5 Decreto Legge n. 179/2012 convertito nella Legge n. 221/2012] a munirsi di un indirizzo PEC e ad assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale certificata, se del caso delegando tale controllo, manutenzione o assistenza a persone esperte del ramo (i cui costi, palesemente inerenti all’attività dell’impresa, sono in qualche modo riconducibili alle spese rilevanti ed afferenti al proprio bilancio di esercizio), e senza che tali problematiche possano integrare né oneri straordinari di diligenza (secondo mezzo) né un serio sospetto di illegittimità costituzionale della relativa disciplina (quarto mezzo), nella parte in cui non prevede una nuova notifica dell’avviso di convocazione che si renderebbe certamente necessario ove si registrasse un’anomalia nella comunicazione telematica dell’avviso, proprio come prevede l’ultima parte del terzo comma dell’art. 15 I.F. che, in tal modo, allontana l’ombra dell’illegittimità costituzionale di siffatto sistema di notificazione stabilendo i casi in cui debba procedersi attraverso i mezzi tradizionali di consegna dell’avviso;

d) che, infatti, pur non potendosi escludere in linea di massima ed in astratto che, pur non registrando il sistema di ricezione dell’invio dell’avviso alcuna anomalia, possa darsi un’ipotesi di forza maggiore (vis cui resisti non potest), tale caso è comunque da escludersi nella specie, proprio in ragione delle allegazioni della stessa parte, poiché l’evenienza si rende ascrivibile a un non diligente utilizzo della posta elettronica, ricevuta dalla società in bonis;

e) che infatti non appare immune da censure il caso di colui che, come si ammette da parte della stessa ricorrente, non controlli il contenuto delle e-mail pervenute nella casella della posta elettronica, sia pure archiviate fra quelle considerate dal proprio programma gestionale come «posta indesiderata», essendo norma di prudenza eseguire anche tale tipo di verifica, com’è regola di una diligente prassi aziendale;

f) che, peraltro, l’obbligo di diligenza da parte dell’impresa dotata di una casella PEC si estende sia all’utilizzo dei dispositivi di vigilanza e di controllo, dotati di misure anti intrusione, sia al controllo di tutta la posta in arrivo, quand’anche indesiderata;

che, in conclusione, il ricorso è manifestamente infondato e deve essere respinto con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, ed al raddoppio del contributo unificato.

PQM

Respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, in favore della resistente, che liquida in complessivi € 4.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater,del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-1 sezione civile della Corte di cassazione, il 9 maggio 2016, dai magistrati sopra indicati.

Il Consigliere Estensore

Francesco Antonio Genovese

Il Presidente

Vittorio Ragonesi

Cass., sez. 6-1, sent. 7 luglio 2016 n. 13917 (Pres. Ragonesi, rel. Genovese) Leggi tutto »

Cass., sez. lav., sent. 4 novembre 2016, n. 22479 (Pres. Di Cerbo, Rel. Ghinoy)

 

ATTENZIONE
L’attività redazionale di anonimizzazione e di pubblicazione in un formato accessibile dei testi dei provvedimenti richiede un impegno notevole. I provvedimenti sono pubblici e possono essere liberamente riprodotti: qualora vengano estrapolati dal presente sito, si prega di citare quale fonte www.processociviletelematico.it

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VINCENZO DI CERBO                       – Presidente –

Dott. GIUSEPPE BRONZINI                       – Consigliere –

Dott. ANTONIO MANNA                           – Consigliere –

Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE          – Consigliere –

Dott. PAOLA GHINOY                                – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso nn-aaaa proposto da:

