Tempestività del deposito e rimessione in termini: come orientarsi nel turmoil della giurisprudenza di merito

di Chiara Imbrosciano

Formatore PCT ed esperta in informatica giudiziaria applicata

 

Destano qualche perplessità le numerose pronunce di merito che di recente si sono occupate, con esiti diversi e talvolta imprevedibili, di accogliere, ovvero rigettare, le istanze di rimessioni in termini presentate dalle parti incorse in decadenza nel deposito eseguito telematicamente, a causa di un’anomalia, rectius un errore, non emendato prima del decorso del termine. Tali pronunce suggeriscono l’esigenza d’indagare il coordinamento della legislazione in materia di processo telematico con il disposto di cui all’art. 153, 2° comma, c.p.c., a tenore del quale “la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini”.

Come emerge dal dato testuale della norma, l’analisi si dipana lungo tre direttrici, volte ad individuare rispettivamente quali casistiche integrino la causa non imputabile richiesta dall’art. 153 c.p.c., quali documenti vadano prodotti per adempiere al relativo onere probatorio e, infine, quali tempistiche governino il deposito dell’istanza di rimessione in termini. Tuttavia, prima di entrare in medias res nella disanima giurisprudenziale, giova premettere una breve ricognizione normativa.

Come noto, a norma dell’art. 16 bis, 7° comma, del D.L. 179/2012, “Il deposito e’ tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna e’ generata entro la fine del giorno di scadenza”. È altresì noto che alla menzionata fonte normativa devono essere aggiunte le specifiche tecniche di cui all’art. 34 del D.M. 44/2011, emanate con provvedimento 16 aprile 2014 del Responsabile DGSIA. Con riguardo alla rimessione in termini, il riferimento va all’art. 14, 7° comma, di tale Provvedimento, che codifica le possibili anomalie all’esito “automatico” dell’elaborazione della busta telematica, secondo le seguenti tipologie:

a)      WARN: anomalia non bloccante; si tratta in sostanza di segnalazioni, tipicamente di carattere giuridico (ad esempio manca la procura alle liti allegata all’atto introduttivo);

b)      ERROR: anomalia bloccante, ma lasciata alla determinazione dell’ufficio ricevente, che può decidere di intervenire forzando l’accettazione o rifiutando il deposito (esempio: certificato di firma non valido o mittente non firmatario dell’atto);

c)      FATAL: eccezione non gestita o non gestibile (esempio: impossibile decifrare la busta depositata o elementi della busta mancanti ma fondamentali per l’elaborazione).

In ultimo, benché non si tratti di fonte del diritto, è opportuno richiamare la Circolare del Ministero della Giustizia del 23 ottobre 2015 che, a chiarimento dell’art. 14, 7° comma, del Provvedimento 16 aprile 2014, specifica, al punto 7, che  le cancellerie, in presenza di anomalie del tipo WARN o ERROR – che, in quanto tali, non inibiscono materialmente la lavorazione della busta – dovranno, ove possibile, accettare il deposito, avendo, tuttavia, cura di segnalare al giudice ogni informazione utile in ordine all’anomalia riscontrata.

Ciò premesso, il primo campo d’indagine attiene al novero delle casistiche giurisprudenziali tali da integrare il requisito della causa non imputabile, come richiesto dal disposto dell’art. 153 c.p.c.

Un punto d’avvio è rappresentato dalle pronunce in tema di indicazione erronea, in fase di compilazione e creazione della busta, del numero di ruolo del procedimento, la quale dà luogo ad un’anomalia di tipo ERROR. In tal caso, l’esito dei controlli automatici, ossia il terzo messaggio di pec, riporterà una “descrizione esito” di questo tenore: “Numero di ruolo non valido: Il mittente non ha accesso al fascicolo. Sono necessarie verifiche da parte della cancelleria”.

In materia, si menziona l’ordinanza 11 giugno 2015 del Tribunale di Torino (est. Astuni). Nel caso di specie, la parte, nel giorno della scadenza del termine di cui all’art. 183, 6° comma, n. 2, deposita telematicamente la memoria, indicando erroneamente il numero di ruolo di un diverso e non pertinente fascicolo. Il giorno feriale successivo, la cancelleria rifiuta il deposito “anomalo” e la parte, avvedutasi dell’errore, rinnova l’invio telematico, questa volta con corretto indirizzamento nel fascicolo di causa, ma intempestivamente, essendo nel frattempo scaduto il termine per il deposito delle memorie istruttorie. Ciò riassunto in punto di fatto, ritiene il Giudice che in questo caso la parte non possa accedere a una rimessione in termini, costituendo l’errata indicazione del numero di ruolo un errore imputabile alla sfera del depositante.

