Casella PEC della PA piena: è giusto che ne risponda il cittadino?

di Andrea Lisi e Anna Rahinò

Il domicilio digitale è uno strumento indispensabile per la semplificazione dei processi comunicativi tra PA e cittadini, ma non sempre il suo utilizzo risulta così lineare. Il TAR per la Sardegna, Sezione I, con la sentenza 7 dicembre 2021 – 14 febbraio 2022, n. 99, ha stabilito che se la comunicazione inviata tramite PEC all’Amministrazione non si perfeziona perché la casella istituzionale risulta piena, è onere del cittadino attivarsi per recapitare la missiva con altre modalità, ovvero per mezzo di raccomandata o consegna a mano.

Tale sentenza ha ribaltato quanto stabilito sull’utilizzo del domicilio digitale da una precedente (e più avveduta) giurisprudenza ed è senz’altro in netta contraddizione con le ragioni del processo di digitalizzazione che investe il nostro Paese. L’iter giuridico del TAR contrasta, altresì, con le norme del CAD, in particolare con gli articoli 3 (diritto all’uso delle nuove tecnologie), 6 (utilizzo del domicilio digitale), 41 (procedimento e fascicolo informatico), oltre che con gli artt. 45 (valore giuridico della trasmissione) e 48 (posta elettronica certificata). Gli autori suggeriscono una lettura interpretativa della pronuncia (forse un po’ troppo creativa) del Tar Sardegna.