T. S.R.L. P.I.***, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, *** presso lo studio dell’avvocato F.P., che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati M.L. e F.T., giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.P. C.F. ***, elettivamente domiciliato in ROMA, ***, presso lo studio dell’avvocato F.M., rappresentato e difeso dagli avvocati G.M., e U.M.D.B., giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. NN/AAAA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 26/05/2015 R.G.N. nn/aaaa;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del *** dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito l’Avvocato F.T.;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Napoli, all’esito del giudizio a cognizione sommaria proposto ex art. 1 comma 48 della L. n. 92 del 2012, dichiarava l’illegittimità del licenziamento intimato da T. s.r.l. a P.A. e condannava la società alla reintegrazione dello stesso nel posto di lavoro, nonché al pagamento di un’indennità risarcitoria ai sensi dell’articolo 18 IV c. comma della L. n. 300 del 1970. L’opposizione proposta dalla società veniva dichiarata inammissibile dal Tribunale. La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 4452 del 2015, confermava la sentenza del Tribunale, ritenendo che l’opponente fosse incorso nella decadenza prevista dal comma 51 dell’art. 1 citato, per essere stato depositato il ricorso in opposizione in forma cartacea oltre i 30 gg. dalla notificazione dell’ordinanza ivi previsti. Né poteva avere rilievo il tentativo di deposito del ricorso in opposizione in forma telematica avvenuto in data 26 maggio 2014, ultimo giorno utile, in quanto esso era del tutto inidoneo al raggiungimento dello scopo, considerato che a quella data l’ufficio non era abilitato a riceverlo, in assenza del decreto dirigenziale previsto dall’articolo 35 primo comma del D.M. n. 44 del 2011 e che il plico telematico era stato rifiutato il 30 maggio 2014, con il quarto messaggio di pec che segnalava l’esistenza di un’anomalia non risolvibile.

Per la cassazione della sentenza T. s.r.l. ha proposto ricorso, affidato a 3 motivi, illustrati anche con memoria ex art. 378 c.p.c., cui ha resistito con controricorso P.A..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso attinge la sentenza della Corte d’appello nella parte in cui ha ritenuto privo di effetto il tentativo di deposito telematico del ricorso in opposizione ex art. 1 comma 51 della legge 92 del 2012, con i seguenti motivi:

1.1. con il primo, si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 16 bis del d.l. n. 179 del 2012 (nella formulazione precedente alle modifiche apportate dal d.l. n. 90 del 2014 e 132 del 2014) e dell’art. 35 del d.m. 21/2/2011 n. 44, dell’art. 121 c.p.c., degli artt. 1,2, 3 e 4 delle preleggi al c.c., dell’art. 24 del d.m. 21/2/2011 e dell’art. 14 del decreto DGSIA 16/4/2014, nonché degli articoli 73 disp.att.c.p.c. e 168 c.p.c., in relazione all’articolo 360 comma 1 n. 3 c.p.c. .

La società ricorrente sostiene che l’art. 16 bis del d.l. n. 179 del 2012, inserito nell’ambito di un sistema che – a partire dalla legge numero 69 del 2009, che introduce la regola della procura firmata digitalmente e trasmessa in via telematica – ammette la possibilità del deposito telematico, ha calendarizzato una serie di scadenze entro le quali taluni depositi devono avvenire in via telematica con evidente scopo acceleratorio, senza vietare fino a quella data i depositi telematici, né li avrebbe vietati sino all’adozione del decreto ex art. 35 del d.m. 44 del 2011, che prevede che “l’attivazione della trasmissione di documenti informatici da parte di soggetti abilitati esterni è preceduta da un decreto dirigenziale che accerta l’installazione e l’idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici del singolo ufficio”.

Riferisce che, nel caso, il rifiuto non è stato del sistema, ossia del gestore dei servizi telematici, che invece ha trasmesso al cancelliere l’atto inviato telematicamente dichiarando che non vi erano anomalie, bensì del cancelliere stesso. Infatti, con la terza pec, il gestore dei servizi telematici aveva comunicato al difensore che la busta era correttamente giunta a destinazione, che aveva superato tutti i controlli automatici, che dunque non vi era alcun tipo di anomalia e che era semplicemente in attesa di accettazione da parte del cancelliere, sicché la Corte d’appello di Napoli, nel dichiarare legittimo il rifiuto dell’atto, in assenza di prova di errore fatale nel recapito, avrebbe violato tutte le disposizioni sopra citate.

1.2. Come secondo motivo, deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 156 commi 1 e 3 c.p.c. e dell’art. 162 comma 2 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.

Ribadisce che la nullità del deposito telematico non è comminata dall’art. 156 comma 1 c.p.c. e che nel caso si tratterebbe di mera irregolarità, perfettamente sanabile. Inoltre, la nullità non poteva essere pronunciata, avendo l’invio raggiunto lo scopo ex articolo 156 comma 3 c.p.c., e che comunque doveva essere consentita la possibilità di rinnovo ex art. 162 c.p.c..