Di contrario avviso, il Tribunale di Pescara che, con l’ordinanza 2 ottobre 2015 (est. Di Fulvio), muovendo da un’analoga fattispecie fattuale, giunge alla diversa conclusione di rimettere in termini la parte sul presupposto che l’erronea indicazione del numero di ruolo vada considerata quale “semplice errore materiale, e come tale non meritevole di essere sanzionato con una decadenza processuale”. A parere del giudice, la parte va considerata come “incorsa in una decadenza per causa imputabile essenzialmente ad un difetto del predetto sistema” giacché la cancelleria avrebbe dovuto rimediare ad un “banale errore materiale”o quantomeno segnalare tempestivamente lo stesso al depositante.

Come si vede, in soccorso del difensore che abbia erroneamente indicato il numero di ruolo può pervenire un irrobustimento degli oneri dell’ufficio ricevente, in conformità con quanto precisato dalla Circolare Ministeriale del 23 ottobre 2015 che dispone che, a fronte di un’anomalia di tipo ERROR, qual è l’errore materiale nell’indicazione del numero di fascicolo, le Cancellerie “forzino” l’errore, accettando il deposito.

Nella stessa direzione si segnalano l’ordinanza 28 gennaio 2015 (est. Fichera) del Tribunale di Catania, nonché due pronunce del Tribunale di Milano, l’ordinanza 10 maggio 2016 (est. Cassia) e il decreto 14 ottobre 2015 (est. Gori). Anche in questi casi, i giudici ritengono sussistere i presupposti della rimessione in termini in presenza, però, di anomalie diverse dall’errata indicazione del numero di ruolo, relative, nel primo caso, al deposito presso una sezione errata e, negli altri due, agli esiti automatici recanti rispettivamente la causale “Errore imprevisto nel deposito. Sono necessarie verifiche da parte dell’ufficio ricevente” e “Documento XML non valido”.

Si segnala che, nel decr. 14 ott. 2015, il giudice valuta anche la circostanza per cui “il ricorrente ha immediatamente depositato istanza di rimessione in termini, prima della scadenza del termine perentorio di riassunzione, e ben prima di ricevere prova dell’esito negativo del deposito telematico del ricorso”. Tale sottolineatura si pone in linea di continuità con il sedimentato indirizzo giurisprudenziale secondo cui la rimessione in termini deve essere domandata dalla parte interessata, senza ritardo, e non appena essa abbia acquisito la consapevolezza di avere violato il termine stabilito dalla legge o dal giudice per il compimento dell’atto (Cass. n. 4841/2012).

È fondato sull’onere della parte “decaduta” di attivarsi repentinamente il rigetto di cui all’ordinanza 16 dicembre 2015 del Tribunale di Napoli (est. Lupi). Nel caso di specie, il giudice, a fronte di un’errata indicazione del numero di ruolo, rigetta l’istanza di rimessione in termine in quanto il depositante ben avrebbe potuto accorgersi dell’errore prima della scadenza del termine e, quindi, rinnovare tempestivamente il deposito: la parte aveva, infatti, provveduto al deposito il giorno precedente la scadenza, ricevendo quindi con anticipo l’esito automatico riportante l’anomalia “Numero di ruolo non valido”.

Alla luce dei rilievi che precedono, residua da considerare il terzo ed ultimo profilo, quello attinente all’onere probatorio. Anche in questo caso, si può fare riferimento ai principi generali enucleati dalla giurisprudenza di legittimità in applicazione dell’art. 153 c.p.c. Nel dictum della Corte di Cassazione, “la rimessione in termini, tanto nella versione prevista dall’art. 184bis c.p.c. che in quella di più ampia portata contenuta nell’art. 153, 2° comma, c.p.c., come novellato dalla legge 18 giugno 2009 n. 69, richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà” (Cass. n. 23561/2011).

Per lungo tempo, l’applicazione del combinato disposto dei menzionati principi con l’art 16bis, 7° comma, del D.L. 179/2012, ha condotto a ritenere sufficiente la produzione delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, sul presupposto che il deposito vada considerato tempestivo nel momento in cui la parte riceve il secondo messaggio di pec. E tuttavia, deve segnalarsi la recente emersione di un ulteriore e diverso orientamento secondo cui la tempestività e la ritualità del deposito telematico è sospensivamente condizionato dall’esito positivo dell’intera procedura.

In proposito, emblematica è l’ordinanza 8 ottobre 2015 (est. Chiarentin) del Tribunale di Milano. Nel caso di specie, la parte sostiene di aver depositato telematicamente la memoria ex art. 426 c.p.c. nel rispetto del termine perentorio fissato dal Giudice e di non conoscere la causa per la quale la stessa non risulterebbe rinvenibile nel fascicolo telematico, allegando, a riprova della tempestività del deposito telematico, la ricevuta di avvenuta consegna proveniente dal gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia.