1.3. Come terzo motivo, deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 153 comma 2 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. .

Lamenta che la Corte d’appello non abbia valorizzato i presupposti per l’affidamento ragionevole del difensore sulla ritualità del deposito, ingenerato dai primi tre messaggi di posta elettronica.

2. Il ricorso è fondato.

L’ art. 1 della L. n. 92 del 2012, al comma 51, prevede l’opposizione contro l’ordinanza di accoglimento o di rigetto di cui al comma 49 può essere proposta con ricorso “da depositare innanzi al tribunale che ha emesso il provvedimento opposto, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla notificazione dello stesso, o dalla comunicazione se anteriore”.

Nel caso in esame, il difensore della parte opponente aveva intrapreso la procedura telematica per il deposito dell’opposizione in data 26 maggio 2014, ultimo giorno utile per evitare la decadenza. Tale data è anteriore a quella del 30 giugno 2014, dalla quale è obbligatorio nei procedimenti dinanzi ai tribunali, ai sensi dell’art. 16 bis del D.L. 18 ottobre 2012 n. 179, il deposito in forma telematica degli atti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite e degli altri atti specificamente ivi individuati. A quella data, inoltre, non era stato ancora emesso per il Tribunale di Napoli il decreto dirigenziale che, ai sensi dell’articolo 35 primo comma del D.M. numero 44 del 2011, accerta l’installazione e l’idoneità delle attrezzature informatiche e la funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio.

Il difensore aveva quindi ricevuto, lo stesso 26 maggio 2014 alle ore 9:41.01, la ricevuta di accettazione del sistema, alle 9:41:07 la ricevuta breve di avvenuta consegna (nella casella di posta dell’ufficio destinatario) e alle 9:46 il messaggio che riferiva l’esito positivo dei controlli automatici del deposito e che la busta era in attesa di accettazione. La quarta pec, del 30 maggio 2014, data in cui il termine per il deposito dell’opposizione era ormai scaduto, riferiva tuttavia il rifiuto del deposito per “anomalia non risolvibile”. Il 3 giugno, primo giorno successivo non festivo utile, il difensore provvedeva quindi al deposito dell’atto in forma cartacea.

2.1. La questione che si pone nel caso è se, in un procedimento iniziato in data anteriore al 30 giugno 2014 e davanti ad ufficio non abilitato a ricevere gli atti in via telematica, in assenza del decreto dirigenziale previsto dall’articolo 35 primo comma del d.m. n. 44 del 2011, il difensore che abbia tentato il deposito con modalità telematiche ed abbia superato tutti i controlli automatici senza che venga rilevata alcuna anomalia, in caso di rifiuto di accettazione con la quarta pec possa essere rimesso in termini per effettuare il deposito cartaceo.

2.2. Sulla problematica in esame questa Corte ha già affermato importanti principi, che devono qui essere richiamati.

In primo luogo, Cass. S.U. n.5160 del 2009, giudicando in una fattispecie di invio a mezzo posta di un atto processuale (comparsa di costituzione) alla cancelleria, al di fuori delle ipotesi specificamente allo scopo individuate dalla legge, ha fatto derivare dalla considerazione che l’ordinamento processuale prevede casi, sia pure speciali, di deposito degli atti in cancelleria mediante invio degli stessi a mezzo posta, la conseguenza che il deposito così come nel caso realizzato integrasse una deviazione dallo schema legale valutabile come mera irregolarità, non essendo prevista dalla legge una nullità in correlazione a tale tipo di vizio; nel caso, ha quindi concluso che dovesse valorizzarsi il conseguimento dello scopo della presa di contatto tra la parte e l’ufficio giudiziario, integrata dall’attestazione da parte del cancelliere del ricevimento degli atti e dal loro inserimento nel fascicolo processuale.

2.3. Tale orientamento è stato condiviso da Cass. n. 9772 del 12/05/2016, con riferimento al deposito in forma telematica dell’atto introduttivo di un giudizio dinanzi al Tribunale successivo al 30 giugno 2014, nel regime dell’art. 16-bis del d.l. n. 179 del 2012, anteriore alla modifica introdotta dal d.l. n. 83 del 2015. In tale sentenza, questa Corte ha affermato che il deposito effettuato per via telematica, anziché con modalità cartacee, non dà luogo a nullità della costituzione dell’attore, ma ad una mera irregolarità, sicché ove l’atto sia stato inserito nei registri informatizzati dell’ufficio giudiziario, previa generazione della ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, è integrato il raggiungimento della scopo della presa di contatto tra la parte e l’ufficio giudiziario e della messa a disposizione delle altre parti.

2.4. Dalle argomentazioni utilizzate negli arresti richiamati si ricava che dal citato comma 1 dell’ art.16-bis del d.l. 179 del 2012, nel testo valorizzato dalla Corte d’appello ed operante ratione temporis, non discende il divieto di utilizzare l’ invio telematico per gli atti del processo diversi da quelli ivi contemplati e per il periodo anteriore a quello previsto, trattandosi di modalità conosciuta ed ammessa dall’ordinamento (v. l’ art. 83, terzo comma, c.p.c., nel testo modificato dalla I. 18 giugno 2009, n. 69, che ha previsto la trasmissione in via telematica della procura alle liti conferita su supporto cartaceo, mediante copia informatica autenticata con firma digitale) ed in mancanza di una sanzione espressa di nullità del deposito degli atti introduttivi in via telematica.

Richiamando ancora Cass. n. 9772 del 2016, occorre poi affermare che questa conclusione non è ostacolata dalla mancanza di un provvedimento ministeriale autorizzativo, riferito al singolo ufficio giudiziario, previsto dal citato art. 35 del d.m. n. 44 del 2011, considerato che tale norma si limita a conferire al decreto dirigenziale del Ministero il compito di accertare l’installazione e l’idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio, ma che non rientra in quest’ambito l’ individuazione, altresì,del novero degli atti depositabili telematicamente, la quale discende dalla normativa primaria.

2.5. Nel caso che ci occupa, quindi, il difensore ha utilizzato una forma di deposito conosciuta e non vietata dall’ordinamento, realizzando una mera irregolarità. Se l’invio telematico avesse conseguito l’effetto che gli è proprio, con l’accettazione della busta (art. 13 comma 7 del d.m. n. 44 del 2011) con la quale si consolida l’effetto provvisorio anticipato dalla seconda pec ed il file viene caricato sul fascicolo telematico, l’irregolarità posta in essere sarebbe stata quindi sanata, facendosi salvi gli effetti del deposito, tra i quali quello di impedire la decadenza per il deposito dell’opposizione ed art. 1 comma 51 della L. 92 del 2012.

2.6. Ciò nondimeno, anche all’attività nel caso realizzata debbono essere attribuiti effetti processuali.

2.7. Occorre infatti rilevare che quando viene emessa la seconda pec, ovvero la ricevuta di avvenuta consegna, il controllo automatico del Ministero della giustizia attesta l’idoneità del mezzo utilizzato ad entrare nel sistema giustizia; dalla data di tale pec, infatti, qualora fosse risultato positivo il controllo da parte della cancelleria, sarebbe stato considerato perfezionato il deposito ai sensi del comma 7 dell’art. 16 bis del d.l. 179 del 2012 più volte richiamato. Inoltre, nel caso, nessuna delle anomalie di sistema previste dall’art. 14 del provvedimento 16 aprile 2014 del Responsabile DGSIA (Specifiche tecniche di cui all’art. 34 DM 44/2011 ) era stata rilevata, in quanto la terza pec riferiva l’ esito positivo del controllo automatico. Ne risulta quindi che la busta telematica è giunta effettivamente a destinazione ed è entrata nella sfera di conoscibilità del destinatario, pur venendone rifiutata.

2.8. A tali premesse consegue che il controllo sulla ritualità o meno del deposito telematico intrapreso, nel rispetto del diritto costituzionale alla difesa e del diritto ad un processo equo ex art. 6 CEDU, era demandato al giudice dell’opposizione, di fronte al quale l’atto è stato successivamente depositato in forma cartacea.

2.9. Inoltre, la lievità della discrasia dal modello processuale dell’attività processuale così come realizzata legittimava la concessione della rimessione in termini per il deposito dell’opposizione ex art. 153 II comma c.p.c., essendo essi incolpevolmente decorsi a causa dell’affidamento riposto nell’esito positivo del deposito, ingenerato dalle prime tre comunicazioni via pec.