In punto di diritto, il giudice muove dalla tripartizione WARN-ERROR-FATAL di cui alle Specifiche Tecniche per rigettare l’istanza per aver l’attrice omesso di depositare le ulteriori due ricevute previste dall’art. 13, 7° comma, del D.M. 44/2011 (“esito controlli automatici” e “accettazione” della cancelleria), essendo, di conseguenza, non conoscibile la natura dell’anomalia dell’atto, non pervenuto per “causa ignota”. Specifica il giudice, “nella fattispecie in esame, non avendo la difesa dell’attrice prodotto queste due ricevute, non è dato conoscere se si sia trattato di un errore del sistema oppure di un errore attribuibile all’attrice nella compilazione dell’atto per avere, ad esempio, depositato la memoria per via telematica con un numero di R.G. diverso da quello corretto”.

In ossequio ai principi precedentemente svolti, si segnala che, nel caso di specie, anche ove avesse depositato le due restanti ricevute, la parte difficilmente avrebbe conseguito l’accoglimento dell’istanza: come traspare dalla lettura dell’ordinanza, “sarebbe stato onere dell’attrice opponente, in omaggio al generale dovere di diligenza e di lealtà processuale, attivarsi immediatamente per chiedere la rimessione in termini, anziché attendere la data dell’udienza del 7 ottobre 2015, condotta quest’ultima che si ritiene non solo lesiva del principio del contraddittorio, ma anche caratterizzata da un marcato fine dilatorio”.

In via generale, aderendo alla teorizzazione della pronuncia in esame, si dovrebbe dedurre, a contrario, che l’assolvimento dell’onere di dimostrare che il deposito in via telematica si sia perfezionato per causa non imputabile alla parte istante richieda la produzione non solo della ricevuta di avvenuta consegna, ossia il secondo messaggio di pec, ma anche delle ulteriori due ricevute previste dall’art. 13, 7° comma, del D.M. n. 44/2011. I conseguenti profili problematici possono trovare, per quanto concerne la rimessione in termini, una soddisfacente risposta in una recente pronuncia del Tribunale di Milano.

Si fa riferimento all’ordinanza 23 aprile 2016 (est. Fascilla) in cui il giudice ritiene sì di condividere l’orientamento espresso dall’ordinanza 8 ottobre 2015, ma anche di specificare che soltanto la terza ricevuta, ossia l’esito dei controllo automatici, potrà essere valutata come causa di non tempestivo deposito. E ciò per due dirimenti ragioni. Da un lato, la decisione in merito a tardività, nullità e irregolarità degli atti e dei relativi depositi, una volta superati i controlli automatici previsti dal Ministero, deve essere riservata all’autorità giudiziaria. Dall’altro lato, il Ministero ha dato indicazioni alle Cancelleria di non rifiutare l’atto, se non nei casi più gravi di errori c.d. FATAL, giacché in presenza di anomalie del tipo WARN o ERROR, dovranno sempre accettare il deposito, avendo cura, tuttavia, di segnalare al giudicante ogni informazione utile in ordine all’anomalia riscontrata.

Un’interpretazione maggiormente garantista delle prerogative difensive si rinviene nell’ordinanza del 10 maggio 2016 (est. Cassia) del Tribunale di Milano, che prende in carico le comprensibili difficoltà del difensore nella “traduzione” dei termini tecnici, non sempre di immediata ed agevole comprensione, della terza ricevuta. Specifica il giudice, “il mittente non era in grado di apprendere, dalla terza ricevuta, la natura dell’errore riscontrato dal gestore, né la cancelleria ha provveduto, entro il giorno successivo, ad accettare ovvero rifiutare l’atto”.

Il rilievo è dunque duplice. Sotto il primo profilo, si fa riferimento alla difficoltà per il difensore di dedurre, a partire da una formula generica quale “Errore imprevisto nel deposito”ovvero tecnica come “Documento XML non valido” se l’anomalia cui la ricevuta fa riferimento consti o meno in un errore bloccante, tale da inibire l’accettazione del deposito da parte della cancelleria. Sotto il secondo profilo, occorre prendere in considerazione il notevole ritardo che spesso intercorre tra la data di deposito dell’atto e la ricezione della quarta ricevuta, quale fattore innegabilmente lesivo della possibilità per il difensore di rimediare ad ogni tipologia di errore commesso, anche non grave. Nel caso di specie, il giudice rileva che “ove la cancelleria avesse provveduto al rifiuto del deposito nei termini previsti dalla Circolare Ministero Giustizia 23.10.2015, parte ricorrente avrebbe potuto effettuare un nuovo deposito nei termini perentori fissati per la costituzione in giudizio”.

In conclusione, alla luce delle considerazioni finora svolte la soluzione sembra individuarsi nella direttiva di rafforzare gli adempimenti di cancelleria e, correlativamente, migliorare il coordinamento e il flusso di informazioni tra lo sportello di Cancelleria ed i magistrati di volta in volta assegnatari. A tal fine si ritiene qui di condividere l’auspicio, contenuto nella menzionata circolare ministeriale, che “i capi di ciascun ufficio e i dirigenti di cancelleria concordino tra loro modalità di segnalazione degli errori il più possibile efficaci e complete”, il tutto all’interno di un sistema che garantisca la lavorazione il più possibile tempestiva dei depositi telematici.