3. Segue l’accoglimento del ricorso ed il rinvio per nuovo esame, ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.

 

Roma, così deciso nella camera di consiglio del 5.7.2016

 

Il Consigliere estensore

Dott.ssa Paola Ghinoy

 

Il Presidente

Dott. Vincenzo Di Cerbo

Cass., sez. lav., sent. 4 novembre 2016, n. 22479 (Pres. Di Cerbo, Rel. Ghinoy) Leggi tutto »

Trib. Milano, sent. 5 dicembre 2011 n. 14716 (est. Consolandi)

 

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale di Milano Sezione

OTTAVA SEZIONE

Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott. ENRICO CONSOLANDI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al N. ***/2009 R.G. promossa da:

C.N. (c.f.***), con il patrocinio degli avv. R.E.A., elettivamente domiciliato in ***, presso il difensore avv. R.E.A.

ATTORE

contro:

C. SRL IN LIQ. (C.F. *** ), con il patrocinio dell’avv. P.D. e A.M.Z. elettivamente domiciliato in *** presso lo studio dell’avv. P.D.

CONVENUTO

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da fogli allegati alla copia cartecea del verbale d’udienza del 24.5.2011, che qui si intendono richiamate e che sono allegate alla copia cartacea di questa sentenza.

 

Concisa esposizione dei motivi in fatto e in diritto

Si tratta dell’opposizione a un decreto ingiuntivo emesso per una fornitura di prodotti per l’informatica che servivano al Consorzio attore per fornire alle *** il sistema di biglietteria; l’opponente, dopo aver inizialmente sostenuto che la fornitura non era mai avvenuta, ha mutato atteggiamento sostenendo che quella fornitura non era mai stata ordinata e che per questo venne poi rifiutata, una prima volta, salvo poi venire invece accettata, ma al solo fine di vedere di che cosa si trattava, verificando quindi che si trattava di merce non utile e che venne poi per questo restituita.

È stata svolta istruttoria con la assunzione di un teste che, pur dipendendo dalla parte convenuta opposta ai tempi, oggi ha riferito di ricordare la vicenda, vagamente. Il teste ricordava comunque una fornitura dapprima rifiutata e poi nuovamente richiesta, nell’ambito di un ordine assai più grande, e ha saputo precisare che questa ultima più piccola fornitura era destinata a costituire una scorta di pezzi di ricambio per eventuali interventi manutentivi.

A prescindere da questa testimonianza vi è il documento 20, una mail che segue a diverse altre, riportate in calce, che rappresenta la prova della necessità di questi pezzi per costituire un magazzino per i ricambi e della effettuazione, quindi, dell’ordine della merce poi fornita.

Vero è che si tratta di una e-mail che la parte opponente ha disconosciuto ex articolo 2712, ma tale disconoscimento dovrebbe contenere la ricostruzione dei fatti che vengono opposti alla rappresentazione informatica. Dovrebbe cioè spiegare come mai vi è una riproduzione informatica di un dialogo che fa riferimento a questo ordine supplementare (proveniente tra l’altro anche da personale I., la quale era membra del consorzio, personale che utilizza il dominio I.) e come mai questa riproduzione traviserebbe i fatti; dovrebbe inoltre per lo meno ricostruire il motivo del travisamento e quali siano i fatti veri. A questo punto, in forza della regola dell’art. 2712 cc, spetterebbe all’altra parte dimostrare invece la veridicità della ricostruzione contenuta nel documento informatico, rispetto a quella alternativa offerta da chi disconosce.

Non basta dunque un disconoscimento generico, quale quello effettuato in causa dall’attore.

Del resto l’articolo 21 del codice dell’amministrazione digitale stabilisce che “1. Il documento informatico, cui è apposta una firma elettronica, sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità.” e meglio si attaglia, rispetto all’articolo 2712 cc, alla valutazione delle comunicazioni per posta elettronica.

In realtà l’utilizzo delle credenziali di accesso alla casella di posta elettronica vale a qualificare l’utente e costituisce pertanto una firma elettronica semplice, non avanzata nè qualificata, ma comunque non giuridicamente irrilevante: secondo la norma ora citata sotto il profilo probatorio è liberamente valutabile in giudizio.

Nel caso di specie vi è un messaggio proveniente dal dominio I. e dunque si deve ritenere riconducibile il messaggio di conferma dell’ordine della merce dapprima rifiutata, alla I. e alla persona menzionata nell’account di posta, identificabile con ogni probabilità con il nome e cognome indicato nell’account, che si riferisce infatti a persona nota al teste.

Tenuto conto delle risultanze della testimonianza e del fatto che non viene avanzato alcun motivo per cui dovrebbe non corrispondere alla verità e che anzi si inquadra perfettamente con la testimonianza assunta, poiché si parla specificamente in esso di costituire una scorta per il funzionamento del sistema per cui era stato fatto l’ordine maggiore, questo documento 20 vale a provare quanto avvenuto e cioè che vi è stato un ordine effettuato a questi specifici fini dei pezzi di cui alla fattura impagate e per la quale è stato richiesto il decreto ingiuntivo..

Del resto l’eccezione di parte attrice, peraltro non avanzata nella citazione, di aver restituito la merce è sfornita di prova, ma quand’anche lo fosse resterebbe provato tanto il contratto che l’esecuzione della prestazione del venditore.

Ne segue che la prestazione dell’acquirente di pagare il prezzo è assolutamente dovuta e che la opposizione formulata avverso il decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di questo prezzo deve essere rigettata, con il favore delle spese a parte convenuta, spese liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa o assorbita, respinge la opposizione al decreto ingiuntivo ***/2009 del Tribunale di Milano

Condanna altresì la parte attrice a rimborsare alla parte convenuta le spese di lite, che si liquidano in € 25,00 per spese, € 1131,00 per diritti, € 1680,00 per onorari, oltre IVA, CPA e rimborso forfetario 12, 5%.

Cosi’ deciso in data 02/12/2011 dal TRIBUNALE ORDINARIO di Milano.

il Giudice

Dott. ENRICO CONSOLANDI

Trib. Milano, sent. 5 dicembre 2011 n. 14716 (est. Consolandi) Leggi tutto »

Convegno “Processo Amministrativo Telematico” – Milano, 7 novembre 2016

 

Il 7 novembre 2016, dalle ore 9.30 presso il Salone Valente – via Freguglia 14, Milano – si terrà il convegno

PROCESSO AMMINISTRATIVO TELEMATICO
Le procedure di deposito degli atti nel processo amministrativo telematico
Profili pratici e riflessi sulla stesura degli atti  

organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Milano, in collaborazione con la Fondazione Forense.

Dopo i saluti e l’introduzione dell’avv. Remo Danovi, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano, moderati dall’avv. Silvana Turri, Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Milano, interverranno:

Avv. Daniela Muradore, Avvocato in Milano
Dott.ssa Chiara Imbrosciano, Formatore esperto processo telematico
Avv. Joseph Brigandì, Avvocato in Milano
Avv. Alessandra Noli Calvi, Avvocato in Milano
Avv. Ileana Alesso, Avvocato in Milano – il linguaggio nel PAT 

L’evento, gratuito, consente l’attribuizione di 3 crediti formativi. Iscrizioni su FormaSFERA.

Locandina

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Convegno 24 giugno 2016 a Cuneo: Innovare ed Organizzare lo studio legale al tempo del Processo Telemaco

In collaborazione con www.processociviletelematico.it

Venerdì 24 giugno 2016 dalle 14:30 alle 17:30 presso l’auditorium di Open Dot Com S.p.A. – Corso Francia 121/d, 12100 Cuneo si svolgerà:

2020 Innovare e organizzare lo studio legale al tempo del PCT

Un evento dedicato agli avvocati che vogliono approfondire, dal punto di vista pratico e normativo, i temi di attualità del processo civile telematico e che desiderano puntare sempre di più sull’innovazione del proprio studio al fine di acquisire maggiore competitività.

La locandina dell’evento

 

 

La partecipazione è gratuita ed il convegno é accreditato dall’Ordine degli Avvocati di Cuneo con n. 3 crediti formativi.

INFO E CONTATTI: convegni@maatsrl.it

ISCRIZIONE SU EVENTBRITE

 

 

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